Chiuso per controlli il reparto di cardiochirurgia dove furono eseguiti i primi trapianti in Italia Germe assassino terrore in corsia
Chiuso per controlli il reparto di cardiochirurgia dove furono eseguiti i primi trapianti in Italia Chiuso per controlli il reparto di cardiochirurgia dove furono eseguiti i primi trapianti in Italia Germe assassino, terrore in corsia Sei morti sospette a Padova ■ NOVE ANNI DI INTERVENTI H padova Da due anni e mezzo la sua équipe è costretta a una convivenza forzata con i tavoli operatori della chirurgia normale. Una situazione che doveva essere provvisoria per sei mesi. Invece la provvisorietà si è tramutata, come spesso succede, in stabilità: due delle quattro sale sono rimaste alla chirurgia, i corridoi e i servizi sono in comune, vengono affiancati pazienti a pazienti con patologie molto diverse. Insomma, il primario ritiene che lo stafilococco arrivi proprio dalla chirurgia. «Finché ho potuto, ho accettato di lavorare in queste condizioni. Ora la situazione è intollerabile». NOSTRO SERVIZIO Uno stafilococco ferma uno dei più importanti centri di cardiochirurgia in Italia: quello dove è stato effettuato il primo trapianto di cuore, per mano del professor Vincenzo Gallucci, nel petto di un falegname, Ilario Lazzari. Ai due protagonisti di quello storico evento viene risparmiata la cronaca avvilente di questi giorni, perché sono entrambi morti. Ma altre sei persone sono morte in queste ultime settimane e sembra proprio a causa dello stafilococco. Numeri inequivocabili: nel '92 sei infezioni da ferita chirurgica su 775 interventi, nel '93 trentatré infezioni su 779 operazioni, quest'anno i sei morti, fra i quali una bambina. E ora si chiude, con l'agenda della divisione piena zeppa di appuntamenti. Si continueranno a fronteggiare solo le urgenze. Quando il numero delle infezioni è salito in misura esponenziale, superiore al limite ritenuto fisiologico del 3-5 per cento, nel reparto si erano subito allarmati. E l'ultimo fine settimana dello scorso novembre le quattro sale operatorie sono state sigillate, tutto il materiale nelle sterilizzatrici, l'impianto di condizionamento ritarato, i medici sottoposti a controlli accurati. Il risultato non è cambiato. Ora, chi ha bisogno di un intervento deve rivolgersi agli ospedali di Treviso e Verona. Prima che Padova possa riaprire, occorrerà attendere il parere di una commissione di esperti. «Abbiamo deciso che non si poteva più rinviare - dice Dino Casarotto, chirurgo che ha raccolto l'eredità di Vincenzo Gallucci - il centro era divenuto inidoneo per ospitare interventi di cardiochirurgia. E' un nostro preciso dovere garantire un ambiente igienico. E ce lo impone anche la legislazione penale». Casarotto lo aveva segnalato fin dall'11 novembre 1991, dieci giorni dopo il suo arrivo a Padova, con una nota indirizzata al rettore dell'università e all'amministratore dell'Usi. E aveva individuato una precisa responsabilità della contaminazione. Mano Lollo Ilario Lazzari, il primo cuore nuovo in Italia, fu operato a Padova nel novembre del 1985
Persone citate: Casarotto, Dino Casarotto, Ilario Lazzari, Lollo, Vincenzo Gallucci
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