Senato parte la riscossa di Spadolini di Massimo Gramellini

Dopo i partiti di opposizione, convergono sulla sua candidatura anche i senatori a vita Dopo i partiti di opposizione, convergono sulla sua candidatura anche i senatori a vita Senato, parte la riscossa di Spadolini «Da Berlusconi, prima promesse, poi silenzio» Valiani e Taviani Fanfani e Cossiga la grande rete dei padri della Repubblica ROMA. E' stata una buona giornata di pesca, senatore. E adesso, vada pure a finire come vuole. Vinca Scognamiglio, sghignazzi Miglio, spunti dal cilindro berlusconiano l'inesorabile Cossiga. Nessuno potrà mai togliere a Giovanni Spadolini il ricordo di questo giovedì d'oro che col passare delle ore lo ha visto risorgere e tramutarsi: da monumento a simbolo, da reperto della prima Repubblica a leader d'opposizione della Seconda. Il bravo pescatore cala le reti all'alba e anche quelle di Spadolini, tessute con cura per tutta una vita, scivolano molto presto lungo le pareti di Palazzo Giustiniani ad avvolgere la capitale dormiente e l'Italia intera. I primi a venire a galla sono i senatori a vita. Gli anziani, si sa, hanno il sonno leggero e la memoria pesante. Comincia Carlo Bo, che esprime «solidarietà all'amico Spadolini, sottoposto in questi giorni ad attacchi vergognosi e senza precedenti, un gravissimo segno di scadimento del costume nazionale». Il Pescatore ringrazia e getta uno sguardo avvilito al tavolo di lavoro, dove è rimasta una fotocopia della smentita più imbarazzante e surreale della sua vita, provocata da un'allusione maligna del solito Speroni. Su carta intestata della presidenza del Senato, Spadolini è stato costretto a negare di aver mai telefonato all'attore Landò Buzzanca, amico di Fini, quello che nella tv degli Anni 70 diceva sempre «mi vien che ridere», accompagnando la frase con un saltino poi copiato da Bossi. Un accostamento «spaventosamente ridicolo», come lo definirà di lì a poco il mortificatissimo Buzzanca. E' un incubo che evapora con le prime ore del mattino, soffocato dalla grande rete stesaceli sole dai padri della Repubblica. A trascinarla, adesso, è l'indomito Leo Valiani: «Sono vecchio e malato, ma vengo apposta da Milano per poter contribuire all'elezione di Giovanni Spadolini». Segue un «caloroso appello ai colleghi» perché facciano come lui e votino il presidente uscente «che onora la cultura italiana e dà le massime garanzie di fedeltà alla democrazia». L'invito di Valiani tira giù dal letto gli ultimi senatorissimi: arrivano le disponibilità di Taviani e Fanfani. Quella di Cossiga, sincera o tattica, chissà, era piombata già mercoledì. Neanche Bobbio intende rinunciare a Spadolini, e neppure Gianni Agnelli, benché legato da un'antica parentela con il candidato della maggioranza Scognamiglio, ex genero di sua sorella Susanna. Il Pescatore sorride, col telefono rovente fra le mani. Un telefono che è entrato nelle case di tanti padri nobili, ma non non ha mai fatto il numero di Andreotti e nemmeno quello di Leone. Le ore passano, Scognamiglio è designato, la situazione si ingarbuglia. La situazione, ma non la rete. Quella dipana le sue maglie senza strappi né nodi. Dietro i se- natori a vita, cominciano a spuntare i partiti del Centro e di Sinistra. E' Mario Segni a dimenticare per una volta la prudenza e a fare il nome di Spadolini. Si accoda Occhetto, senza nominarlo. «Non lo voglio bruciare». E la rete si allunga. Ecco i popolari, con Castagneti e Nicola Mancino. E il sudtirolese Roland Riz, che molti invece davano dalla parte di Berlusconi. E' lui a prendere l'iniziativa di un incontro collegiale per far digerire Spadolini a tutti, come presidente di un Senato dove nessuno ha la maggioranza, neanche i vincitori. Arrivano i missini, gli italoforzuti del Berlusca e an¬ che Speroni da Busto Arsizio, trafelato. Inutile: la Destra nicchia e lascia come al solito alla Lega il compito di rompere: «Se soluzione istituzionale vuol dire che resta chi c'era prima, noi non ci stiamo», chiude Speroni con la consueta vigoria. Poco prima aveva detto: «Se dovessi votare Spadolini, sarei disgustato». Ma Riz non si arrende: «La maggioranza non ha la maggioranza. Quindi il loro nome non può passare, ci vuole una candidatura istituzionale. Spadolini». Il Pescatore osserva la rete e tace. Parlerà oggi, ha promesso una dichiarazione «ferma e breve». Intorno a lui, intanto, aumentano i sorrisi. E, certo, le telefonate. Berlusconi non si fa vivo da mercoledì. Ha chiamato promettendo un ulteriore sforzo per convincere gli alleati. Poi è sparito. Fra i collaboratori del Pescatore non è molto popol?"9: «Quella della Destra è una spartizione indegna e imperdonabile», dicono. E raccontano di uno Spadolini che non ha paura di perdere ma ha di nuovo una voglia matta di combattere. I numeri lo confortano. Da Segni a Rifondazione, si sta riformando lo schieramento che a Trieste ha eletto al Senato lo scrittore Claudio Magris, un altro ami¬ co che Spadolini si ritrova accanto in queste ore. Si fa la conta dei voti. Anche a sinistra il pieno non è assicurato. L'orlandiano Carmine Mancuso, ad esempio, ha già fatto sapere che non lo voterà. E gli uomini di Spadolini non trascurano la capacità persuasiva di Berlusconi nel reclutare voti alla causa della Destra. Ma il Pescatore, dicono i suoi, sta già guardando più lontano: «A questo punto, al di là dell'elezione, gli interessa diventare qualcosa di più: il leader dell'opposizione morale a questo sistema». Massimo Gramellini Giovanni Spadolini presidente del Senato uscente Potrebbe essere riconfermato con i voti della BOBBIO Il professor Carlo Scognamiglio candidato alla presidenza del Senato li

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