«La Lega mangiava come tutti gii altri»

«La Lega mangiava come tutti gii altri» «La Lega mangiava come tutti gii altri» Poi mostra un video: «Ecco la grande torta delle tangenti» rispetto e reverenza nei confronti del presidente Tarantola clic lo richiamava con acidità, dicendogli col più largo dei sorrisi non esente da affetto: «Eh, signor presidente, lei non ce ne perdona una...». Il momento clou della giornata è stato quello dell'invettiva contro la Lega che risulta lerribilmente «sputtanata». Ed ecco che alla fine della sua ricostruzione corredata di tutte le pezze d'appoggio, Di Pietro urla, cadenzando le sillabe leggere cannonate: «Come sempre. Come tutti». Pausa fenice per aggiungere con rabbia: «Piaccia o non piaccia». Come sempre, chi? La Lega, spiega Di Pietro, si è comportata come sempre si sono comportali tutti i partiti, incassando quattrini nella proporzione dettata dal suo stesso peso politico, in misure pari a quelle riconosciute al pii, al psdi, al pri. Insomma, questa Lega manco era nata e già aveva la stessa malattia dei vecchi partiti, documenta Di Pietro con carte, lettere e firme in calce. E così ecco la ricostruzione filmata degli approcci fra Lega (che è la prima a cominciare, non a subire) e i Ferruzzi. E poi gli incontri a due, a tre, a quattro, con Bossi e Sama, fino al passaggio di buste fra i loro vice al bar Doney di via Veneto di Pvùma, quello della «Dolce vita». Che si arrivasse ad un epilogo violento, ad una vera resa dei con- | ti con la Lcpp e il suo preteso nuo' vismo, si eri. . --o fin da quando Di Pietro aveva mostrato sul computer il cerchio diviso in spicchi percentuali dei partiti del genere che tutti i calcolatori producono. Sembrava la composizione di un parlamento, era la composizione della tangente. E ha detto: «Non è per offendere qualcuno. Ma in grafica questa rappresentazione si chiama torta. E che cosa vediamo da questa torta che evidenzia la divisione delle tangenti? Si vede il psi che fa la parte del leone. Poi la de che mantiene le sue tradizionali posizioni (ilarità in aula) e poi i piccoli partiti fra cui, vedete in azzurro, un partito emergente che nel 1992 aveva già peso, infatti sono stati pagati tutti i partiti, piccoli e grandi, vecchi e nuovi, purché avessero peso». Il partito «emergente» in azzurro ha provocato nuovi sussulti nel pubblico. Bossi, tratteggiato come uno già in linea con la lestofantocrazia. Poco prima di arrivare alle sue accuse contro la Lega aveva sussurrato una delle sue note a margine, di quelle ìivolte formalmente al presidente Tarantola con tono confidenziale e sottomesso: «Certo, presidente, che si stavano ammanigliando molto bene, i Ferruzzi, con i partiti vecchi e nuovi. E nuovissimi». Più avanti, preso dalla foga, Di Pietro ha urlato a Bossi come se Raul Gardini l'avesse davanti: «E tu, Bossi, sei andato a casa di Sama con Patelli e Portesi affinché questi due fossero legittimati ad andare avanti fra loro. E sono andati avanti fino al giorno in cui Patelli ha ricevuto al bar Doney una busta piena di roba, con duecento milioni». Sarà interessante vedere che fine faranno le voci che vorrebbero Di Pietro ministro in un governo con Bossi e la Lega. Ha anche ridicolizzato la Lega per aver attribuito ai servizi segreti lo strano furto negli uffici in cui erano custoditi i 200 milioni. Ha detto che tutti i partiti, quando non sanno come coprire certe malefatte, tirano in ballo i Servizi. E' dunque guerra aporta. Guerra chiusa invece con il pei e anche con gli altri partiti di governo per i contributi illeciti di una parte della tangente: depenalizzazione e trasmissione degli atti al prefetto di Milano per le sanzioni amministrativj. Sul pei è stato comunque severo: «Non ci sono prove, è vero. Ma ci sono indizi concomitanti. E chi l'ha detto che il processo indiziario non esiste più? Chi l'ha detto che non si può sostenere un'accusa attraverso una ricostruzione logica dei fatti noti e degli indizi concomitanti?». Comunque, capitolo chiuso. Poi, attacco a Cusani. E stata anche la giornata del «quasi». Questo l'avverbio usato da Cusani nel suo memoriale per dire che «quasi» in nessun caso consegnò lui i soldi ai partiti. Di Pietro argomenta che «a casa mia "quasi" vuol dire almeno una volta». E quella volta, lascia capire, Cusani portò i soldi a Craxi. Quanti? E' da chiarire: mancano 63 miliardi, dopo la restituzione promessa di 21 miliardi subito e altri 15 quando Cusani potrà liquidare la sua società finanziaria Imifin, di cui, parola sua, era comproprietario Gardini attraverso la «Parson & Wolford». Ora Cusani ha un giorno di tempo per dire dove stanno i soldi che mancano o a chi li ha dati. In caso contrario la pena che chiederà Di Pietro sarà la massima e non la minima. Il pm si è cavato un sasso dalla scarpa a proposito del famoso miliardo al pei. Ha scoperto che la difesa di Cusani, in una intervista, gli ha rinfacciato di non essere stato in grado di trovare le prove di quella tangente a Botteghe Oscure: «Questo è il colmo! Ma come? La questione del finanziamento al pei lo ha tirato fuori proprio la difesa, io non ci pensavo neppure e mi sono messo all'opera per spirito di servizio per raccogliere tutte le prove. Quando non sono riuscito a trovare la prova conclusiva la difesa mi attacca: questo si chiama lanciare il sasso e nascondere la mano». Paolo Guzzanti mtmmmmmMmmmmmmm: CONSIGLIO D'AMMINISTRAZIONE «LA STAMPA» TORINO. Il Consiglio di amministrazione dell'Editrice La Stampa, presieduto dall'avvocato Giovanni Agnelli, ha approvato ieri la proposta di bilancio 1993 da sottoporre alla prossima assemblea degli azionisti. Nel corso della riunione il Presidente ha dato il benvenuto al neoconsigliere Jas Gawronsla.

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