T'amo pio bove, ovvero t'odio empia vacca di Giampaolo Dossena
T'amo pio bove, ovvero t'odio empia vacca T'amo pio bove, ovvero t'odio empia vacca Come demolire gioiosamente i miti provando gustose vendette Così «la nebbia agli irti colli» può diventare «la visibilità alle ravviate pianure» I essere cattivi - dev'essere il pensiero dominante di Giampaolo Dossena - non si I sbaglia mai. Dossena, fra i I frequentatori della repubblica letteraria, non è un cattivo qualunque. Dossena è la cattiveria. E' il noùmeno de! malpensare. L'epifania del sadismo. Contro i nuovi indirizzi pedagogici, che ovviamente detesta, Dossena rimpiange l'uso dello studio a memoria. E cosa dovrebbero studiare a memoria, quei poveri ragazzi che ascoltano Jovanotti e pensano alla gita in motorino? «Il bove» di Carducci. Sì, proprio quello, che i pedagogisti della sua infanzia, altrettanto odiati, ma sotto opposto segno, lo hanno costretto a recitare, sui banchi del ginnasio: «T'amo, o pio bove; e mite un sentimento...» Olio di ricino, per i palati di allora; e figuriamoci oggi. Era olio di ricino anche per lui. Ma senza un po' di pessimo gusto, senza una dose quotidiana di kitsch, che cosa sarebbe la nostra vita? «0 che al giogo inchinandoti contento...»: versi tetri, nella loro bruttezza; spaventosi, nel loro significato. Al giogo, dovevano gridare, inchinandosi chissà quanto contenti, gli alunni di quelle scuole. Ma Dossena è derisorio, non autopunitivo; sadico, non masochista. Sa che c'è il seme della vendetta, nel peggiore oltraggio subito, il verme è già li, occultato nella mela. A 40 anni da quelle letture, giorno verrà, tornerà giorno in cui (Alfieri) arriverà la posta e gli porterà un sonetto che inizia con «T'odio empia vacca». Gioia, liberazione. Dossena in quel periodo (1983) cura la rubrica giochi per Tuttolibri e ha già ospitato nella pagina la poesia di un non meglio identificato Mario Zaverio Rossi (personaggio cattivo quanto lui) che comincia con «L'eccellente visibilità alle ravviate pianure». E' una poesia dove ogni parola è il contrario di un'altra, calco rovesciato di un famoso originale. E l'originale, per chi ha la pazienza di ricostruirlo, risulta «La nebbia agli irti colli», il San Martino dell'eterno Giosuè. «T'odio empia vacca» ha lo stesso meccanismo, ma l'autore è ben identificabile. E' Sebastiano Vassalli, che nel «divino del pian silenzio verde» ci vive davvero, e non ne sopporta la retorica. Per questo lo gira in «l'umanissima del mondo voce rossa». Dossena gode, pubblica subito. Ma se il vecchio ginnasiale è cattivo, deve fare con coerenza, magari con dolore, il proprio mestiere fino in fondo. Dossena non è un dilettante della cattiveria; è un professionista. E dopo Carducci ci sono tanti altri birilli da buttar giù. Quei pedagogisti Anni 30, ai ragazzi, non hanno fatto studiare solo il ruminante dalla larga narice umida e nera. Crudeli sì, ma non ebeti. Nel repertorio c'erano anche Leopardi, Manzoni, Pascoli. Che importa al Grande Dissacratore? Giù dagli altari. E D'Annunzio? Giù. Ungaretti, Montale, Quasimodo? Con l'aiuto dei suoi lettori, li butta giù tutti. Per settimane la pagina di ■.:.■■■■ ■. . ::■: ■ '■: .:■:■■:■:■: :■:■:-:-:■:-.■:-.■.■■--■: Tuttolibri campa con il gioco delle poesie capovolte. Dossena le raccoglie ora in un delizioso volumetto Rizzoli, a giorni in libreria, che proprio dal «T'odio empia vacca» prende il titolo. Libro da giocare, prima che da leggere. Chi si nasconde dietro «La modellista è in metropolitana»? Un piccolo sforzo, su. E' «la donzelletta vien dalla campagna», che «posa ai piedi / un campioncin di cuoio e di pellame». E che è il Fiume Ob scoperto da Salve Valtingojer in una traditrice Siberia? E' Rio Bo di Palazzeschi. E quale trappola si annida nell'incipit «Signor Tristano, in qualche alt.-o momento» di Corrado Vanni? Il titolo, «Il signor Tristano ovvero la tristezza» dovrebbe mettere sul¬ l'avviso. Ma sì, «la signorina Felicita ovvero la felicità» di Gozzano, che infatti inizia con «Signorina Felicita, a quest'ora...». Alcuni di questi pezzi hanno una loro forza intrinseca, il gioco si chiude nella esattezza del cerchio. Come ((Albeggiare rossastro e svagato» di Roberto Morraglia sul «Meriggiare pallido e assorto» di
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