Fotografìa guerra a sinistra

polemica. Figli contro padri su «Linea d'ombra» per le immagini della «Storia d'Europa» Einaudi polemica. Figli contro padri su «Linea d'ombra» per le immagini della «Storia d'Europa» Einaudi Fotografìa, guerra a sinistra Koch accusa Lucas: «Solo propaganda» I wl MILANO ! A fotografia tradita, piegata ; | dal potere e dall'ideologia. I j Non più libera signora della I divisione, ma ancella della propaganda. Una colpa della «peggiore tradizione culturale della sinistra italiana». L'accusa viene dalla stessa sinistra, sale dalle pagine di Linea d'ombra, la rivista di Goffredo Fofi, e la firma Roberto Koch, fotografo proprietario dell'agenzia «Contrasto», organizzatore della mostra a Roma dedicata in questi giorni al fotogiornalista brasiliano Sebastao Salgado. Koch stronca l'inserto fotografico nella Storia d'Europa edita da Einaudi: «cattiva qualità della stampa», «riproduzioni in bianco e nero di originali a colori», soprattutto una scelta «deprimente». «Le foto non sono rappresentative ma casuali e prive di rigore - dice al telefono Koch -. Obbediscono all'idea della foto come ornamento e strumento, come rinvio a qualcos'altro. La solita idea didascalica e faziosa che della foto ha la sinistra. Stravince ciò che si vede, il contenuto, non la qualità formale. Manca persino Carticr-Bresson». L'autore bastonato dell'inserto è il fotografo Uliano Lucas, definito da Koch «organico alla Cgil, al vecchio pei, all'Einaudi, a Rinascita, all'Unità, neanche consapevole - temo - che si poteva far meglio». Lucas s'inalbera: «Koch è un figlio che deve ammazzare il padre. Le sue prime foto le ha pubblicate con me. E' polemica inventata, la sua». Che cosa risponde? «Che le foto sono tutte originali e sono stampate ottimamente, che oggi quasi tutte le foto sono a colori e vengono rese benissimo in bianco e nero, che il mio criterio di scelta ha privilegiato l'informazione e non ii mostro sacro. La sparata poi contro la sinistra è di uno squallore unico. La sinistra non ha avuto il potere di formare fotogiornalisti. Sarebbe ora che Fofi e Koch recuperassero la memoria storica: rimando alle foto pubblicate sul Politecnico di Vittorini, rimando ai grandi fotografi pubblicati su Vie nuove, ai giornali più straordinari dagli Anni 60 agli Anni 80 dove si sono forma- Partigiano combattente in seconda media Vorrei ricordare un episodio triste cui ho partecipato durante la guerra 1940-'45. Sfollato in Caluso (Torino), ho assistito - sia pure defilato - alla fucilazione di ostaggi da parte dei fascisti in quella località del Piemonte. Accorso, notai che uno dei fucilati non era deceduto e, chiesto aiuto a una suora e a un uomo del vicino ospedale (di fronte al luogo della fucilazione), sollevai il ferito liberandolo dai legacci e l'accompagnai per farlo medicare in ospedale, ove lo feci nascondere. Vane i'urono le ricerche successive da parte dei fascisti, il giovane era stato posto in salvo. All'epoca frequentavo la II media ed ero coinvolto nella lotta clandestina quale staffetta e partigiano combattente, anche perché due miei congiunti erano due eroi partigiani. Ritengo di essere stato il più giovane combattente d'Italia, anche se il dott. Curzi, direttore di Tmc, ha dichiarato a un giornale di essere lui il più giovane. Quanto sopra, per ricordare riverente e commosso i nostri combattenti della Liberazione deceduti - invano - per la libertà. Ernesto Giunta, Bolzano Perché la sinistra fa paura agli italiani Nel 1919 avevo dieci anni. Ricordo molto bene come si è vissuto politicamente a Torino in quell'anno, e poi nel 1920, 1921.1 socialisti avevano la maggioranza politica, ma rifiutarono il Parlamento perche volevano la rivoluzione: occupazione delle fabbriche, treni che venivano fermati e bloccati se fra i passeggeri c'era un prete o un carabiniere, eccidi (strage di Sarzana e del Teatro Diana di Milano), lo studente Pierino Delpiano di 19 anni ucciso perché, sfidato da un gruppo di socialisti, aveva gridato «Viva l'Italia», due operai di Torino, Simula e Lanzini, legati e gettati vivi nei forni perché reduci di guer- te le nuove generazioni. Rimando alle foto di Carrubba, Dondero, Pinna, Rea, Sansone. E' vero o non è vero che Pinna ha documentato, con l'etnologo Ernesto de Martino, le trasformazioni del Sud?». Lucas trova difensori. ((Accuse pretestuose, quelle di Koch - dice il semiologo Omar Calabrese -. La