La perestrojka? Senza rifarsi a lui sarebbe stata impossibile

r GORBACIOV La perestrojka? Senza rifarsi a lui sarebbe stata impossibile il esperienza e il dram" ma di Nikita Krusciov, è ovvio, mi sono molto i vicini. La grande im, LI presa della perestrojka non sarebbe stata possibile senza tenerne conto. Krusciov fu tra i primi e tra i pochi che seppero affrontare e comprendere gli errori del passato e i propri. E si può dire che la riflessione critica sul socialismo, e sul rapporto tra democrazia e socialismo, cominciò con lui. Fu a quella esperienza che mi rifeci, consapevolmente, quando dovetti affrontare, nel gennaio 1987, il primo, serio scontro con gli apparati del partito che resistevano tenacemente alla riforma politica del Paese. E' facile trovare punti deboli, errori, insufficienze nell'azione di Nikita Krusciov. Ma la prima cosa che vorrei dire - non in sua difesa, ma nell'interesse di un corretto giudizio storico, indispensabile anche per i problemi di oggi - è un invito a non proiettare all'indietro le nostre attuali conoscenze e sensibilità, sovrapponendole a situazioni e momenti storici del tutto diversi. E solo tornando con la mente a quei momenti, che si può misurare il suo coraggio eccezionale. Fu il primo colpo al sistema autoritario, inferto quando tutta la macchina repressiva staliniana era ancora in funzione, gli apparati ostili, uno stile di lavoro che non ammetteva riflessioni critiche, gente che era pronta a battersi fino alla morte per il privilegio, il ruolo, il potere. Il suo rapporto al XX Congresso fu ben più che il risultato di un intrigo di palazzo, fu un atto di alto coraggio civile. Io seppi di quel rapporto, come migliaia di altri quadri del partito, dopo qualche giorno, quando esso venne letto negli attivi di tutte le organizzazioni periferiche. Dopo cinque giorni le copie, rigorosamente numerate, vennero ritirate. Ne percepii con grande intensità tutto il significato. Esso infatti s'intrecciava con la vita dei miei cari, con le repressioni, la fame che aveva decimato la famiglia di mio padre, perfino con la mia memoria. Quando arrestarono mio nonno io avevo già otto anni. Ma ricordo anche che molti non credettero, non vollero credere, e altri - che sapevano - pensa- rono che, anche se era tutto vero, non se ne sarebbe dovuto parlare. I riformatori, tutti i riformatori, devono sapere in anticipo che incontreranno resistenza e che dovranno affrontare dei drammi. E' inevitabile, per definizione. Quando toccò a me cercai di tenerlo presente. Come Krusciov, all'inizio, anch'io pensavo che si poteva migliorare il sistema, correggerlo. Poi, non senza difficoltà, mi resi conto che invece bisognava cambiarlo. Ma il grande problema di tutti i riformatori, per lo meno di quelli che vogliono evitare tragedie e sangue, è che un Paese può essere riformato soltanto con il materiale umano che esiste, con il lavoro, l'impegno, l'intelligenza e i condizionamenti culturali degli uomini concreti che in quell'epoca vivono. Da qui la necessità, sempre, di un giudizio corretto sulle circostanze reali in cui i processi avvengono. Oggi è scontato che la condanna, formulata contro di lui al plenum dell'ottobre 1964, fu assolutamente non obiettiva, ingiusta. Avevano un solo scopo: liquidarlo. Non furono neppure in grado di seppellirlo dignitosamente. La memoria è spesso capricciosa, specie quando la si manipola. Molti ricordano di lui soltanto l'«epopea del granoturco», oppure come sbatté la sua scarpa sul tavolo delle Nazioni Unite, o ancora lo scontro con i pittori alla mostra al Maneggio. Tutto vero, naturalmente, ma era solo la superficie. Al di sotto c'era una profondità umana e politica molto complessa. La storia non dimenticherà la denuncia di Krusciov del «culto della personalità», anche se la spiegazione del totalitarismo non poteva ridursi alle deformazioni caratteriali del dittatore. Anche se erano trasparenti i calcoli politici di Krusciov, il quale, prendendo l'iniziativa per primo, intendeva bloccare i concorrenti, Molotov, Malenkov, Kaganovic, Voroscilov, che con lui avevano costituito l'entourage più vicino al dittatore. Ma le conseguenze della critica a Stalin furono immense. Il totalitarismo fu colpito in profondità, si aprirono speranze di riforma in tutta la vita del Paese, tornarono dai campi milioni di reclusi innocenti. Krusciov non volle e non potè approfondire l'analisi del totalitarismo perché ciò avrebbe richiesto il superamento degli stereotipi su cui si fondava la sua fede. Restò a metà strada. E il processo di democratizzazione che egli stesso aveva avviato fu bloccato al suo inizio. Anche la sua politica estera fu contraddittoria. E per le stesse ragioni. La «coesistenza pacifica» fu il primo tentativo di stabilire rapporti con l'esterno, ma Krusciov rimase convinto di poter «seppellire» il capitalismo, anche se non più con la forza bensì con la «superiorità del socialismo». Io stesso fui tra quelli che al XXII Congresso votarono un programma che prevedeva il superamento dell'America entro il 1980. Ci credevamo. Da un lato nuove aperture e realismo, dall'altro la dura repressione della rivolta ungherese, la crisi dei missili a Cuba, la rissa con i cinesi. In tutte le peripezie della politica interna ed estera dell'Urss di quel periodo agirono non solo il livello di comprensione dei problemi che aveva Krusciov, ma anche la potenza dei condizionamenti cui egli fu sottoposto e con i quali non poteva evitare di confrontarsi. Egli mai avrebbe pensato di rinunciare al ruolo dirigente del partito. Era un concetto al di fuori della sua portata. Eppure comprese la necessità di indebolire quel monopolio che dominava tutto e tutti. Lo tentò com'era nel suo stile, con decisioni spesso improvvisate. E fu questa una delle ragioni della sua sconfitta finale. Pensò di poter imporre al sistema di lavorare usando i metodi di quel sistema. Le analogie sono sempre azzardate, eppure viene spontaneo il confronto con Pietro il Grande, che cercò di combattere con mezzi barbari la barbarie della Russia. Non poteva funzionare. Non funzionò nemmeno con Nikita Krusciov. La lezione del suo coraggio e dei suoi errori è valida anche oggi Mikhail Gorbaciov

Luoghi citati: America, Cuba, Russia, Urss