«Qui è peggio della guerra» di Foto Epa

«Qui è peggio della guerra» «Qui è peggio della guerra» Altre bombe sull'ospedale, una strage ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO Nello stesso momento in cui il loro leader Radovan Karadzic proclamava la pace a Gorazde, le truppe serbe bombardavano con ferocia il centro della città uccidendo decine di civili: anche ieri si è ripetuto il sanguinoso scenario del cessate-ilfuoco accompagnato da un nuovo massacro. Da giorni il bersaglio preferito dei cannoni serbi è l'ospedale di Gorazde, dove sono ricoverati più di 700 feriti gravi. Poco dopo l'una, contro l'edificio sono stati sparati tre razzi che hanno distrutto buona parte della costruzione. Dieci persone sono morte nell'attacco, 15 sono state ferite. Le granate hanno colpito anche il palazzo vicino, uccidendo altre otto persone e ferendone dieci. «L'ospedale sta crollando. Ci sono morti e feriti, ma nessuno sa il numero delle vittime perché sotto le macerie sono rimasti sepolti in molti. Nessuno può soccorrerli perché i serbi sparano all'impazzata». E' Fahrudin, uno dei pochi ra¬ dioamatori di Gorazde che riesce ancora a trasmettere e a descrivere l'inferno della città. «Tutte le case sulla sponda destra della Drina sono divorate dalle fiamme. Le granate cadono a ritmo di una ogni mezzo minuto. Nella parte sud-occidentale, dove i serbi tentano da due giorni di avanzare per stringere definitivamente la morsa intorno al cuore di Gorazde, si combatte nelle strade, casa per casa». Le granate serbe hanno nuovamente colpito il Centro profughi della Croce Rossa internazionale. A detta del portavoce dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i profughi, Chris Janowski, negli attacchi di lunedì sono state uccise quarantatre persone tra cui sei bambini, e più di cento sono rimaste ferite. «La popolazione di Gorazde sta vivendo una terribile tragedia e nessuno può fare niente per aiutarla. Non c'è famiglia che non abbia avuto almeno un morto», ha detto Janowski. Eppure, soltanto poche ore prima i serbi avevano annunciato un nuovo accordo di pa¬ ce, il terzo nelle ultime quarantotto ore. «La parte serba proclama unilateralmente la fine delle ostilità, in questo modo la crisi di Gorazde è superata», aveva dichiarato nella sua nota Karadzic, sostenendo ancora una volta «che non sono stati i serbi a far esplodere il conflitto». Pur avendo condannato a più riprese le «menzogne» del leader serbo-bosniaco, il generale Rose, comandante in capo dei Caschi blu in Bosnia, ha creduto alle loro promesse: «Questo potrebbe essere il primo passo per far entrare i Caschi blu nella zona di Gorazde», ha detto. Ma le forze di pace dell'Onu sono state nuovamente beffate da Karadzic. A Sarajevo è avvenuto un episodio grottesco: dopo aver restituito le armi pesanti (18 batterie antiaeree) prelevate con la forza martedì in uno dei depositi custoditi dai Caschi blu, i miliziani serbi si sono presentati in un altro hangar comunicando ai soldati delle Nazioni Unite di guardia di dover fare un lavoro di manutenzione a uno dei mezzi. Sono sa- liti su un carro armato, hanno avviato il motore e sono usciti tranquillamente dalla porta principale. Così, ieri a Sarajevo, in aperta violazione dell'accordo in base al quale dovevano essere ritirate tutte le armi pesanti, circolava liberamente un carro armato serbo. «La comunità internazionale ci ha condannati a morte», ha dichiarato in una intervista a «Le Figaro» il premier bosniaco Haris Silajdzic, il quale ha annunciato che i musulmani combatteranno fino all'ultima pallottola. Ma «anche se le forze di pace dell'Onu in Bosnia non proteggono più niente, e neanche Sarajevo, l'Un- profor dovrebbe restare», ha aggiunto. «Se un uomo uccide una persona finisce in galera. Se a Gorazde ne uccide 300 lo chiamano a Ginevra per i negoziati di pace»: questo l'amaro commento del premier bosniaco ieri pomeriggio ai rinnovati attacchi dei miliziani serbi su Gorazde. Dalla città avvolta nelle fiamme e nel fumo la voce dei radioamatori, l'ultimo mezzo di comunicazione con il mondo, si fa sempre più debole: «Questo è l'inferno, il terrore, l'orrore. Questa non è più una guerra, è un massacro, è una carneficina». Ingrid Badurina Caschi blu ucraini all'aeroporto di Sarajevo Anche nella capitale la tensione con i serbi resta alta [FOTO EPA]

Persone citate: Chris Janowski, Haris Silajdzic, Ingrid Badurina, Janowski, Karadzic, Radovan Karadzic

Luoghi citati: Bosnia, Ginevra, Sarajevo, Zagabria