«La Pivetti è di ferro come la Thatcher» di Irene Pivetti

Festa in trattoria, poi a Milano Per la neopresidente della Camera l'abbraccio di Bossi e una cena con gli amici leghisti «La Pivetti è di ferro come la Thatcher» Festa in trattoria, poi a Milano ROMA. Il Presidente arriva per ultima e sola. La scorta di Montecitorio, che si è appena congedata da Giorgio Napolitano, resti fuori e ben nascosta per favore, qui il Presidente è al sicuro e andrà a sedersi al penultimo posto del tavolone: accanto a Umberto Bossi, si capisce. E questa trattoria di via dell'Orso, il Lungotevere a cento metri, l'omone Giuliano Ferrara che abita proprio sopra, per una sera diventa la copia romana di «Arpagone», la pizzeria milanese tanto cara a Bossi, alle sue notti tra divertimento e strategia, alle sue vittorie e alle sue meditazioni. Trattoria dell'Orso 80, in piedi! «Evviva Irene!». Sull'attenti i camerieri con camicia azzurra e colletto bianco. Gli applausi di venti leghisti già seduti al tavolone. Evviva Irene! Bossi che la bacia e lei che quasi sviene, finalmente una sedia normale! Ma da «Arpagone» c'eran da festeggiare un Marco Formentini sindaco di Milano, o l'ultima carica dei 180 parlamentari. Qui, nel cuore della Roma Ladrona, è appena entrata Irene Pivetti, una signorina che fino a quattro anni fa era nessuno, poi incontrò Bossi esattamente davanti ad una pizza margherita, e adesso, da non più di cinque ore, è il Presidente della Camera dei Deputati. Nientemeno. «Che le portiamo, Presidente?». Cos'hanno preso gli altri? «Grigliata mista di pesce». Va benissimo anche per me. E con il pesce arrivano anche cinque bottiglie di Veuve Cliquot, offre un cliente della sala accanto. Primo brindisi, ma il Presidente s'accontenta di poco. Alle undici di sabato sera vorrebbe già essere a letto, nella sua camera d'affitto a cinque minuti a piedi da Montecitorio. 0 a Milano, dove l'aspettano papà e mamma e il Signor Prefetto. Stanca, pallida. Seria e severa anche davanti al pesce. Il neosenatore Maurilio Frigerio, compunto professor di filosofia, davanti a lei sembra un mattacchione. Bossi, che le sta accanto, sembra quasi imbarazzato. La coccola discretamente, ma non osa neppure lui. Come è andato il primo incontro con Scalfaro, come è andata con Ciampi, quando andrai dal Papa? No, rispettosamente nessuno osa, nessuno domanda. Fa un certo effetto il Presidente della Camera che passa la sua prima sera in pizzeria («Chissà dove sarà andata Nilde lotti dopo l'elezione?», dice Roberto Maroni), ma è che con Irene Pivetti le serate così sono state soltanto due: la prima quando ha conosciuto Bossi, la seconda questo sabato sera. E maligni, nella Lega, la chiamavano «Tristezza». Secondo brindisi, sempre appena appena, e la mezzanotte si avvicina. Pivetti tace e ascolta, Bossi parla e racconta: «Ma lo sai che Pannella te ne ha combinate di tutti i colori? E' andato con i suoi da tutti i deputati di Forza Italia a dire che l'ordine del Padrone era quello di non votarti. Meno male che Maroni se n'è accorto ed è corso da Berlusconi. Dovevi vederlo, in cinque minuti li ha fatti rintracciare tutti. Oh, io gliel'avevo detto l'altra notte: guarda che la Pivetti non la molliamo, noi siamo pronti a morire in piedi, ma Pivetti sarà Presidente. E poi, alla Camera, ho mandato a quel paese Pannella...». Pannella, quel cognome! Paolo Pivetti, l'ormai popolare padre del Presidente, dal momento dell'elezione a quel cognome non fa che cambiare il tono della voce. Il Presidente, invece, resta immobile, neppure un tic, una smorfietta. 0 sa davvero perdonare o fa una fatica bestia. Neppure un Bossi per nulla politico e tutto affettuoso riesce a incrinare il Presidente. «Di ferro, come la Thatcher», dice Maroni. Terzo impercettibile brindisi e un minuto prima di mezzanotte il Presidente si alza. Si alza, dal fondo della sala, anche un solo uomo di scorta. Si alza anche Rita, la segretaria che la seguirà alla Presidenza. «Ciao Umberto, sono troppo stanca...». Bacini e congratulazioni, complimenti e abbracci. C'è una piccola pattuglia di parlamentari tiratardi, Vito Gnutti che sarà ministro, Maroni che sarà vice premier, Elisabetta Bertotti che l'aiuterà dall'Ufficio di Presidenza, il professor Frigerio che tanto vorrebbe parlar di anima e fede. Strette di mano e sorrisi: «Devo alzarmi presto per andare a Milano, non torno fino a mercoledì e spero che i giornalisti mi lascino in pace. In questi giorni non ho proprio niente da dire». E lo dice come se volesse marcare la sua distanza dalle banalità, oltre che dagli stereotipi leghisti. Trattoria-pizzeria dell'Orso '80, saluto al Presidente che se ne va! Tutti in piedi, leghisti e clienti e camerieri a battere le mani. «Ciao Irene», è l'ultimo bacio di Bossi. E se la guarda con l'occhio troppo lucido, forse ricorda per l'ultima volta la leghista Pivetti che gli ha combinato parecchi pastrocchi con i suoi attacchi al Cardinal Martini, le sue polemiche con gli altri leghisti della Consulta Cattolica. Ma l'ha sempre difesa, Bossi: «E' stata bravissima nel suo discorso. Peccato per quella dimenticanza, per il saluto a Napolitano che non c'è stato. E' stata proprio una dimenticanza, sono sicuro che rimedierà». All'aeroporto di Linate, quando alle 10 del mattino arriva il Presidente, ci sono papà e mamma e il Signor Prefetto Giacomo Rossano. Consegna del silenzio, discrezione massima. Non è mai stata una giovialona, il Presidente. E nemmeno loquace. Vicino alla Stazione Centrale il signor Bruno, portiere di casa, ha tolto la targhetta dal citofono: «L'ho vista solo in televisione...», dice all'agenzia Ansa. Padre Mario, il parroco della chiesa di Sant'Angela Merici lo ripete: «Sarà andata a messa a Roma, io l'ho vista solo per le messe vespertine». Pare sia uscita a cena, ieri sera. Ma non in pizzeria, di sicuro. Giovanni Cerniti Nella foto grande. Irene Pivetti Qui accanto, Umberto Bossi Il Senatur: «Bello il suo discorso Non ha citato Napolitano? Una dimenticanza»

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