«Sono il capo della mafia e sono vivo»
La lettera dell'erede di Riina suona come una minaccia. Borrelli sui pentiti: vanno difesi La lettera dell'erede di Riina suona come una minaccia. Borrelli sui pentiti: vanno difesi «Sono il capo dello mafia, e sono vivo» Provenzano, latitante da 25 anni, scrive ai giudici ^1 U U N A Nuova Moralità Par lamentare? Un'occasione per dimostrarla subito ci sarebbe. Passo questo suggerimento ai nuovi presidenti delle Camere, a tutti i gruppi, a tutte le sedie. Con procedura fulminea, con precedenza assoluta su tutto, ci vorrebbe una bella e consistente RIDUZIONE dello stipendio dei parlamentari, votata con generosa maggioranza. Tali stipendi sono arrivati, se non sbaglio, a toccare i centosessantotto milioni lordi all'anno. Il mensile è di 14. Il netto dev'essere poco meno di 12. Ogni mese il parlamentare potrebbe farsi, con questo spassoso salario, una dentiera nuova. Aggiungi le rendite personali di ciascuno (nessuno arriva da ghetti poveri, da favelas, da Bronx) e non li giudicherei in precarie condizioni di bilancio familiare. Se non sentono l'urgenza di un taglio, poveri loro. Introvabile qualsiasi relazione decente tra i servizi resi alla comunità degli Itali e il mensile percepito. Cattivi servizi spesso, e pagati più che se avessero sgarato a Canne Annibale. E ancora: essere deputato o senatore è già di per se stesso una ricompensa; è un esito, un ricordo, una graffiatura di storia... E comporta franchigie molteplici, prestazioni gratuite innumerevoli, che costano allo Stato un bel grumo di miliardi! Dunque 14 milioni sono un'oscenità. Sono una corruzione legale, un furto avallato, uno sfregio per chi li intasca. Il parlamento non dovrebbe avere la facoltà di deliberare sul proprio stipendio, eccetto che per ridurselo. La riduzione che proporrei ai due Rami neoeletti, Nuova Maggioranza e Viali del Tramonto uniti, se volessero presentarsi con faccia illibata a 60 milioni di diffidenze, non causerebbe a nessuno deperimento: si tratterebbe di scendere a 5 netti, non aumentabili fino al 2001, e decurtabili duramente (uno in meno ogni 10 assenze) per sedute disertate. Signori, se alzate le spalle siete già c imo Dovete per prima cosa liberarvi di quel disonesto mensile che è molesto a tutti, che offende tutti. Buttatelo via. Quel che acquisterete varrà molto di più. PALERMO. Dalla latitanza il boss corleonese Bernardo Provenzano, ricercato da quasi venticinque anni e paragonato da numerosi pentiti a un bulldozer, ha fatto sapere ieri di essere vivo con una lettera inviata alla corte che lo deve giudicare per uno dei tanti delitti di cui il numero uno della Piovra è ' accusato. Una missiva che sembra essere un preciso segnale a Cosa Nostra, la condizione indispensabile per governare le cosche dopo la cattura, il 15 gennaio dell'anno scorso, del suo compaesano Totò Riina. La lettera, firmata in calce da Provenzano, è stata spedita per raccomandata da un ufficio postale cittadino. Intanto ieri sono stati eseguiti centoventicinque arresti nell'ambito dell'operazione «Terra bruciata» scattata a Milano. «Un'operazione - ha detto il procuratore capo Borrelli -, «resa possibile dalle confessioni di due collaboratori della giustizia». Deaglio, La Licata e Ravida A PAG. 3 RUGGERO ORLANDO
Persone citate: Bernardo Provenzano, Borrelli, Deaglio, La Licata, Provenzano, Ravida, Riina, Totò Riina
Luoghi citati: Canne Annibale, Milano, Nuova Moralità, Palermo
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