Un altro Schindler a Rivoli di Guido Novaria
Un altro Schindler a Rivoli Un altro Schindler a Rivoli Sottotenente della Wehrmacht salvò partigiani ed ebrei Sembra l'esatto copione di «Schindler's List». Anche il nome del protagonista è lo stesso. Cambia la professione e la scena. Nel film di Spielberg è un industriale a mettere in salvo migliaia di ebrei. Il nostro è un giovane sottotenente tedesco, arrivato nel '43 a comandare il presidio di Rivoli. Ernst Hermann Schindler Pappenheim, classe 1902, nato a Vienna, ingegnere chimico: aveva indossato malvolentieri la divisa di ufficiale della Wehrmacht. E non aveva mai fatto mistero di quanto fosse difficile per lui dare la caccia ai partigiani, partecipare ai rastrellamenti a fianco delle SS. Fino alla decisione di passare dalla parte di un nemico che il «Sonderfùhrer» Schindler avrebbe dovuto annientare in nome del Terzo Reich. Lo fa una sera della primavera del '44, quando le sorti della guerra sembrano ormai segnate e gli ordini del comando tedesco di stroncare l'attività dei partigiani s'infittiscono. Dopo aver assistito ad una recita nel salone della parrocchia, Ernst Schindler si avvicina a don Luigi Morella: «Era turbato - racconterà nelle sue memorie il parroco-partigiano di Rivoli - sembrava volersi togliere un peso. Sapeva benissimo che io avevo continui contatti con le formazioni partigiane che operavano in montagna. Mi disse che voleva essere dei nostri: "So che fate cose giuste, so come aiutarvi"». Da quel momento «Ernesto» cominciò la sua attività di fiancheggiatore dei partigiani. Ricorda Carlo Mastri, oggi presidente del Comitato Caduti del Lys: «Forniva notizie preziosissime sui movimenti delle truppe tedesche, indicava le zone dove sarebbero avvenuti i rastrellamenti, salvò decine di ebrei nascosti a Rivoli e in Bassa Val di Susa, destinati ad essere deportati nei lager in Germania». Senza destare il benché minimo sospetto nei suoi superiori. Neppure quando riuscì a salvare, dopo la Liberazione, alcuni operai della Fast che i nazi-fascisti avrebbero voluto fucilare. Il sottotenente Schindler finse di riconoscere fra loro un ribelle: «Parlò con un ufficiale delle SS, chiese di poter prendere in consegna quell'uomo e lo convinse a liberare gli altri» aggiunge Mastri. Dopo la Liberazione, Schindler si nascose in una cascina alla periferia di Rivoli. Fu don Morella ad andarlo a cercare: «Vieni, non hai nulla da temere, decine di persone sono salve grazie al tuo lavoro. Rivoli non ti dimenticherà mai». Rimase in Italia, morì quattro anni fa, in una squallida soffitta nel centro di Torino. «Era poverissimo, ma non aveva mai preteso l'aiuto di nessuno: - ricorda il sindaco di Rivoli Antonio Saitta che l'aveva conosciuto - non parlava mai volentieri del passato, quasi che l'aver indossato la divisa di ufficiale tedesco gli pesasse ancora». Nell'85, con una lucidità eccezionale, aveva raccontato la sua storia agli autori de «Testimonianze sulla Resistenza di Rivoli»: «Molti episodi rimasero però nella sua memoria - dicono gli ex partigiani - era schivo, continuava a ripetere che la decisione di aiutare partigiani ed ebrei era l'unica da prendere. La sua vita non sembrava importargli molto, anche se aveva rischiato di perderla in tantissime occasioni durante la guerra». Ernst Schindler è sepolto nel cimitero di Rivoli: sulla sua tomba i fiori sono sempre freschi. «Non sappiamo chi li metta, ma sono in tanti a non dimenticare quello che ha fatto per la nostra città». Guido Novaria DOMANI SU LA STAMPA
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