Adesso tocca al governo di Alberto Rapisarda

I candidati del Polo sono stati eletti presidenti delle due Camere I candidati del Polo sono stati eletti presidenti delle due Camere Adesso tocca al governo Ciampi lascia, Berlusconi cerca alleati ROMA. E ora avanti col governo e caccia grossa ai 31 senatori del partite popolare, ambiti e sospirati alleati (al momento riluttanti) per conquistare anche a Palazzo Madama la maggioranza per dare la fiducia al suo probabile futuro governo. Berlusconi ha incassato la duplice vittoria delle presidenze di Camera e Senato: Irene Pivetti eletta a larga maggioranza a Montecitorio; e riuscendo nel miracolo di trovare a Palazzo Madama quel voto in più per far passare Carlo Scognamiglio. Ma le difficoltà non sono finite. Deve allargare la maggioranza (ma i popolari già dicono che non gli daranno la fiducia), deve scegliere i ministri e, soprattutto, deve ricevere l'incarico da Scalfaro. Non sembra dubbio che il Presidente della Repubblica darà proprio a Berlusconi, tra una quindicina di giorni (dopo il 25 aprile), l'incarico di formare il governo. Ma Berlusconi dovrà mettere nel conto un'attenzione ancor maggiore da parte del Capo dello Stato nella selezione dei ministri. La sconfitta di Spadolini da parte di Scognamiglio alla presidenza del Senato (contro quelle che erano considerate le speranze di Scalfaro) lascia ora il Capo dello Stato più solo in mezzo a vertici istituzionali del tutte nuovi con personaggi a lui, probabilmente, quasi del tutto sconosciuti. E il modo in cui i partiti della maggioranza hanno parlato di possibili elezioni anticipate come una minaccia contro i senatori se non avessero votato per Scognamiglio ha provocato una dura reazione del Quirinale. Così, all'apertura delle votazioni, Berlusconi, Fini, Maroni, che avevano parlato del possibile scioglimento di tutte le Camere o solo del Senato, si son trovati davanti ad un fermo comunicato che li invitava a non invadere campi che non sono di loro competenza: «Negli ambienti del Quirinale si ritiene opportuno che minacciare scioglimenti parziali o totali del Parlamento costituisce grave scorrettezza perché invade competenze che la Costituzione riserva al Capo dello Stato, si risolve in una indebita pressione sulla libertà di voti dei parlamentari e finisce per disattendere la volontà popolare che si è appena espressa». Un altolà davanti al quale Berlusconi e Fini hanno fatto buon viso mentre il leghista Maroni ha risposto invitando Scalfaro a dimettersi: «Ho detto e ripeto quello che abbiamo sempre pensato sul Quirinale». Reazione umorale che ha messo in imba¬ razzo il capo della Lega, Bossi, conscio che ora la chiave dell'evoluzione politica è nelle mani proprio del Presidente della Repubblica. «E' presto per pensare a questo - ha precisato Bossi -. Il Paese è spaventato da cambiamenti troppo rapidi». Quindi nella maggioranza nessuno ha intenzione di mettere in discussione il Presidente della Repubblica. Una precisazione importante che arriva alla vigilia del secondo tempo della partita di Berlusconi. Carlo Azeglio Ciampi ha già dato le dimissioni, ieri sera, salendo al Quirinale dopo che erano andati a presentarsi al Capo dello Stato i neopresidenti delle Camere, Scognamiglio e Pivetti. Da martedì Berlusconi comincerà a discutere con i suoi alleati la scelta dei ministri mentre continuerà a corteggiare i senatori del partito popolare. E' questo il problema che assilla al momento l'on. Berlusconi, il quale ha una ferma idea in proposito: «Io credo che si debba assolutamente aprire il dialogo con altre forze politiche, in primis con il partito popolare». Preme al centro il capo di Forza Italia, sia per allargare la sua maggioranza, sia per prendere parzialmente le distanze dai suoi ingombranti alleati di destra e leghisti. Operazione obbligata al Senato, ma anche delicata, alla quale gli alleati guardano senza eccessivo entusiamo. «Fa bene ad aprire e non sarò certo io ad ostacolarlo. Non può nascere un governo con la fiducia di una sola Camera - premette Fini, segretario di Alleanza nazionale -, Ma io non sono ottimista. Pensate che il partito popolare ci stia ad un accordo anche con noi e la Lega? Io no. Comunque, il problema è di Berlusconi...». Fredda anche la Lega: «Per me per allargare la maggioranza al Senato bisogna rivolgersi a Rifondazione comunista», risponde Bossi, buttandola in ridere. Alberto Rapisarda

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