«Ora aspettiamo il Museo ci amava glielo dobbiamo»

«Questa città lo ha stregato con quell'aura che ritroviamo in Mann» «Questa città lo ha stregato con quell'aura che ritroviamo in Mann» Polemica in Laguna «Ora aspettiamo il Museo ci amava, glielo dobbiamo» ii nica il suo Wagner con un congresso internazionale, arricchito da una mostra dedicata a Tristano e Isotta a Ca' Vendramin-Calergi e da un Tristano e Isotta alla Fenice. «Un primo passo - dice Giuseppe Pugliese, presidente dell'Associazione Richard Wagner -. L'obiettivo è di giungere a un museo wagneriano. E' una vergogna che Venezia non l'abbia ancora costituito». «Sono favorevole al museo - dichiara Bruno Visentini, presidente della Fondazione Cini, che ospita il convegno -. Wagner è una mia passione». Ma perché Venezia attraeva tanto Wagner? Per tre motivi, secondo Quirino Principe, filosofo della musica, presente alle giornate wagneriane. Primo: le sue acque, fortemente simboliche. «L'acqua torbida - dice Principe - è l'inconscio, il mistero, la decadenza, ha qualcosa eli spettrale e di demoniaco. Rispecchia meglio dell'acqua limpida, accoglie la riflessione rivelatrice». Secondo: «Il fatto che nell'800 Venezia sia una città decaduta, la pone fuori dalla storia, la fa diventare VENEZIA ii NA notte un Wagner insonne uscì alle tre sul balcone di palazzo Giustiniani e nel silenzio udì un «rauco lamento». Un'altra voce rispose. I gondolieri. Un «dialogo malinconico» che lo commosse. E un'altra notte, sul Canal Grande, sorse improvvisa la luna e il gondoliere emise «dal profondo del suo petto una specie di lamento che si gonfiò come un grido d'animale». «Una grande emozione», che Wagner stesso ricorda ne La mia vita tradotta da Massimo Mila (Utet). Impressioni che non si spensero mentre finiva a Venezia il secondo atto del Tristano, fra il 1858 e il '59, e che «forse gli ispirarono direttamente lo strascicato lamento del corno pastorale al principio del terzo atto». Finché un giorno del febbraio dell'83 da palazzo Vendramin-Calergi «parecchie figure nere portavano verso una gondola nera una bara dai freddi riflessi di bronzo»: così racconta la morte di Wagner Alejo Carpentier. Venezia ricorda da oggi a dome¬ leggenda; e allora gli antichi miti bretoni cari a Wagner trovano qui un'analogia non realistica ma profonda. Tristano e Isotta è tutt'acqua, comincia e finisce sull'acqua. E alla sua morte Wagner lavora agli incompiuti Die Sieger, "I vincitori", dove appare il Buddha: dal recentissimo Parsifal al Buddha, il musicista insiste nel porsi fuori dalla storia, in un mondo parallelo. Venezia in questo lo aiuta molto». Terzo motivo: «Venezia è città tipicamente femminile. Nell'800 appare abbandonata, passiva, acquea. L'acqua è simbolo femminile per eccellenza. E qual è il titolo dell'ultimo scritto incompiuto di Wagner a Venezia? L'elemento femminile nell'arte». [c. a.] niaca, una lettera rivendica l'autenticità del diario

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