Israele terzo massacro di Fiamma Nirenstein

Rabin contestato: «Ferma gli assassini di Hamas o vattene». Arafat condanna i terroristi palestinesi Rabin contestato: «Ferma gli assassini di Hamas o vattene». Arafat condanna i terroristi palestinesi Israele, terzo massacro Kamikaze-bomba sul bus: cinque morti CACCIA AL LEADER PERDUTO ^1 IGERUSALEMME SRAELE è l'unica democrazia del mondo in cui non ci sia nessuno, proprio nessuno, che non sia legato da rapporti di estrema vicinanza con un giovane morto: un figlio, un fratello, un padre, un fidanzato, un migliore amico. Quando ieri mattina alle 11 ha suonato la sirena di Yom Ha Zikaron, il Giorno del Ricordo dei 18 mila soldati israeliani caduti nel corso delle guerre che si sono succedute dal 1948 a oggi, l'attentato di Hadera aveva avuto luogo da mezz'ora. La gente si è bloccata in mezzo alla strada, i guidatori sono scesi dalle macchine agli incroci e sulle autostrade, piangendo insieme di dolore e di rabbia. Una settimana prima la stessa identica scena era avvenuta nel giorno del ricordo della Soha, quando lo Stato d'Israele piangeva i 6 milioni sterminati durante la Seconda Guerra Mondiale. La bomba di Afula ha mescolato d'un tratto memoria e presente. Che cosa accade a un popolo che cerca di elaborare il lutto quando il raccoglimento è interrotto da un'altra subitanea tragedia, quando il presente sembra incalzare a dispetto del tentativo di collocare la morte nel passato? Innanzitutto ieri è accaduto che i simboli, le fiaccole accese, i discorsi di commemorazione, misti alle decine di testimonianze personali che la televisione israeliana seguitava a mandare in onda, si siano angosciosamente sovrapposti a immagini di sangue fresco; l'urlo della sirena della memoria si sia confuso con quello delle ambulanze. Tutta la ritualità del lutto, che consta di un grande sforzo fatto di monumenti funebri esigui e pietrosi, di canzoni, di quiete e disperate parole di madri e di amici, che secondo l'uso israeliano parlano soprattutto di piccole cose, di quello che il morto amava mangiare, Fiamma Nirenstein CONTINUA A PAG. 2 PRIMA COLONNA Choc a Los Angeles: per ricordargli la sofferenza che abbiamo patito con la morte dei nostri fratelli nella città santa di Hebron; trasformeremo la festa dell'Indipendenza in un inferno. Il governo sionista deve ritirare subito i coloni, fermare il massacro dei palestinesi, liberare la Palestina». Al cimitero di Monte Herzl, a Gerusalemme, dove doveva commemorare il Memorial Day di Israele, Rabin si è trovato a fronteggiare la contestazione di una folla ostile, che gli gridava «traditore» dicendogli di fermare Hamas oppure andarsene bloccando il processo di pace; Benny Netanyahu, il capo del Likud, ha tuonato che «bisogna andare a nuove elezioni, subito. Solo il Paese può scegliere se continuare su questa strada di vergogna». Israele ha paura, è angosciato, incerto; non si sente più sicuro. Il presidente dell'Olp Yasser Arafat ha condannato da Strasburgo l'attentato, ma allo stesso tempo ha accusato lo Stato ebraico di aver fomentato la violenza ritardando la realizzazione dell'accordo di pace. HADERA. Un Israele sotto choc ha subito la terza strage terroristica in una settimana. Un palestinese, integralista islamico aderente al gruppo Hamas, è salito su un autobus e si è immolato facendo esplodere una bomba che portava addosso e che ha ucciso, oltre a lui, quattro ebrei, ferendone un'altra trentina. E' successo a Hadera, nella Bassa Galilea. Lo scoppio c'è stato mentre l'autista chiudeva le porte e dava gas al motore. L'arabo è rimasto sul gradino della porta posteriore: ne hanno raccolto la metà, testa e busto, la parte di sotto è cenere e carne bruciata. Ambulanze ed elicotteri sono arrivati in una decina di minuti. Per raccogliere i corpi e rifarli, ritrovare a ognuno il braccio che manca, la testa che sta ancora sull'autobus, il pezzo di gamba che nessuno sa di chi sia, ci sono volute altre quattro o cinque ore. La rivendicazione è arrivata da Amman, dove c'è la centrale clandestina dei fondamentalisti. «La brigata Izz El Din Al Qassan ha fatto al governo sionista il secondo regalo. Gli avevamo promesso cinque regali, IGOR MAN // vecchio fedayn contro il terrore Condannando l'attentato di Hadera, Arafat soddisfa le richieste di Clinton e di Rabin. E non «strizza l'occhio ai terroristi», come sost i ene qualcuno. A PAG. 3 chiosost ome PAG. 3 Ancora veti nella maggioranza, Spadolini in corsa p A. Baquis e M. Candito A PAG. 3 er il Senato: forse oggi i Un soldato copre il corpo di una vittim i nomi. Governo, se ne va E, di pochi giorni fa la scoperta a Torino di un pool di nonvedenti, che guidavano allegramente la macchina, giocavano a scopa e a rubamazzetto. Pedinata e filmata dai vigili, la squadra dei falsi invalidi ha riservato una sorpresa degna della migliore gag di un film di Totò. Fra di loro, appassionati d'auto e di briscola, c'era anche un autentico bomber. Si chiama Francesco Pinto, ha 21 anni, ed è il centravanti ufficiale della «Nolese». Sul verde del campo è un Baggio, un Vialli, uno Schillaci versione Mundial, piede che non perdona, guidato da una vista di falco, capace di vedere lo spazio molle della rete. Nella vita di lavoro il bomber occupa la sedia di centralinista della locale Usi 27, assunto regolarmente, come un nonvedente, dopo un regolare diploma preso in una scuola ufficiale e specializzata in Torino. A Ciriè, in paese, dicono di non averlo mai considerato come un «nonvedente». Non sapevano di questa sua infermità. Certo non era del tutto «normale», ma unicamente per via di quel piede d'oro, da fare invidia a qualsiasi giocatore della Juve o della Sampdoria, che mandava in delirio le domeniche allo stadio. Troppo forte. Troppo giusto. Per il resto era un ragazzo normale: bar, discoteche, qualche corsetta in auto... Cosa dire? Che bisognerà guardare, come minimo, e con più entusiasmo lo storpio che ci sfiora: aspettare a impietosirci, perché, magari, in un paese delle Langhe, è il più grande giocatore di pallone elastico. E quell'infelice, dai moncherini rifugiati nelle maniche di una giacca lisa, forse, in Val d'Aosta, è conosciuto come un secondo, e non inferiore, mago Silvan. Se avevamo qualche difficoltà a capire chi ci sta intorno, la storia di Pinto, bomber sul campo e nonvedente al centralino, certo non ci aiuta. Non osiamo chiedere ai vigili chi, cosa, in realtà fossero gli altri dieci ciechi. Una sorpresa così basta. Consoliamoci ricordando quanto anche noi siamo «sconosciuti a noi stessi». a dell'attentato a Hadera nno Mancino e Andreatta