le ombre sulla carriera di Giuseppe Zaccaria
le ombre sulla carriera le ombre sulla carriera Ascesa e caduta del superpoliziotto considerato il terrore della mafia NAPOLI. Era considerato il terrore dei mafiosi e dei camorristi. La carriera del questore Matteo Cinque, nato cinquant'anni fa a Poirino, in provincia di Torino, è stata contrassegnata da successi fino al maggio dell'anno scorso, quando in seguito alle dichiarazioni del pentito napoletano Pasquale Galasso è finito sotto inchiesta per presunte collusioni con il clan capeggiato da Carmine Alfieri. In polizia dal '69, arrivò a Napoli nell'84, dopo aver ricoperto l'incarico di responsabile della Digos di Livorno. Nominato dirigente del commissariato di Castellammare di Stabia, resse quell'ufficio fino all'86. Dopo una breve permanenza in un altro Comune di provincia, Torre del Greco, approdò alla squadra mobile di Napoli, della quale fu responsabile fino all'88. Risale a quell'anno la nomina a capo della Criminalpol di Campania e Basilicata. Ed è proprio in quel periodo che In alto Matteo Cinque, l'ex questore di Palermo ed ex capo della Criminalpol campana. Accanto, da sinistra: Berardo Impegno e Amedeo Laboccetta, due degli ultimi 15 politici napoletani finiti in cella avrebbe commesso i reati di cui ora lo accusano. Nel '92, il gran salto di qualità. Promosso questore, Matteo Cinque ha lasciato la Campania per trasferirsi a Trapani e quindi a Palermo. Il suo nome era stato fatto dal ministro dell'Interno come quello dell'unico funzionario di polizia in grado di sostituire Vito Piantone, rimosso dalla questura palermitana in seguito alle stragi di Capaci e di via D'Amelio. A maggio del '93, dopo le clamorose rivelazioni del camorrista pentito Pasquale Galasso, Cinque si è dimesso dall'incarico. E' stato successivamente trasferito dal ministro Nicola Mancino al dipartimento di pubblica sicurezza del Viminale. Ieri, l'arresto, eseguito dagli uomini della Direzione investigativa antimafia per ordine del giudice per le indagini preliminari Antonio Sensale, su richiesta dei magistrati della Dda Paolo Mancuso, Luigi Gay e Franco Roberti. [f. mil.] re fognario di Torre del Greco, la famosa Linea tramviaria rapida, la costruzione di alloggi a Piscinola. «La nostra impresa era stata assegnata al psi...», racconta a un certo punto il costruttore: in quell'«assegnata» c'è tutto lo smarrimento di chi si era visto consegnare come un capretto agli uomini di regime, senza per questo sfuggire, neanche con Tangentopoli, al taglieggiamento degli altri. Il «pentito» racconta che Laboccetta, arrestato il 6 aprile dello scorso anno per una storia di mutui (a quell'esperienza è legato l'indimenticabile volume «Grand Hotel Poggioreale») dopo essersi proclamato innocente, appena libero tornò a chiedergli il saldo di vecchie spettanze. Impegno, lui era più sfumato: pare si limitasse a dire, durante fugaci incontri al bar: «Per quella storia tutto a posto». Appena quattro mesi fa l'editore Pironti ha licenziato un utilissimo «Mazzette e Manette», guida ai personaggi di tangentopoli, e già l'autore, Goffredo Locatelli, è costretto ad aggiornare le 246, puntigliose pagine di elenco. Da quattro mesi a questa parte, a Napoli si sono aperti altri filoni d'indagine sul dopo-terremoto, nuove inchieste sullo stadio San Paolo e piazzale Tecchio, sul funzionamento del Corpo dei vigili urbani, su discariche e camorra, camorra e politici, camorra e magistrati, camorra e decentramento... Già, decentramento. Ancora un briciolo d'attenzione, per favore, giacché forse in questo la saturazione napoletana sta per produrre qualcosa di nuovo. Da qualche tempo, succede che anche i primi faticosi passi verso una razionalizzazione dei servizi, perfino qualche conato di privatizzazione si stiano dimostrando affetti dal solito morbo. Accade che in nome dell'efficienza siano state fatte passare decisioni che o rischiano di mettere la collettività in ginocchio (basta vedere l'immondizia che ancora sovrasta la città: sciopero dei netturbini «privatizzati») o si rivelano piegate alle stesse leggi del «prima». Ancora una volta, il vecchio che s'intreccia al nuovo, lo avvolge, lo sovrasta. Strano come, giunta al suo culmine, la tangentopoli napoletana cominci a rivelare imprevedibili tratti di modernità. Giuseppe Zaccaria
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