«Il federalismo fiscale rovinerà il Paese» di Stefano Lepri

«Il federalismo fiscale rovinerà il Paese» «Il federalismo fiscale rovinerà il Paese» Gallo annuncia la «stangatimi di aprile»; più care le sigarette cessi della campagna elettorale». Uno degli ultimi atti del ministro delle Finanze uscente sarà il decreto da 500 miliardi che, in ossequio alla legge finanziaria '94, aumenterà il prezzo delle sigarette e altri tributi in cifra fissa («l'ho rinviato per favorire i contribuenti» spiega). Quale federalismo. Per Gallo è possibile decentrare una serie di tributi agli enti locali, per responsabilizzarli nella spesa: oltre all'Ici altre imposte di tipo patrimoniale, e alcuni tributi sui consumi. Ma l'Irpef e l'Iva, le due più importanti imposte del nostre ordinamento, non possono essere decentrate senza distruggerle. Come ci si comporterebbe se no con le grandi imprese che hanno sede in una città, stabilimenti in altre e dipendenti un po' su tutto il territorio nazionale? «Qui solo il pensiero del professor Gianfranco Miglio - sostiene Gallo - è coerente. Lui pensa in realtà a una confederazione di Stati, e in quel caso l'autonomia fiscale di ciascuno è scontata». Le aliquote Irpef. Il progetto del professor Martino di ridurre l'Irpef a una sola aliquota, rendendola dunque proporzionale e non più progressiva, a detta di Gallo è irrealizzabile. «I casi sono due - dice - : o ci rimettono i redditi sotto i 70 milioni oppure, se si alzano le detrazioni a tal punto che nessuno ci perda, la riduzione del gettito tributario sarebbe insostenibile. L'aliquota unica non esiste in nessun Paese, e anche Reagan che l'aveva progettata dovette rinunciare». La cosa ragionevole che si può fare è ridurre la progressività, «tagliando le ali»: «Io avevo un progetto per ridurre l'aliquota massima dall'attuale 51% al 41-43%, e alzare cruella minima dal 10% al 19-21%»." Perché questo progetto non è stato tradotto in realtà? «Non ho avuto la forza politica di sostenerlo, e oggi me ne rimprovero» risponde Gallo. Il principale duo¬ li ministro Gallo bio era di natura politica: alzando l'aliquota più bassa si sarebbero colpiti i numerosi lavoratori autonomi che dichiarano redditi molto bassi proprio dopo il compromesso sulla minimum fax. Qualcuno avrebbe potuto ritenerla una vendetta. Come suggerimento per il futuro «l'Irpef va semplificata, con 4 o tutt'al più 5 aliquote, e ne va allargata la base imponibile». t Via le «cento tasse»? Non è vero, secondo Gallo, che il contribuente italiano soffra per eccessivo numero di tributi: «Non sono né cento né duecento, ma 45; è possibile ridurli a una quindicina, non a 3 o 4 perché ciascuno di essi dovrebbe diventare troppo pesante». E' anche possibile ridurre il numero delle scadenze tributarie, «ma ricordiamo che rateizzare i versamenti nell'anno è un favore per molti contribuenti». Semplificazione. Il ministro delle Finanze uscente rivendica con passione quanto ha fatto per rendere meno gravosi gli obblighi fiscali: «Vi pare poco che quattro milioni di contribuenti non dovranno fare più il 740?» (per l'esenzione del reddito della prima casa fino a un milione, ndr). Poi c'era la maxi-legge sulla semplificazione che il Parlamento disciolto non ha fatto in tempo ad approvare. Stefano Lepri

Persone citate: Gallo, Gianfranco Miglio, Reagan