SE TOGLI LA CONSONANTE BERNHARD FA UN AMBINO di Stefano Bartezzaghi

SE TOGLI LA CONSONANTE BERNHARD FA UN AMBINO SE TOGLI LA CONSONANTE BERNHARD FA UN AMBINO Dato che questo gioco realizza una via di mezzo fra le frasi eteroconsonantiche e le frasi panconsonantiche, ecco a voi la prima poesia con titolo e versi pan-eteroconsonantici (wow!): Quadri faziosi, vaghi e incompatibili Mi basta ancor qui paghi dazio fievole questo vizio di fughe incomparabili che fa equazione di sgravi bil Sarebbe più divertente provare a scartare le consonanti finali: «La mia angoscia non è contagiosa; come si dice: "ambasciato", non porta pena». «Non fare il cacadubbi; come si dice: chi è causa del suo. "ma" pianga se stesso». «Con la sola teoria non farai strada; come si dice, "va" più la pratica che la grammatica». «Ti disprezzo con lo sguardo e con tutto me stesso; come si dice, "l'onta" dagli occhi, "l'onta" dal cuore». Il gioco di consonanti più curioso che io abbia mai ricevuto però è un altro. Lo ha proposto Ugo Gramaglia (Torino), e consiste nel comporre una poesia in cui ogni verso contenga una volta e una volta sola la B, e così per la C e fino alla Z (solo con le consonanti dell'alfabeto a ventuno lettere. Le vocali si possono ripetere liberamente). imputabili. Se mi forgiavo poche baldanze e quiete anziché questa foga imprevedibile avrei di famose beghe qui li capitolazione. Qui pieghi l'ambita diversificazione, a quei bei laghi prevista modificazione, che quivi paga fobie e stramaledizioni. lità. Il terzo quadro è il più oscuro, e allude probabilmente ad appalti per il riassetto idrogeologico dell'alta Brianza («quei bei laghi...»), finiti malissimo. Il quadro conclusivo vede l'esito processuale delle vicende: la scelta («bivio...») fra procedimento abbreviato o no porta a una rapida condanna dei colpevoli, e il patteggiamento conclusivo prende caratteri di sobria saggezza, più che di mercimonio furbesco. A maggior merito di Ugo Gramaglia, va detto che propone anche un carme di anagrammi sul proprio nome e sul proprio cognome, firmato da Mauro Galaggi. Il titolo è Le Gru a Maggio, e l'ultimo verso dice: «... omaggi al ragù». Scrivete a: Stefano Bartezzaghi, «La posta in gioco», La Stampa - Tuttolibri, via Marenco32, 10126 Torino. Qui di brave toghe semplificazione chiama spregevoli quote di buie fazioni e bivio fa equanime più che stragiudiziale. Piano a parlare di nonsense. L'argomento del poemetto (composto, come da titolo, di quattro quadri) è il fumus persecutionis e l'ambiguità di testimoni e imputati nei più controversi casi giudiziari. Nel primo quadro (una terzina di endecasillabi sdruccioli), il poeta auspica una pena leggera e patteggiata per i colpevoli di evasioni ed elusioni fiscali, prese tutte assieme come se fossero la stessa cosa («che fa equazione...») anche se in realtà sono assai differenti fra loro («incomparabili»). Nel secondo quadro, a versi liberi e sciolti, si depreca l'ansia di perseguitare, quando la calma sarebbe la virtù dei forti («poche baldanze e quiete»), e avrebbe risolto per tempo ogni problema. Del dispiacere per l'inopportuna impazienza, il poeta tralascia un congiuntivo («se mi forgiavo...»), avvicinandosi al linguaggio dell'ora¬ Stefano Bartezzaghi

Persone citate: Mauro Galaggi, Stefano Bartezzaghi, Ugo Gramaglia

Luoghi citati: Torino