CORPO A CORPO CON LE PAROLE

CORPO A CORPO CON LE PAROLE CORPO A CORPO CON LE PAROLE La Duras si confessa AL «Perché scrivete?», lanciato provocatoriamente da un'inchiesta di «letterature», nel 1919, mentre Valéry laconicamente confessava: «Per debolezza» e Radiguet dichiarava il piacere di un gesto senza motivo, Gide, che distingueva tra chi intende la letteratura come scopo e chi la considera un mezzo, stando al gioco rispondeva che lo faceva perché aveva una «buona penna». Per i detrattori di Marguerite Duras, potrebbe essere questa la ragione del flusso ininterrotto di romanzi, sceneggiature e pièces con cui da anni la superstar della letteratura, che il 4 aprile ha compiuto 80 anni, seguita imperterrita a proporsi sul mercato editoriale di mezzo mondo, incurante perfino di una biografia dissacrante come Lepoids de laplume di Fréderique Lebelley, recentemente pubblicata da Grasset. «Pensi soltanto a scrivere» le aveva consigliato Raymond Quenau all'inizio degli Anni Sessanta e lei per dieci anni non fece altro. Rintanata a Neauphle-le-Chàteau, in una casa di paese affacciata su un parco millenario con uno stagno, si abbandonò alla follia della scrittura che l'ha salvata dallo sprofondo della disperazione. Scrittura come terapia? Non proprio. Benché Duras non abbia una risposta al Perché si scrive e al Come mai non si scrive, per lei dare voce a una sorta di vulcano interiore non avrebbe potuto prescindere dal praticare e maneggiare la lingua. L'ha spiegato davanti a una telecamera, raccontando quei dieci anni di solitudine al limite della pazzia, e d'altronde lo testimonia il suo stile ormai inconfondibile: forma rigorosa, caratterizzata da una sintassi spoglia, ma magistralmente adattata a ondulazioni melodiche, prodigiosi accordi e crescendo, vocabolario ricco di assonanze e di aggettivi essenzialmente visivi. Ora, col titolo Sctivere, il testo di quel documentario che sul filo delle sue parole fissava scorci di giardino, spazi della casa e penombre, esce da Feltrinelli nella trduzione di Leonella Prato Caruso (pp. 104, L. 15.000), a pochi mesi di distanza da Yann Andrea Steiner, ennesimo, suggestivo racconto sull'amore. Scrivere nasce da un dubbio profondo, selvaggio e così insopportabile da poter essere placato soltanto accettando la «solitudine reale del corpo che diventa essenza inviolabile dello scritto» - confessa la scrittrice che svela anche le sue abitu¬ dialogo sulla città tra Duras e uno sconosciuto, sullo sfondo di Piazza Navona; Il numero puro, divagazioni tra letteratura, politica e religione. Ma se Scrivere propone un metodo di scrittura che ricalca il parlato, Yann Andrea Steiner pare l'apice della scritturaesplorazione di Duras. E' l'estate del 1980, a Trouville, Bretagna. Yann Andrea Steiner, un bretone allampanato d'una trentina d'anni che da mesi l'ha tempestata invano di lettere, un mattino di luglio le si è presentato al residence Les rochers Noirs, con una sacca nera in spalla e in mano un ombrello cinese di tela azzurra. Nonostante i suoi 66 anni, Duras ha spiato il suo arrivo emozionata come un'adolescente e, spavalda, sfoggia il suo solito look da sessantottina attardata. Imbarazzo, emozione, preliminari di una conversazione che s'avvia parlando di libri, di scrittura e di Roland Barthes, «brillante autore - dice lei - che rappresenta il falso dello scrivere». L'ospite viene invitato a passa¬ dini propiziatorie come l'immancabile bottiglia di whisky, un pressoché introvabile inchiostro nero, lo stesso tavolo e la stessa sedia davanti alla stessa finestra, oltre al silenzio di una casa così amata da diventare un guscio protettivo. «Un libro è l'ignoto... che avanza verso il proprio destino e quello dell'autore» - aggiunge mentre, descrivendo il luogo, ricordando le paure notturne o qualche elemento dei suoi