TEATRO REGIO

TEATRO REGIO Lm UCCELLATORE Papageno trova la sua Papagena, Tamino s'innamora di Pamina, Sarastro simbolo della saggezza, è combattuto da Astrifìammanti, espressione della malvagità e del potere più bieco. Sono i simboli eterni della musica mozartiana, conquistata dalle atmosfere della magia, dell'Antico Egitto, della massoneria che impera nell'Europa dell'epoca e che non ha mai abdicato. Un Mozart all'apice della sua genialità, alle prese con un'opera popolare scritta convulsamente sul libretto di Emanuel Schikaneder, amico e impresario, poeta immaginifico, deciso a tutti i costi a rappresentare le vicende della vita e della politica, della natura nella sua rigogliosa, misteriosa bellezza. Il «Flauto magico» è popolato da animali cattivi e docili, evocati continuamente da Papageno che della ìiatura ascolta i suoni più maliosi, mentre Tamino è deciso a vincere tutte le prove pur di conquistare il cuore della sua Pamina. Opera di alto magistrero musicale, ma la meno frequentata delle opere di Mozart, ma al tempo stesso forse la più meravigliosa insieme con l'«italiana» Don Giovanni, sbarca al Regio dove era stata ignorata per almeno dieci anni. Vi ritorna il 22 aprile alle 20,30 con un cast di livello internazionale: specialisti tedeschi, ma anche di altre nazioni, come Yelda Kodalli, soprano lirico leggero turco. Sulle rive del Bosforo non nascono grandi voci, ma quando se ne scopre una si può essere certi che dev'essere di buona qualità. Chi ha dimenticato Lejla Gencer, il grande soprano turco che si è poi stabilita in Italia da dove s'è involata protagonista eccelsa ATORINO il Mozart operistico ha, com'è noto, valide tradizioni ottocentesche per quanto riguarda «Don Giovanni», «Nozze di Figaro» e «Così fa tutte». Non altrettanto può dirsi per «Il flauto magico» «Die Zauberflòte» che, a parte un'edizione in forma concertistica presentata da Mario Rossi ai microfoni della Rai nel novembre 1948, giunge su un nostro palcoscenico - settimo teatro italiano, dopo la Scala, l'Opera di Roma, il Comunale di Firenze, la Fenice, il San Carlo, il C. Felice (o meglio i resti) - soltanto 10 anni più tardi per iniziativa del sovrintendente Ferruccio Negrelli. E' infatti il novembre 1958 quando «Die Zauberflòte» entra alla grande nel Teatro Carignano: due sole ma fortunatissime recite di Rudolf Moralt che guida al successo un'eccellente compagnia dove spiccano alcuni «specialisti» della Staatsoper di Vienna, da Walter Geiser (Tamino) a Wilma Lipp (Pamina), da Mimi Coertese (Astrifiammante) a Erich Kunz (Papageno), da Dezsò Ernster (Sarastro) a Paul Schòffler (l'Oratore degl'Iniziati). Stranieri sono anche i direttori delle due successive edizioni «flautistiche» che vedono finalmente la luce al Nuovo Regio. Lo svizzero Peter Maag, particolarmente idoneo al repertorio mozartiano, è il responsabile della prima, nel febbraio 1976, mentre la compagnia (che canta in italiano) non raggiunge il livello della precedente: punti di forza risultano il Sarastro del bulgaro Tschammer sarà il Gran sacerdote Sarastro, osteggiato dalla crudele regina. Tamino sarà Michael Schade, che con il suo flautino dolce richiama anch'egli gli animali della foresta ed al quale risponderà con il suo strumento che sortirà un effetto magico, mentre il cattivo Monostato sarà impersonato dal tenore Kevin Conners. Sul podio Daniel Oren che si sta affermando come uno dei maggiori direttori stranieri ormai italianizzati. Oren debutta nel «Flauto magico», così come la Lojarro e la Pace debuttano nel ruolo. Una prima volta quindi anche per il direttore israeliano che è stato iniziato a Mozart proprio da von Karajan, di cui è stato assistente. Le prove con Oren sono andate assai bene: l'orchestra segue i suoi perentori inviti alla perfezione stilistica, all'intonazione, all'esecuzione di tutte «le note scritte nella partitura»: un riferimento diretto soprattutto agli archi. Alla fine Oren sembrava soddisfatto. Ora lo si attende al debutto, ma si capisce che dall'alba del debutto si annuncia un buon «Flauto magico». La regia dell'opera, ripresa da Christoph Seuferle, è l'americana Julie Taymor, che si è molto ispirata ai simboli del Grande Oriente, assecondando quella tendenza contemporanea americana che vuole il teatro povero, ma anche ricco di luci e di una simbologia universale, comprensibile sia ad Oriente che ad Occidente. Anche i costumi e le maschere sono della regista americana, che caso ha voluto rappresentare la vitalità cinese del costruire in cartapesta animali e maschere. Maestro del Coro, Massimo Peiretti. Armando Caruso :»fer-f,f musicista completo e preparatissimo, ha saputo far crescere nel pubblico l'amore per un genere un tempo negletto, collaborando con le maggiori istituzioni italiane e con i migliori artisti. Per questo nuovo appuntamento, che prevede anche la partecipazione del tenore Jozef Kundlak e della presentatrice Maria Grazia Cavagnino, il maestro Gallino ha scelto un programma strepitoso ben conosciuto dal suo pubblico, comprendente pagine di Franz Lehàr, Johann Strauss jr., Leone Sinigaglia, Franz von Suppé e persino Giuseppe Verdi, di cui vengono proposte le danze dal secondo atto di Aida. Alfredo Ferrerò STRO GALLINO TEATRO REGIO TORINO^ 8

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