«Meno tasse a chi fa figli»

li programma fiscale del governo secondo Allearla nazionale li programma fiscale del governo secondo Allearla nazionale «Meno tasse a chi fa figli» Incentivi a chi crea posti di lavoro, «no» alle stangate sui beni di lusso La destra vorrebbe ridurre il numero delle aliquote Irpef: ne bastano tre ROMA DALLA REDAZIONE Primo comandamento: il fisco sia buono con i buoni. Quindi meno tasse a chi fa figli, c a chi crea nuovi posti di lavoro. Secondo comandamento: basta con le tasse demagogiche. Quindi niente redditometro spocchioso e supponente, e neppure «tasse per soli ricchi» - per esempio quella sulle barche, gli aeromobili, le auto di lusso ecc. - che costano di esazione più di quanto rendono. E' pieno di principi e di grandi entiusiasmi il programma che ieri il «dipartimento per la politica economica» di Alleanza nazionale ha presentato per la politica fiscale del futuro governo. Al tavolo dei relatori il direttore del «Secolo» Maurizio Gasparri e gli economisti Gaetano Rasi e Pietro Armani. Il capitolo principi si apre con un «Mediare tra il mercato e gli interessi sociali diffusi», e continua con l'auspicio di una «concertazione con le parti sociali ma senza monopolio di rappresentatività per la triplice sindacale», e ancora «non si daranno soldi solo a De Benedetti e Agnelli ma si aiuteranno le piccole e medie imprese», e poi «minor pressione impositiva per avere più entrate». Ma il principio dei principi vuole che An si schieri a fianco della famiglia, prevedendo un sistema di detrazioni irpef per ridare «il coraggio necessario a mettere al mondo i figli» e riconoscendo alle famiglie una attenzione superiore rispetto ai singles. Quanto alla voce entusiasmi, registriamo che la «ripresa - secondo il prof. Rasi - è in atto da almeno tre settimane (giusto il tempo dalle elezioni - ndr) e renderà inutili le manovre correttive». Che «maggiori entrate saranno diretta conseguenza di un'attività economica galvanizzata non solo da motivi internazionali, ma da alcuni provvedimenti fiscali come la detassazione degli utili reinvestiti, incentivi alle assunzioni e il non ricorso agli ammortizzatori sociali». Venendo ai fatti, gli economisti di Fini vogliono razionalizzare il sistema impositivo, con l'eliminazione, per esempio, di tutte quello tasse che generano crediti a favore del contribuente, non foss'altro perché confondono le idee: sembrano entrate e invece sono una partita di giro. Eliminare anche le tasse che rendono pochissimo e la cui esazione costa cara, e quelle che di fatto bloccano lo sviluppo e l'occupazione. Per esempio, fa notare An, delle 282 tasse italiane l'88% delle entrate viene da Irpef, Irpeg, Ilor e Iva, e la pletora delle restanti raccoglie appena il 12%. Tra i tributi pletorici^ segnala la stessa Ilor in quanto già sostituita da altre imposte. Gli economisti della destra segnalano anche lo squilibrio del personale dell'amministrazione finanziaria: oltre il 30% degli addetti è destinato alla raccolta del 9,7% del gettito complessivo. Bisogna rivedere, propone An, le aliquote dell'imposizione diretta, per esempio le sette aliquote irpef dovrebbero diventare non più di tre. Il tutto a gettito invariato, puntando al contenimento della spesa pubblica e a legislazione vigente. Senza rivoluzioni. Maurizio Gasparri direttore del «Secolo d'Italia»

Persone citate: Agnelli, De Benedetti, Fini, Gaetano Rasi, Maurizio Gasparri, Pietro Armani

Luoghi citati: Italia, Roma