«E' innocente e io gli credo»
«E# innocente e io gli credo» «E# innocente e io gli credo» Suor Elisabetta: violento, non assassino SFIRENZE ORRIDE appena. «No, non è colpevole. Me lo ha detto lui e io gli credo». Suor Elisabetta delle Figlie della Carità non ha dubbi. Conosce bene Pietro Pacciani, è la sua assistente spirituale, lo vide per la prima volta quando lui era in carcere per quella storiaccia della violenza sulle figlie. Ma anche allora lui giurò di essere innocente: «Forse qualche volta sono stato violento, sì, è vero, ho usato la cinghia. Ma una delle mie figlie andava con un drogato». Ma quell'altra volta, quando ammazzò quell'uomo trovato con la fidanzata? «Mi ha assicurato che quello lo prese per la gola e dovette difendersi». Dai primi tempi non gli credeva. «Ero un po' prevenuta. Ma poi mi sono accorta che è uno molto spontaneo». Ma che uomo è? «Uno Suor Elisabetta assiste Pacciani che vive per la famiglia, che chiede sempre della moglie e delle figlie». Suor Elisabetta sembra fragile, con il volto scavato, gli occhiali da miope e il velo come gettato sui capelli lunghi. Pare fragile eppure è una che non si scoraggia. «Lo sa bene, lui, che questa storia può finire con un ergastolo. Ma spera ancora, spera disperatamente, magari in un miracolo. Ne abbiamo parlato anche ieri sera, e «E' intelligente, non crediate. Ma non è un freddo, anzi, ha un temperamento sanguigno. E' vero, vive nel centro clinico e lì non si starebbe male, ma lui guarda fuori dalla finestra, pensa a casa sua. E' una persona esasperata, tormentata da un pensiero fisso». Ma è uno che potrebbe simulare? «No, non credo proprio». Legge? «Sì, gli ho portato dei libri di devozione». La risposta a chi invocava lo spostamento del processo per legittimo sospetto sulla serenità dei giudici l'ha data il pubblico, scarso anche se attento. Alcuni pensionati, lo scrittore di grido in incognito, qualche studente della terza e quarta classe dell'istituto tecnico privato Toscanelli. «Siamo venuti per curiosità. Avevamo seguito la vicenda sui giornali e abbiam chiesto il permesso alla preside», dice Gabriella Serena. Poi c'è Laura Camuschelli, 48 anni, di Arona, separata, due figli universitari. «Ho scritto quattro lettere a Pacciani, mi ha risposto due volte, speravo di potergli parlare». Perché? «Per capire». Che cosa? «Tutta questa storia. Ma per ora non me lo fanno avvicinare». Quand'era studentessa di lettere alla Cattolica di Milano lei aveva scritto ad alcuni detenuti: sperava in un loro recupero. Ma se risultasse che Pacciani è colpevole? «Allora non gli scriverò più». E poi, ci sono i genitori, qualcuno per il quale il tempo si è fermato quando i ragazzi furono ammazzati. «Vedremo, lasciamo lavorare i giudici», dice Renzo Routini. «Non so che cosa pensare, non so se seguirò tutto il processo, non ho idee», confessa Dino Foggi. E anche lui pensa al suo ragazzo ammazzato quella notte, [v. tess.] «Vive per la famiglia e si dispera Ieri non ha dormito» so che non ha dormito, tutta la notte, che ha pianto, ha pianto: piange sempre, anche quando è solo». Insomma, l'immagine della disperazione! «Lui è uno che vive in un mondo suo di contadino antico, nel quale è importante il lavoro, mettere da parte il gruzzolo per la famiglia». L'assassino, il cosiddetto mostro, sarebbe uno dal carattere freddo. Sorella, com'è Pacciani?
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