Il presidente con la mano in tasca

Il presidente con la mano in tasca Il presidente con la mano in tasca Scognamiglio, stile casual e polso duro IL PROFESSORE PLAY BOY IROMA L presidente, dunque, con la mano in tasca. Molto televisivo, e anche studiatamente spontaneo, e accortamente di scena, quale gesto di assoluta novità che alla fine di un pomeriggio politico da cardiopalma s'è lasciato rimirare sul seggio più alto di Palazzo Madama. Gesto perfino coraggioso, se si vuole, nel suo narcisismo casual. Anche se poi nel caso di Carlo Scognamiglio la mano in tasca non evocava sudori da asciugare, o toccamenti di amuleti, o peggio. Pare che la fatale postura, come d'altronde si può verificare osservando tante réclames di abiti di gran sartoria, sia la prima ad esser insegnata agli indossatori. Ora, senza alcuna volontà di essere irriguardosi con la seconda carica dello Stato, e lungi dall'idea di impiccare il professor Scognamiglio, la sua sfolgorante carriera, la sua difficile vittoria, quel suo discorso in cui promette di modificare i regolamenti e lascia intendere chi comanda adesso a Palazzo Madama, a un particolare di così fatua irrilevanza, ecco, forse quella mano in tasca nell'esordio presidenziale, quella scelta di eleganza un po' birbona, di controllato disincanto, di nessuna solennità senatoriale dicono più di tanti discorsi rituali. E ancora di più, dicono, se solo si pensa alla baraonda da stadio scatenatasi qualche minuto prima attorno al candidato vincente e sballottolato, di cui a un certo punto s'era notata solo la chioma svolazzante e gli occhi di chi voleva dire: «Ohi, calma, insomma, giù le mani!». E tutti lì, infatti, i vincitori scalmanati, congestionati, a toccarselo, abbracciarselo, strofinarselo, «Cesarono» Previti che l'aveva quasi immobilizzato, il «texano» Speroni che incurvatosi puntava minacciosamente sulla coscia neopresidenziale rivelando l'idea di un inedito sollevamento trionfale in aula... Tutto questo, figurarsi, a Carlino: cosi «signore», così professore, cosi riserva- to e per-favore-teniamo-le-distanze. Lui, che in questi terribili due giorni era riuscito a dare un bel saggio di imperturbabilità, senza scivoloni e maramalderie. Nemmeno quando gli avversari avevano cominciato a fargli circolare nel salone Garibaldi la fotocopia di un libro del 1989 scritto a quattro mani con Gianni De Michelis e intitolato scherzetti della vanità - «Come guidare l'Italia nei Duemila». Nemmeno quando per ben tre volte di seguito, in tre diverse occasioni nel giro di qualche ora l'hanno applaudito come vincitore, e invece non era vero, o non era ancora vero. Così, è probabile che anche i suoi nervi saldi finiscano per entrare nella fenomenologia massmediologica del personaggio, insieme con la prima barba bianca post-scalfariana (a proposito della quale, si può aggiungere, tollerata dal Berlusca che pare odi i barbudos), la erre moscia, la passione per la vela e lo sci, per il canto e il ballo (inaugurando l'ameno rischio che la seconda carica dello Stato sia presentata come un'autorità che canta e balla) e questa faccenda irresistibile delle tre mogli (e che mogli!) di cui la prima - come si nota con scientifica regolarità - è stata anche la moglie di Martelli, e l'elezione saranno suonate si¬ rene alle orecchie dell'incolpevole Martelli prima, durante e dopo l'elezione di Carlino. Eppure, a parte ogni insistitissimo automatismo giornalistico, pure la complessa storia coniugale del presidente segna una rottura netta con il passato. E se sul piano personale ne rivela, nel migliore dei casi, lo charme, dal punto di vista della vita pubblica indica la legittimità di un nuovo costume enormemente laico e consente anche un'interpretazione meno scontata e retriva del polo delle libertà. Vero è che ieri mattina, in quella sarabanda di messaggi e contro-messaggi semplificati che è diventata la politica giocata con altri mezzi, le tre mogli sono state sostituite o riequilibrate dalla visita - anche in sala stampa - dei due piccoli (9 e 12 anni) figli del presidente in car ne ed ossa. Tuttavia, anche se fosse una truce pensata stile Fininvest, c'è da dire che il personaggio c'è già, e non ha bisogno di mezzucci d'immagine. E pa radossalmente, oltre che con un po' di buona volontà, forse sa rebbe potuto anche essere un buon candidato della sinistra. Invece, ieri e ieri l'altro, Sco gnamiglio è stato spesso a brac cetto di «Cesarone» e - anche qui si avverte una rottura di consuetudini e, se proprio si vuole, di ipocrisie con il passato - se n'è andato più di una volta a casa del Cavaliere. Più che sceglierlo e candidarlo alla presidenza del Senato, si può dire che Forza Italia l'ha riconosciuto con lungi miranza come uno dei modelli di una possibile Italia berlusconia na: giovane (neanche 50 anni), portatore di competenze anche tecniche, ma non del tutto estra neo alla politica, bello, sportivo, fascinoso e soprattutto vincente Una vita di semafori verdi, un archetipo di ottimismo signorile, sobrio, rassicurante. Un playboy serio e consapevole delle sue virtù. Anche duro, se occorre. Di quelli che quando si tratta di parlare per la prima volta di fronte al Senato, si met tono la mano in tasca e comin ciano. Filippo CeccareHi Tre mogli, due figli e un libro scritto nel 1989 con l'ex ministro Gianni De Michelis Ama lo sci e il ballo Sopra al titolo: mano in tasca, il neopresidente del Senato Carlo Scognamiglio pronuncia il suo discorso. Nell'altra foto: congratulazioni dopo il voto Qui accanto, il sen. Previti

Persone citate: Carlo Scognamiglio, Cesarone, Gianni De Michelis, Previti, Scognamiglio

Luoghi citati: Carlino, Italia