GIOVANI SENZA STORIA di Alberto PapuzziLorenzo Mondo

GKMNI SENZA STORIA GKMNI SENZA STORIA Quanti, come, dove imparano il passato? A colloquio con De Felice gini devono servire soprattutto a far vedere il tempo che è passato, e come le cose sono o non sono cambiate». Quale posto occupa la letteratura nell'insegnamento della storia? «Io continuo a dire che se uno vuole capire che cosa è veramente accaduto in Germania dopo la prima guerra mondiale e come è nato il nazismo deve leggere Iproscritti di Ernst von Salomon, un libro più importante dei saggi di tanti storici. Così come per capire la Resistenza rimangono fondamentali Fenoglio o le prime cose di Calvino e se vogliamo anche Pavese. Sull'altra sponda c'è il romanzo autobiografico di Carlo Mazzantini A cercar la morte bella. Da notare che Calvino è il caso di uno che senza impegnarsi moltissimo comunque già s'impegna, mentre Pavese nella Casa in collina mette in scena uno che si sfila dagli avvenimenti che lo circondano». Perché allora si dovrebbe leggere il romanzo pavesiano? Che cosa insegna la «Casa in collina»? «Uno degli errori che facciamo è parlare tanto dei fascisti e dei partigiani, dimenticando che c'era tanta gente che non stava né con gli uni né con gli altri, o se ci stava era giocoforza. Si vuole vedere il merito o il demerito tutto di qua o tutto di là, mentre loro, gli italiani della Casa in collina per capirci, hanno soltanto vissuto, senza armi in mano, ed essendo vissuti senza schierarsi alla fine non erano altro che dei poveracci». Ma si può separare l'insegnamento deÙa storia dall'ideologia e dalla politica? O conoscere la storia vuol dire in qualche modo prendere una posizione? «Sono convinto che si può separare la storia dalla politica. E' un po' più difficile separarla invece dalle posizioni ideologiche. Per restare a ciò di cui parliamo, si pone una questione molto semplice: siamo antifascisti o siamo antitotalitari? Si tratta cioè di capire come la Resistenza potesse tenere insieme liberali e cattolici caratterizzati da una certa idea di democrazia e una parte comunista che aveva il suo punto di riferimento in un modello che con la democrazia occidentale aveva ben poco da spartire, non solo nei vertici ma soprattutto nella base, che in grandissima parte interpretava la lotta antinazista e antifascista nel senso di fare come in Russia». Ma adesso sta parlando l'ideologo invece dello storico? «No, si sbaglia. Sono per una cultura che tenga in tutto conto l'antifascismo, per dirla con Annie Kriegel, storica francese ebrea, la quale anni fa scrisse un saggio da noi mai tradotto, assai bello, per spiegare che l'antifascismo si era trasformato in un mito del comunismo, da utilizzare contro qualsiasi avversario in ogni circostanza che lo richiedesse». Se non si distingue fra storia e uso della storia, che cosa succede? «La storia finisce per apparire una grande mistificazione che ci viene sapientemente ammannita. Ogni periodo storico va visto in riferimento solo al suo periodo e non a quelli successivi». Lei condivide le preoccupa¬ zioni per la crisi dei valori antifascisti nelle giovani generazioni? «Dirò una cosa che la farà saltare: è colpa dell'antifascismo che non ha saputo dare il vero senso della propria lotta e della propria moralità. Ne ha fatto appunto un mito, col risultato che ha portato i giovani a buttar via il bambino con l'acqua sporca». I giovani fanno la coda per Renzo De Felice vedere «Schindler's List» solo perché è un film di Spielberg o perché vogliono sapere dell'Olocausto? «Tutt'e due le cose, ma la seconda è più forte. Vanno dicendosi: vediamo se si capisce una volta tanto che cosa è stata questa faccenda». E l'esperienza emotiva, del film, del romanzo, è sufficiente per capire, o no? Che cosa aggiunge di specifico 10 storico? «Lo storico può dare il senso delle differenze. Ai giovani manca l'esperienza diretta, colgono ciò che leggono o vedono, sempre col rischio di appiattirlo sull'oggi. Comprendono che l'Olocausto è stato orribile, ma poi vedono altri olocausti. Ora la pulizia etnica in Jugoslavia è anch'essa orribile, ma è un'altra cosa. Non voglio dire che in Jugoslavia siano dei santarellini, però il rischio è che un giovane non veda le differenze storiche fra la Germania hitleriana e la Jugoslavia di oggi, perché usa ciò che ha appreso emotivamente come una categoria per interpretare quanto ha quotidianamente sotto gli occhi». 11 ministro Conso ha riesumato l'idea di rovesciare l'insegnamento della storia: partire da oggi e andare a ritroso. Lei che ne pensa? «No. Ogni cosa ha le sue radici e non si può partire dal frutto per arrivare alla radice». La storia è sempre scrìtta dai vincitori? «La storia come informazione e letteratura di massa è inevitabilmente quella scritta dai vincitori. Solo che la scuola dovrebbe formare i giovani allo spirito critico». Professore De Felice, che cosa consiglia di leggere a chi prepara storia per la maturità? «Se io dovessi regalare un libro a un giovane che vuol capire qualcosa della storia contemporanea, sceglierei un bellissimo saggio che è l'esame di coscienza di un intellettuale: La strana disfatta di Marc Bloch. Questo grande storico francese, democratico, ebreo, nel 1940 si domanda perché la Francia sia finita com'è finita. L'esercito francese era allora più forte di quello tedesco eppure andò tutto a ramengo. Un'analisi estremamente leggibile che utilizza gli argomenti del momento e gli argomenti remoti, quelli della sua parte e quelli della parte avversa». In Italia La strana disfatta è stato edito da Guida, nel 1970. Non più ristampato, è ormai introvabile. «Non è mai uscito dalla cerchia della corporazione degli storici - dice De Felice -. E non sarà un caso». Alberto Papuzzi Lorenzo Mondo

Luoghi citati: Francia, Germania, Italia, Jugoslavia, Russia