La coetanea che balla in tv e i banditi-eroi che giunsero di notte

La coetanea che balla in tv e i banditi-eroi che giunsero di notte La coetanea che balla in tv e i banditi-eroi che giunsero di notte narli sulle colline di Lanzo dove trucidarli e seppellirli in una fossa comune. Si parlò allora di pronta risposta alla fucilazione dei partigiani di Caluso, e si dette così giustificazione politica all'uccisione di un ex ufficiale della guerra '15-18 e di ex appartenenti al partito nazionale fascista (d'obbligo nell'Italia degli Anni 30), ma non alla più recente repubblica sociale italiana. Purtroppo la mai sufficientemente vituperata cortina della cultura ufficiale ha ancora vietato di accomunare nel dolore (e nell'ignominia) fatti che, se fossero stati ricordati insieme, veramente avrebbero potuto diventare un messaggio di libertà. Filippo Rossi Comune, podestà e topi del formaggio Ma è possibile che si arrivi a tanta grettezza? C'è un ex-magistrato, un uomo politico, che ha dichiarato da anni guerra alla mafia e che ha dimostrato con i fatti la sua coerenza. E c'è un piccolo, meschino gruppo di concittadini che accecati dallo spirito di bottega vogliono lasciarlo in prima linea, da solo. Evidentemente (e per fortuna) la mafia non li taglieggia, nei loro locali non entrano uomini d'onore a chiedere «il pizzo». A loro, magari, la mafia «non risulta»: ma son sicuro che nella malaugurata ipotesi in un cui avessero i tentacoli della piovra attorno al collo, sarebbero i primi a lamentarsi e dire che «lo Stato non fa niente». Ma lo Stato siamo tutti noi! Ed è la gente così, diventata maggioranza, a trasformare «lo Stato», la Repubblica, cioè la «res publica», la cosa pubblica, in quello che è diventata, accozzaglia di interessi particolari. Questi piccoli, piccolissimi RISPONDE 0.d.B. ognati mille mati tombola della festa del patrono, la cuccagna della saga della polenta, la lotteria in occasione del raduno degli alpini. Vai al bar e ti propongono un cesto grondante bottiglie se firmerai il tuo numero nella ruota di Roma, vai dal benzinaio e vinci un milione di dollari, ti rechi al supermercato e nell'acquisto del tre per due troverai, forse, un'isola meravigliosa sotto il tappo della Coca Cola. Tutta la nostra vita è diventata un pullulare di lotterie, di sisal, di totip, di terni al lotto, di quiz. Lo Stato, che da un lato proibisce il gioco d'azzardo perché minaccia l'incolumità dei nostri averi, dall'altro lo istituisce per raggranellare sempre più soldi con cui cercare di riempire i buchi sempre più fitti del suo colabrodo-bilancio. Forse perché "La pappa condita / cogli ambi sognati / sostenta la vita / di mille affamati..." (G. Giusti, Apologia del lotto), lo Stato ha trovato anche questa via per spremere e dilatare la circonferenza della nostra immaginazione. Ultimo in ordine di tempo viene istituito il gioco del "Gratta e vinci"...». La sua lettera continua, gentile professore, ma lo spazio manca. A ogni modo siamo già d'accordo. Il quiz è andato al potere. Su La Stampa del 2/4/1994, rispondendo al lettore Ciro Pozzi di Milano che si chiedeva se gli italiani fossero dei voltagabbana per come hanno votato in queste elezioni, lei li ha definiti, invece, «un popolo di sognatori». Meglio così che, come qualcuno spera di vederli ritornare a essere, «un popolo di santi, di navigatori e di poeti». Tuttavia, noi italiani esageriamo. Oddio, il sogno fa parte della vita e, nei migliori dei casi, il sogno diventa arte, poesia, ma l'importante è di non bruciare in esso tutte le nostre potenzialità ad agire concretamente... prof. Zeno Fortini, Urbino GENTILE professore, la discutibile definizione «un popolo di sognatori» era solo un tentativo di provare a vedere, nonostante tutto, un minimo di positività in