La neo-lingua di Silvio affonda il «sinistrese» di Pierluigi Battista

La neo-lingua di Silvio affonda il «sinistrese» La neo-lingua di Silvio affonda il «sinistrese» UROMA N mattoncino dietro l'altro, ecco venir su il muretto del «destrese», linguaggio nuovissimo degli inizi di questa Seconda Repubblica, giovanissimo erede del «sinistrese» oramai defunto. Variante ancora embrionale del «politichese» tradizionale, sebbene i suoi artefici amino immaginare che con il nuovo linguaggio della destra trionfante sia nato locanti-politichese» per eccellenza. O almeno così spera l'Italia settimanale di Marcello Veneziani che ha deciso di sondare le profondità lessicali del nuovo Polo vincente por capire «come parlano quelli di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega». E se la «Sinistra ha perso la lingua», come sostiene in quel settimanale con poca misericordia per i vinti Claudio Quarantotto, ecco fiorire le nuove parole, i nuovi tic verbali, il nuovo vocabolario della destra che sta andando al governo. O meglio, delle tre «destre», essendo il linguaggio di Bossi «rozzo e violento», «soft e tirato a lucido» quello di Berlusconi e «classico» quello di Gianfranco Fini. Ma sempre «semplici fino al semplicismo»: l'esatto contrario, appunto, de» «politichese». Eppure ecco una parola pronunciata da Fini destinata ad alimentare il gergo della destra: è «socialità», che Marcello Veneziani direttore dell'«ltalia Settimanale» nasconde un sottinteso polemico nei confronti della «solidarietà» sbandierata dalla sinistra ma anche nei confronti dell'efficientismo liberistico dell'alleato Berlusconi. Il quale, per segnalare i tratti di «moderazione» e «centralità» della sua politica, ha di recente sfoderato una parola-sinonimo ancora vergine nel lessico politico: «cordialità». «Cordiale» Berlusconi. Un po' ripetitivi i cosiddetti «berlusconese», gli «azzurri», che parlano e straparlano di «trincea del lavoro», di «scesa in campo», di «veicolare i valori dell'individuo», di «azienda Italia», di «difficoltarsi», di «sondaggi» che, come promette Gianni Pilo, dicono sempre che va bene (per loro). Meno «cordiale» Miglio che promette di «sodomizzare» con l'articolo 138 i progressisti boccheggianti. Macho virilista ma meno truce Teodoro Buontempo il quale, appena uscito da Montecitorio (in bicicletta, politically correct), vede una ragazza ed esclama: «Basta con gli zombie. Si torna a godere, perché nella Seconda Repubblica ci saranno molti sederi». Vitalismo grezzo. Un tantino meno urlato del «celodurismo» bossiano che pure, nel libro La lega ce l'ha crudo di Iacopini e Bianchi, viene accostato dagli autori con una certa avventatezza analogica al futurismo: «Marinetti divenne popolare toccando le stesse corde». Ma se sul lessico della Lega la bibliografia è già sterminata, si è ancora allo stadio dei primi vagiti nel caso di una Destra che, volente o nolente, ha dovuto seppellire in qualche scantini".*.^ le parolechiave del vecchio gergo, da «onore» a «anticomunisti», da «presente» a «Duce Duce» (come ricorda Cesare Previti, braccio destro di Berlusconi), da «fedeltà» a «nostalgia dell'avvenire» di conio almirantiano. Oggi la parola più usata, in vista del 25 aprile, è «riconciliazione», talvolta sostituita dal sinonimo «riappacificazione» o dal più articolato «chiudere la guerra civile» o meglio «fratricida». Propositi poco in sintonia con i propositi espressi di espugnare «Saxa Rossa» e magari di «arrestare» una giornalista sgradita. Ma si sa, era detto ironicamente. O no? Pierluigi Battista

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