SILVIO NEGRO RITORNO A CASA di Giovanni TesioSilvio Negro

SILVIO NEGRO RITORNO A CASA SILVIO NEGRO RITORNO A CASA // vaticanista e lltalia contadina CI ritroveremo forse un giorno a contare con nostalgia sui libri che non siano per tutti? Libri per lettori speciali, capaci di entrare nelle pieghe di un'esperienza che sappia ancora di vita? Il libro di Silvio Negro, La stella boara, sembrerebbe fatto per questo. Neri Pozza 10 ristampa a trent'anni esatti dalla prima edizione pubblicata postuma (l'autore era morto cinque anni prima), e c'è a corredarlo l'affettuosa recensione di Dino Buzzati che apparve prontamente sul «Corriere della Sera». Negro non era scrittore nel senso corrente del termine, faceva lo storico, il vaticanista, il giornalista e nelle more del suo lavoro appuntava piuttosto pensieri, riflessioni, aforismi, che alla sua morte furono trovati nei cassetti. Nativo di Chiampo, nel Vicentino, veniva annotando su fogli volanti il rimpianto senza le lacrime per una civiltà perduta. Aveva fatto la prima guerra mondiale, attraversato il fascismo, era approdato al secondo dopoguerra, sempre diffidente delle ideologie e degli schieramenti contrapposti, prudente, scabro, onesto. Negro rievoca l'origine contadina, in cui cerca umori attuali e caratteriali, celebra con pudore e controllo estremi, di parole e di concetti, la piccola patria vicentina a cui non brama affatto di tornare. E' contraddittorio? Per nulla. A Chiampo non avrebbe più sentito gli uccelli cantare nella notte, non avrebbe più trovato l'erba medicamentosa con cui il padre lo aveva fatto guarire. Meglio allora sentire 11 profumo di paese attraverso le poesie del poeta indigeno più noto, Giacomo Zanella: fi fischio del trecce, il fiorrancio pascoliano, il colore di una nuova stagione, il suono delle campane che solo vengono di là. Come viene di là la stella del mattino a cui il titolo allude: Venere che desta la stalla e alla cui luce la vecchia madre si leva dal letto per andare alla prima messa. Lui ormai sa di essere un uomo di città e sa che non saprebbe vivere lontano da Roma, dove è approdato per i casi della vita; dove non smette però di cercare le tracce dei passaggi rustici, incantandosi alla vista di una greggia miracolosa, oppure scoprendo, proprio come l'Ungaretti della «terra promessa», la persistenza del mito e della «preistoria silvestre» che ancora resistono negli anfratti romani. Motivo conduttore del libro è la complessità della vita, la sua realtà beffarda, «meravigliosamente varia», non spiegabile se non con una grammatica che ammetta eccezioni, proprio come testimoniamo i contadini di un paese che forse non c'è più, dotati di un'ironia laconica e vera: «Charlot risultò sesto al concorso degli imitatori di Charlot al quale aveva trovato modo di partecipare senza farsi conoscere». In un continuo andirivieni tra campagna e città, tra realtà e memoria Negro (o il suo io che narra) cerca un altro continuo da sé, registrando come un kafkiano minore le variazioni poetiche delle sue ossessioni: «Questa città tante volte percorsa di notte ad incontrare fantasmi. Incontravo la mia solitudine ed essa mi faceva compagnia, ragionando con me come un amico». Giovanni Tesio Silvio Negro La stella boara Neh Pozza pp. 143, L. 18.000 FILOSOFIA UMANISTICA O MARINO

Persone citate: Dino Buzzati, Giacomo Zanella, Negro, Neri Pozza, Silvio Negro, Ungaretti

Luoghi citati: Chiampo, Roma