A Montenero tutti tifano per Tonino in tv

A Montenero tutti tifano per Tonino in tv A Montenero tutti tifano per Tonino in tv La sorella Concetta: lui è un buono, anche quando urla MONTENERO DI BISACCIA DAL NOSTRO INVIATO Il paese si spegne alle 9 e 30 del mattino e accende la tv. Tutti davanti al video per guardare Tonino, il giudice Di Pietro, eroe nazionale, qui un mito da tempo. «Lui è il nostro simbolo. E da quando è diventato famoso anche Montenero è conosciuta nel mondo», conferma convinto Bruno Forgiana, proprietario del bar sulla piazza principale di questo paesotto sul cocuzzolo di una collina a dieci chilometri dall'Adriatico, nella provincia di Campobasso. Qui è nato il Fenomeno. Tutti lo conoscono, ne parlano solo bene. Chissà che indici d'ascolto, da queste parti, la diretta tv della requisitoria al processo Cusani. Sì, tutti davanti alla tv per vedere l'illustre concittadino. Tutti meno uno. «Ero impegnato, quando davano il suo discorso. Mi rifarò con la replica lunedì sera», prò- consegna del fratello. Sì, preferisce parlare d'altro Concetta Di Pietro: della mamma che sta male ed è ancora in ospedale, delle visite di Tonino, poco più che un blitz, l'ultima a Natale. Dice: «Sono fiera di lui, e lo sono anche i miei paesani. Quando Tonino va a Roma tutti pensano che passi di qui, ma ha troppo da fare. E allora aspettano». E' vuota, adesso, la masseria «Giuseppe Di Pietro», casa colonica bianca poco distante dal paese. Ma tutto è pronto per l'arrivo del magistrato. Ci sono anche due enormi fari alogeni, «rubati» al campo sportivo. Servono a illuminare la cascina, per sicurezza. In paese, meno di ottomila abitanti, non si parla d'altro. «Quando arriva?», si chiede il pensionato Lino Mastronardi. Ha passato tutta la mattinata davanti alla tv «per guardare il compf «sano» e adesso fa il critico: «Og^i era un po' nervoso, ma vorrei vedere...». E perché mai? Risposta pronta: «Quel Lusani lì è uno duro di coccia. E anche l'avvocato con il barbino non ini piace nemmeno un po', mi sa che è colpevole pure lui». Davvero difficile, da queste parti, trovare una voce fuori dal coro. Di Pietro è buono senza dubbio, gli altri no. «E' perché sembra un uomo comune», spiega Matteo Farale, custode della masseria Di Pietro, e compagno del magistrato nelle partite di «passatelle», un gioco con le carte in cui chi perde beve diversi bicchierini. «In tv lo guardo sempre», dice Leo, orecchino, giubbotto nero, giovane fan. E spiega: «Mi piace quando usa le frasi fatte per spiegare le cose semplici, lo fa avvicinare di più alla gente». E gli altri: Cusani, l'avvocato, il presidente? «Sì sono bravi, però con il loro lavoro si rendono antipatici», spiega Leo mentre gli amici, stesso bomber, orecchino uguale, annuiscono. Tanta passione ò forse pure do¬ vuta al fatto che Montenero di Bisaccia ha trasformato anche Di Pietro in un business. Confessa e fa i conti Nicolino D'Ascanio, sindaco pidiessino dall'85: «ANatale c'è il presepe vivente, 20 mila persone. Poi c'è il mare qui vicino ancora da sfruttare. Lo sa che è il più pulito d'Italia? Certo ci aiuta il fatto che Di Pietro è nato qui». C'è un sogno nella testa del sindaco. Avere il magistrato qui a metà maggio, per le feste della «Madonna di Bisaccia». «Portiamo in processione un dipinto del '600, pensi che a settembre fanno lo stesso i nostii concittadini a Filadelfia», dice il sindaco. Se Di Pietro arrivasse troverebbe un'accoglienza da re: palloncini, manifesti come l'estate scorsa, pure la luminaria davanti a casa. E il mugugno di Leo: «Sì, va bene ma non esageriamo. Essere compaesano di Di Pietro mi inorgoglisce, ma quello è il suo lavoro». Fabio Potetti

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