«Hanno mangiato tutti non solo i partiti»

Domani le richieste per la tangente Enimont. «Ex parlamentari in coda per confessare» Domani le richieste per la tangente Enimont. «Ex parlamentari in coda per confessare» «Hanno mangiato falli, non solo i partiti» // pm: «A conti fatti Cusani ha trattenuto 102 miliardi» MILANO. Alle 17,15 il pubblico ministero più famoso d'Italia non ce la fa più: ammette una crisi di stanchezza, chiede una pausa. Commenta: «Un lavoro così non lo faccio più, lo giuro». Cifre, grafici; e ancora cifre e ancora grafici, miliardi, miliardi, miliardi... «Proprio oggi - aveva detto in mattinata al presidente Tarantola - De Lorenzo mi ha restituito 4 miliardi. Lei non sa quanti ex parlamentari mi chiedono di confessare. All'inizio di questa inchiesta facevano tutti fatica a parlare». Prego, sorvoli. Di Pietro parla, parla. A un certo punto il presidente Giuseppe Tarantola, spazientito, non si trattiene più: «Non posso certo interrompere una requisitoria così, già costruita, però invito il pm a sorvolare su qualche punto». Di Pietro incassa il colpo, e un po' accelera. Inutile: la foga lo prende; dopo il «cedimento» delle 17 Tarantola, rassegnato ai tempi lunghi, gli chiede «un programma, mi raccomando realistico». Di Pietro: Finisco domani (oggi per chi legge). Tarantola: Sicuro? I volumi sul suo tavolo erano 9, adesso sono sei. Domani non basta... Di Pietro: no, ce la faccio. Tarantola (lo sguardo al volto pallido e tirato del pm): Facciamo dopodomani. E' meglio avere più spazio... anche per lei. Solo venerdì, dunque si cono- sceranno le richieste dell'accusa nei confronti di Sergio Cusani. Ma da quanto ha detto oggi, è evidente che Di Pietro ne solleciterà la condanna per tutti i reati. Divorziati-amanti. Di Pietro ha voluto anticipare quello che sarà uno dei temi principali della difesa: cioè la presunta «costrizione» a pagare. Ha sorvolato sulla questione del fermo provvisorio delle azioni, deciso dal giudice Diego Curtò (per forza: insistere su questo tasto rischia di far spostare il precesso sull'Enimont a Brescia). In compenso ha citato due casi che dimostrerebbero l'esistenza di un accordo: l'Ops (offerta pubblica di scambio delle anioni Enimont) e il closing («Tutti questi termini... è la tangente all'inglese»). L' Ops avviene nell'aprile '91 «di comune accordo tra Montedison e Eni, con vantaggi per tutti e due». Solo pochi mesi prima ci sarebbe stata la concussione. No davvero, secondo Di Pietro: «L'uno contro l'altro? A chiacchiere». Il closing è quando, una volta stabilito il prezzo (2805 miliardi) della quota Enimont, Montedison chiede all'Eni di anticipare il pagamento. Di Pietro riassume così la vicenda: «Se mi dai i soldi prima faccio guadagnare anche te. Eni e Montedison hanno divorziato da marito e moglie e il giorno stesso sono diventati amanti». Psi, primo a incassare. «Quella per il closing - dice Di Pietro - è la prima tangente che viene pagata. Dieci miliardi. E sapete dove finiscono i primi tre? Su due conti, in Svizzera e a Hong Kong. Il primo a prendere la tangente Enimont è chi sta dietro quei conti». Chi? «Sono conti del sistema Troielli; Troielli prende ordini da Bettino Craxi. 0 forse vanno a Balzamo, ma non c'è differenza. E' la segreteria del partito, è la stessa cosa». Il primato del psi c'è anche con la maxi-tangente: «Sette miliardi e mezzo arrivano sul conto Hambest». Conto che, nello schema di Di Pietro, viene attribuito a Cusani-Giallombardo-Craxi. «Sono i soldi chiesti in anticipo a Berlini. Perché c'è urgenza di pagare. E per chi è l'urgenza?». De duplice. «Il psi è monolitico, per la de troviamo sempre due correnti, quella del segretario Forlani e quella di Andreotti. Ma se si sommano i soldi di tutti la cifra è notevole». E Di Pietro elenca: oltre 5 miliardi a Paolo Cirino Pomicino, 4 miliardi a Grotti (consigliere Eni), 2 miliardi e mezzo al gruppo di Sbardella, 900 milioni all'ex ministro Piga, 3 miliardi a Citaristi. E poi commenta: «Le casse finali dei partiti sono sempre diverse da quelle iniziali. Ci dev'essere qualcuno che si è arricchito parecchio». Beato lui. Con Enimont «ci han¬ no mangiato tutti, non solo i partiti». Elenca ancora: un miliardo a Garofano, tre miliardi a Sama (commento: «A propostito di concussi, cos'è? Un autoricatto?»). Poi tre miliardi al professor Lefebvre, 5 miliardi a Bisignani, ben 16 miliardi all'ex presidente dell'Eni Cagliari. E poi Palladino, il custode giudiziale delle azioni Enimont: «Dalla Montedison ha avuto 5 miliardi, più due dall'Eni. Sette miliardi per 9 giorni di... non attività. Beato lui». A conti fatti... La provvista iniziale, quella costruita attorno all'operazione immobiliare con Domenico Bonifaci, era di 156 miliardi e mezzo. Questi i conti definitivi della procura. Sergio Cusani «escogita il sistema per occultare la somma: è lui che spiega come, su cento lire, nasconderne dieci. Per questo - dice Di Pietro - deve rispondere di falso in bilancio». Poi è sempre lui che tiene i soldi e li gestisce, «che viene incaricato da Gardini di sfrucugliare i politici». «A conti fatti gli restano in mano 102 miliardi e 798 milioni. Tutto è provato, documentato. E allora o ci dice cosa ha fatto di quei soldi, a chi li ha dati; o lo scopriamo noi. Oppure è chiaro: se li è tenuti lui». Come a dire: caro Cusani, o parli oppure ti appioppo simile somma per appropriazione indebita. Fine del messaggio. Susanna Marzolla E ieri De Lorenzo ha restituito quattro miliardi Nessun riferimento alla «costrizione» a pagare né al fermo delle azioni deciso da Curtò Ma un messaggio preciso all'imputato «Non gli conviene tacere su chi ha incassato» Di Pietro con l'avvocato Spazzali. Sotto, il presidente Tarantola

Luoghi citati: Brescia, Hong Kong, Italia, Milano, Svizzera