fotografia italiana non ha nulla da invidiare. Eventuali responsabilità della sinistra? Direi l'opposto. Abbiamo ottimi fotografi d'impegno sociale anche sotto il profilo della qualità. E nei numerosissimi fotoclub trovo un diffuso decoro: come assessore alla Cultura nel Comune di Siena mi ritrovo con una mostra valida ogni due mesi». «Dire che il pei ha avuto una politica negativa sulla fotografia è dire il falso - assicura il critico Arturo Carlo Quintavalle -. Semmai ha avuto un atteggiamento tollerante, ben diverso da quello tenuto con il realismo nelle arti e in letteratura. Foto astratte e di documentazione convivevano benissimo». «Io distinguo - interviene lo storico Italo Zannier -. E' vero che la sordità della nostra cultura è grave: la tendenza è infatti di vedere la fotografia in trasparenza per cercare l'oggetto, mentre nessuno guarda un quadro di Morandi per trovare delle bottiglie. Lo dico da quarant'anni. Ma l'attacco alla sinistra lo condivido solo in parte, perché fino a metà degli Anni 60 le scelte si sono mantenute ad alto livello». Contro Lucas si leva invece il fotografo Fulvio Roiter: «Lucas ha paraocchi ideologici, è come se fosse guercio perché vede solo quello che vuole vedere. La conosco io, la sinistra: m'ha accusato di estetismo solo perché faccio immagini impeccabili. Mi ha voltato le spalle. Io rispondo, io non ho peli sulla lingua: sono libero, anarchico, mi son fatto da solo. Estetismo? A 23 anni sono andato in Sicilia in bicicletta e mi son calato nelle solfatare a 300 metri per fotografare uomini nudi che spingono i carrelli di zolfo e poi sono andato in Brasile e in Turchia sempre in cerca dell'uomo... Mi dà fastidio che mi si consideri il fotografo ufficiale di Venezia». Il pittore e critico Emilio Tadini è olimpico: lettere AL GIORN sM IIIpIIÌÌÌsM Sopra «Arrivo di un emigrante a Milano», una foto di Uliano Lucas del 1969 A fianco uno scatto di Fulvio Roiter: «Solfatara», del 1953 Appartenenze ideologiche e antichi rancori Nel mirino la politica culturale del vecchio pei «Siamo arrivati tardi ad occuparci di fotografia, ma adesso è riverita e venduta. E la cultura di partito per molti anni ha decantato la funzione politico-didattica di tutta l'arte, non solo della fotografia». Ma perché questa polemica su Linea d'ombrai Fofi scrive sullo stesso numero che «la fotografia ci si rivela centrale per l'esperienza estetica e conoscitiva del nostro tempo». Ecco il punto. Fofi approfondisce a voce: «Da una parte pittura e architettura sono finite in sofisticherie avanguardistiche, dall'altra cinema, televisione e giornalismo raccontano molto male il mondo: tocca dunque alla fotogra¬ fia occupare gli spazi rimasti vuoti. Essa deve riacquistare consapevolezza, deve porsi mete alte». Uliano Lucas, l'accusato, è d'accordo: «Purché non si formino nuovi clan e ci si occupi di fotografia al giusto livello. Manca una scuola? Io sono riuscito a farne una a Maputo in Mozambico ma non in Italia: il fotoreporter italiano è anarchico e bohémien, incapace di formare cooperative, di fare giornali. Pecca d'intellettualismo, d'individualismo». Di fronte alle parole di Fofi, Italo Zannier e Gillo Dorfles scuotono invece il capo. Esclama Zannier con ironia: «Bravo Fofi, che sottolinea la centralità della fotografia! Chi se ne occupa l'ha sempre sostenuta. Da noi c'è poca cultura fotografica? Gli stessi studiosi d'arte ammettono di capire poco o nulla di fotografia. Io dico che non è possibile capire l'antico senza capire la modernità, e non si può capire la modernità senza conoscere la fotografia, che ha avviato l'era dell'iconismo». Che cosa propone come rimedio? «Che il ministero dei Beni culturali si occupi della fotografia come bene culturale in sé. Che si diffonda il collezionismo: l'altro giorno da Sotheby's a New York hanno venduto una foto di Alfred Stieglitz per quasi 650 milioni di lire; sarà un fatto perverso, feticistico, ma superiamolo, perché il collezionismo dà valore all'opera. Infine, che le Università si adeguino: in Italia c'è solo il mio corso». Gillo Dorfles, decano degli estetologi, è in pieno disincanto: «Fofi si illude. Raccontare il mondo non è in potere della fotografia, che viene manipolata dai media. E' l'intervento editoriale che rende una foto informativa o non informativa. D'altra parte i fotografi vogliono vendere. E il cerchio è chiuso. Ahimé». Claudio Altarocca timi iiiSiiii ALE