IL TRIBUNALE NELLA STORIA

TOUWEM IL TRIBUNALE NELLA STORIA tro il totalitarismo nazifascista, non contro la nazione tedesca in quanto tale. Molti resistenti, molti antifascisti combattevano per la libertà dei tedeschi, oltre che per le proprie libertà. Fu una guerra contro il totalitarismo che contaminò la Germania e l'Italia ma anche buona parte dell'Europa, e che non a caso si concluse in maniera diversa dal '14-'18: si concluse appunto con una liberazione, non semplicemente con un trionfo militare. Liberazione dell'Italia dal totalitarismo fascista e dal regime di collaborazione impersonato dalla Repubblica di Salò. Liberazione della Francia dall'occupazione nazista e dalla rivoluzione fascista voluta autonomamente da Pétain e liberazione della Germania stessa dai mostri che aveva partorito: liberazione imposta con la violenza delle armi, liberazione tuttora dura da ricordare ma liberazione pur tuttavia, che ha permesso alla Repubblica Federale di ricostruire sull'anno zero una democrazia durevole, e di incorporare molti decenni dopo, nella libertà, la parte orientale della Germania che senza soluzione di continuità era passata dalla dittatura nazista a quella comunista. Il conflitto iniziato nel '39 è il primo regolamento dei conti con i due totalitarismi che hanno infestato il XX secolo, e che sono all'origine di una guerra ideologica europea durata più di settant'anni: il totalitarismo nero e il totalitarismo rosso, responsabili ambedue di stermini immani, di crimini non identici ma intesi ambedue ad abolire popoli in quanto tali, razze o classi sociali in quanto tali. La liberazione dal primo totalitarismo è avvenuta nel '44-'45, con l'aiuto essenziale dell'Unione Sovietica. La seconda è avvenuta pochi anni fa, nell'89, a seguito della caduta del Muro e di una guerra fredda lunga, fonda- ta sulla dissuasione atomica. Questa è la verità del XX secolo che il processo di Versailles aiuta un po' a chiarire: il male è stato fatto in più nazioni, Hitler è un male innanzitutto tedesco e poi europeo. Questa la verità che il tribunale di Versailles ha potuto rivelare solo parzialmente, ingabbiato com'era in una definizione dei crimini contro l'umanità che presuppone tassativamente l'ordine dato dalla potenza occupante, ed esclude le iniziative autonome di Vichy. Questa la verità che i politici d'Europa stentano ad assumere, per motivi non sempre oscuri. C'è voluto mezzo secolo perché la Francia si occupasse di crimini commessi in proprio, e cominciasse a condividere la vergogna dei tedeschi. E sempre si è abusato di parole gravi come riconciliazione nazionale, o pacificazione, o perdono. Parole riaffiorate anche nel processo di Touvier, pronunciate da Mitterrand: non ha più senso processare un miliziano vecchio di 79 anni - ha ammonito il Presidente socialista - la guerra è finita, l'uccisione di 7 ostaggi ebrei fu un deplorevole incidente bellico che riapre inutili ferite, che torna a lacerare inutilmente la nazione. Parole simili sono state dette per decenni anche dalle gerarchie cattoliche che hanno protetto e assolto Touvier, disprezzando la giustizia terrena e perdonando chi comunque non ha mai espresso rammarico, né pentimenti. Gli argomenti e le paure di Mitterrand riecheggiano gli argomenti e le paure che indussero Pompidou a amnistiare Touvier: meglio non infrangere la favola di una Francia potenza vincitrice della guerra, tutta unita e unanime dietro lo sparuto drappello di resistenti gollisti, comunisti, cristiani. Meglio salvare la finzione di una pacificazione nazionale - e con essa la finzione di una Francia che siede accanto alle potenze britannica e americana - piuttosto che edificare una pacificazione difficile, in Europa, fondata sulla comune emancipazione da una vergogna e un orrore condivisi. L'ingerenza di Mitterrand nel processo Touvier è in stretto rapporto con il rifiuto di commemorare lo sbarco in Normandia come un evento non solo militare, non solo autocelebrativo, ma come l'inizio di una lotta che ha liberato progressivamente tutta l'Europa, compreso l'ex nemico tedesco oggi alleato. Da tempo le verità su Vichy sono state elucidate, prima da storici americani poi francesi. Almeno dagli Anni 70, sulla scia del 68, le nuove generazioni in Francia mostrano di voler sapere, non credono nella fiaba della perfezione immacolata della nazione. Ma le parole degli storici non bastano. Presto le parole diventano opinioni, e la realtà dei fatti è inghiottita dal regno dove governano i sofisti, che scompongono i termini e li rendono tutti equivalenti. Solo i tribunali hanno la forza di riconnettere le parole alle verità fattuali, agli obiettivi patimenti degli uccisi, ai racconti di testimoni che anch'essi invecchiano come Touvier, e si fanno sempre più rari. Solo i tribunali - i magistrati che hanno giudicato Auschwitz, i magistrati che un giorno giudicheranno forse gli eccidi a Katyn e nei Gulag - sono in grado di resistere alle ragioni volubili degli Stati, e alle ragioni extrastoriche delle Chiese. La fine dei tempi, chissà, appartiene forse alla divinità. Ma non la storia, non i destini di tutti gli Stati, come è stato detto nei giorni scorsi a Roma. La storia è fatta dagli uomini e sono gli uomini a esserne responsabili e a doverne rispondere: qui, su questa terra, di fronte ai giudici e non nei confessionali. Il bene o il male che facciamo non è affidabile a nessuna volontà divina ma ci appartengono interamente, sono la nostra forza e la nostra vergogna. Siamo responsabili noi, qui, della Soluzione Finale di Hitler, dei gulag staliniani, della guerra di sterminio che sta liquidando in Europa un popolo musulmano. Le pacificazioni nazionali sono sempre possibili, una volta denunciata la natura del crimine, e riconosciuto il diritto-dovere di resistergli. Barba r3 Spinelli