un atteggiamento costante nel popolo a cui apparteniamo. Ma lei ha certamente ragione nel constatare che la nostra vita nazionale è troppo affidata o, più esattamente, abbandonata al sogno. «Bisogna vigilare perché, oltre al sogno, c'è la speculazione sul sogno che ormai arriva un po' da tutte le parti - lei scrive -. Dai giornali che, per vendere, istituiscono i "play" e i "superplay", chiamiamoli così, alle varie associazioni sportive e umanitarie che spuntano a miriadi ogni giorno con lotterie, giochi, mulinare di biglietti che offrono vistosi premi di macchine rombanti. Poi c'è la Ambi sdi maffa Nessuno pensa ai diritti dei cittadini La campagna elettorale ha avuto una comunicazione dai connotati prevalentemente economici: determinata, si vorrà dire, dal contingente. Non ha però toccato quella dei diritti propri dello «stato di diritto» e sempre contingenti, perché alla base anche di quelli economici: - il cittadino viene garantito contro lo strapotere dell'apparato amministrativo dipendente dal sovrano (o potere politico); - viene negato o limitato ogni privilegio legato alla «gens» (o titolo nobiliare, di censo, di casta o di lobby); - viene negata ogni giustificazione trascendente della sovranità (o diritto "divino" al potere o trasmissione di questo). E' diffusa la sensazione che queste garanzie siano state abbondantemente dimenticate dai poteri politico-amministrativi o riadattate mistificandone i contenuti; e quanti di quelli che se ne sono arrogantemente serviti sono pronti a riciclarsi nella cosiddetta 2a Repubblica. E' difficile abbandonare privilegi assunti con cariche di potere, resi assoluti in barba alle più elementari regole democratiche e di correttezza civile. Cosa dobbiamo pensare dell'omissione di questo dibattito? E' diventato sofisma? E perché, visto che i contenuti sono alla base di ogni democrazia, facilmente o intenzionalmente sottovalutati dai poteri che si susseguono e con ricadute ovviamente negative nella vita, anche quotidiana, dei cittadini comuni? Maria Iannelli, Roma Spadolini, le cure erano pubbliche Come tanti altri politici di alto rango, che, nel recente passato hanno avuto qualche problema di salute, neppure il presidente Spadolini, bisognoso di cure medico-chirurgiche, si è sottratto alla ormai consolidata regola che vuole i vip della politica ignorare, in siffatte situazioni, le strutture sanitarie pubbliche. L'ospedale targato Usi resta dunque privilegiato appannaggio della folla di comuni mortali, pagatori, per colmo di ironia, di tassa sulla salute e di contributi al servizio sanitario nazionale. Come narrano le cronache (La Stampa n. 69 dell' 11 marzo '94, pag. 5 ultima colonna), il senatore Spadolini, ricoverato in Roma al Celio (ospedale militare della capitale), è stato felicemente operato dal direttore della clinica chirurgica dell'università la Sapienza di Roma, prof. Giorgio Ribotta, assistito da alcuni suoi collaboratori. (Non me ne voglia l'on. Spadolini, gentiluomo di antico stampo, stimato, insigne studioso, al quale va, con avvertita deferenza, l'augurio più fervido e sentito di sollecita guarigione). Andrea Geraci, Savona Il presidente Spadolini, in ossequio al suo ruolo istituzionale, non si è avvalso di nessuna clinica privata per il suo recente intervento chirurgico e si è servito esclusivamente di strutture sanitarie pubbliche. L'ospedale del Celio, aperto per il trenta per cento ai civili (a tutti i civili), è struttura sanitaria pubblica. La clinica chirurgica dell'università di Roma fa parte del Policlinico, che è struttura sanitaria pubblica. Forse il presidente Spadolini avrebbe meritato un elogio, non un rimprovero. Claudio Lodici, Roma Segretario particolare del presidente Spadolini

Luoghi citati: Caluso, Italia, Milano, Roma, Savona