libri, rivelando che le grandi letture della sua vita sono firmate da uomini (Michelet, «fino alle lacrime», Stendhal e L'Antico Testamento), costruisce frammentariamente un racconto che risulta un'esemplificazione di quanto va dicendo. Ossia che scrivere un libro non presuppone né ispirazione, né progetto, ma abbandono e passione per un'avventura attraverso l'ignoto dei meccanismi mentali. A confermarlo, sono le trascrizioni di altre narrazioni orali filmate che compongono il volumetto, e cioè II giovane aviatore inglese, tentativo di coagulare in racconto gli elementi sparsi di un episodio di pietà civile; Roma, La scrittrice, 80 anni, racconta le sue passioni: scrivere e amare re la notte e in capo a qualche giorno il dialogo si fa tanto serrato, intimo e indispensabile che i due diventano amanti. Comincia così, l'ultima e tuttora viva passione di Marguerite. Molti anni dopo, il ricordo di quell'incontro le ha fornito lo spunto per un altro dei suoi magistrali livres sur rien, testi che di associazione in associazione si autogenerano a partire da un aneddoto o da un episodio esile che funziona da centro di irradiazione per la folie dello scrittore-réveur come diceva Flaubert. In Yann Andrea Steiner, il motivo centrale è, come sempre, amoroso, ma chi s'aspettasse i particolari scabrosi del consueto eros durassiano resterebbe deluso. L'erotismo, appena dichiarato da un «abbiamo fatto l'amore... Mi hai detto che avevo un corpo terribilmente giovane», viene infatti tutto sublimato nell'affabulazione. Il va et vient dei corpi è infatti piuttosto rappresentato da una continua conversazione, direttamente espressa o in sottofondo, che serve a tessere un racconto ambiguo e frammentario, ma di grande suggestione proprio per le sue incoerenze. Ecco allora, per la sollecitazione di lui, la ricostruzione della storia di Theodora Kats, la giovane ebrea inglese tutta vestita di bianco che in una stazione tedesca aspetta invano «il treno della vergogna». Ed ecco, riflessa come in uno specchio, la loro relazione «impossibile» doppiata dalla coppia bambinotriste della colonia e giovanissima sorvegliante, di cui entrambi osservando i movimenti sulla spiaggia, immaginano desideri e sentimenti. Di qui, l'evocazione di un piccolo orfano di Danzica. Che si tratti dell'esperienza di Yann, che la sorvegliante ma non sarebbe stato meglio tradurre vigilàtrice? - sia una Marguerite maieuta che lo aiuta a far luce sul passato rimosso, poco importa. E' la storia che costruiscono insieme che si apre su altre storie - la favola dello Squalo-sistema; il racconto di una famiglia distrutta dall'orrore nazista; un idillio amoroso il cui appagamento viene differito - a costituire il tessuto privilegiato da sempre: l'avventura della comunicazione, l'amore come forza di fecondazione sentimentale e intellettuale che moltiplica l'attività interiore. Si può raccontare a due voci ci dice Duras in Scrivere -, non si può scrivere a due mani, perché la scrittura è conquista del «diritto di dire» attraverso quelle regole elementari che sono l'ortografia e il senso. Del suo sperimentare nel tempo varie forme di destrutturazione del racconto tradizionale fino ad approdare ad una specie di metodo di «produzione» letteraria, Yann Andrea Steiner rappresenta un approdo tra i più affascinanti: narrazione in prima persona, dialogo, descrizione, frammenti poetici si alternano in questo texte-poème ritmato da scarti tra presente e passato, silenzi, andatura melodica, simboli e immagini, atmosfera rarefatta. Inconfondibile, come ormai il look, è insomma la griffe di M.D. Superstar. Ma il suo procedimento così perfezionato e reiterato non ha finito per riprodurre una retorica che è menzogna proprio come quella che si era promessa di denunciare? Paola Decina Lombardi

Luoghi citati: Danzica, Roma