Reducismo all'amatriciana di Mario Deaglio

Interno Mercoledì 13 Aprile 1994 LA STAMPA ROMA. Neanche al terzo incontro i vincitori alle elezioni sono riusciti a mettersi d'accordo su chi candidare alle presidenze di Senato e Camera. I sei partiti o movimenti che formano la grande alleanza del Polo della libertà dovranno rivedersi oggi, per la quarta volta, col rischio di arrivare alle votazioni di venerdì mattina senza aver concluso patti certi. Perché la Lega si sente messa nell'angolo dalla convergente pressione di Berlusconi e Fini e si dibatte furiosamente per tentare una via di uscita, continuando a difendere la candidatura del suo Speroni al Senato e rifiutando l'offerta riparatrice della presidenza della Camera per Maroni. Diffida la Lega, impreca, minaccia ripensamenti. «Sono uguali a quelli di prima, come i democristiani e i socialisti. Sono la nuova partitocrazia» accusa Speroni. «Vogliono Spadolini al Senato, Biondi alla Camera. E perché no Forlani a Palazzo Chigi?» ironizzano. Tutto comincerebbe, secondo la Lega, dal fatto che Scalfaro non gradirebbe un leghista (Maroni) come ministro dell'Interno. Così nascerebbe l'idea di sistemare Maroni alla presidenza della Camera. Maroni non ci sta, Bossi respinge l'offerta («per lui voglio un ruolo politico. Non lo metto in pensione») e Speroni insiste: «Sembra che questa candidatura REDUCISMO ALL'AMATRICIANA Lm ROMA m ANNUNCIO alla platea di Forza Italia di Fiuggi lo da lo stesso Silvio Berlusconi nella mattinata di ieri: «E' tramontata l'ipotesi Spadolini, stiamo lavorando sull'ipotesi Previti». E lui, l'interessato, l'uomo che insieme al professore Carlo Scognamiglio, a Francesco Cossiga e, solo per completare la rosa, al leghista Francesco Speroni, fa parte di quel ristretto numero di persone tra cui potrebbe essere scelto il nuovo presidente del Senato, ci sta a recitare la parte del candidato. Dice sul piazzale di Montecitorio il sen. Cesare Previti, prima legale di Berlusconi e ora uno dei plenipotenziari di Forza Italia: «Fcr spirito di servizio sono pronto a candidarmi. Ma il vecchio sistema si oppone a un'innovazione del genere». Così sul nome di Previti comincia un'altra delle tante partite che si stanno giocando tra gli alleati-avversari del Polo della libertà. Si gioca come al solito, secondo le regole della I Repubblica, a quanto pare ereditate anche dalla seconda: una serie interminabile di riunioni collegiali, incontri di corridoio, infiniti trabocchetti in cui si confondono candidature fantoccio e candidature vere. «Io racconta Vittorio Dotti, altro ambasciatore di Forza Italia non mi ci ritrovo. Nessuno parla, tutti in silenzio aspettano che gli altri si scoprano. Si perde tempo». Ma come sono questi incontri? Come si svolgono? Al ristorante Taverna Antonina si ritrovano a pranzo l'uomo di fiducia di Gianfranco Fini, Giuseppe Tatarella e l'intera delegazione di Forza Italia: il coordinatore del movimento Domenico Mennitti e, ovviamente, Previti e Dotti. Tatarella fa gli onori di casa: «In questo ristorante racconta commosso - fu decisa la prima elezione di Fini a segretario». A tavola si mangiano bucatini all'amatriciana e Previti, che ci tiene a essere romano, ordina: «un vinello bianco ma mi raccomando: deve essere gelato». Poi si parla del più e del meno. Soprattutto si ricordano i tempi andati («cioè finiti appena ieri» precisa Menniti), in cui i missini erano degli emarginati. E i nomi che ricorrono, tra una battuta e l'altra, sono Almirante, il maresciallo Rodolfo Graziane il deputato Romualdi che qualcuno fece passare per il figlio del duce. Tengono banco Menniii e Tatarella, ma anche il candidato Previti non scherza. «Io - spiega a tavola - ero segre- RISCHIO DISUNITA' D'ITALIA tutto gli aspiranti lavoratori delle regioni povere, una volta che siano ridotti i sussidi che oggi ne facilitano la permanenza nelle regioni d'origine, sarebbero spinti, quasi costretti a cercar lavoro nelle regioni più favorite. E' facile prevedere che il federalismo segnerebbe la ripresa delle migrazioni interne dal Sud al Nord che, non a caso, si verificarono in passato quando le differenze di salari e prospettive tra le due parti del Paese erano fortissime. Le regioni ricche vedrebbero i propri ospedali e le proprie università congestionati da pazienti e studenti «forestieri» e dovrebbero fronteggiare i problemi economici e sociali imposti dall'arrivo di un gran numero di nuovi immigrati. Una parte almeno delle imposte «risparmiate», e cioè non più trasferite al governo centrale, dovrebbe essere spesa per fronteggiare queste nuove migrazioni. Il costo sociale oggi coperto dai trasferimenti assistenziali assumerebbe altre forme ma non scomparirebbe certo solo in base a una diversa formula di distribuzione territoriale dei redditi. Potrebbe addirittura risultare più elevato. Tutto ciò farebbe uscire molte regioni italiane dal falso limbo dei sussidi pubblici, dando loro una scossa benefica. Nelle regioni ricche, però, sarebbe forte la tentazione di chiudere le porte agli altri italiani. L'anno scorso in Lombardia si è già parlato di limitare ai soli studenti lombardi l'accesso alle università di quella regione. 1 cittadini dell'Unione Italiana rischierebbero di vedere limitato il diritto, riconosciuto ai cittadini della Repubblica Italiana, a lavorare, studiare, farsi curare a loro scelta in qualsiasi angolo del Paese. L'unità nazionale verrebbe sottoposta a gravi pressioni. L'esperienza estera, a cominciare da quella tedesca, mostra chiaramente che il federalismo funziona se i divari nel reddito prodotto per abitante tra le diverse regioni non sono eccessivi: dopo l'unificazione, che ha comportato l'inserimento di cinque Laender assai più poveri degli altri, la Germania è sottoposta a forti tensioni economico-sociali e ha scoperto la necessità di una decisa azione redistributiva svolta, come in Italia, dal governo centrale. Questo non significa che l'istanza federalista sia da respingere ma che il federalismo può essere introdotto senza traumi economico-sociali solo con molta gradualità. Riduzione dei trasferimenti Nord-Sud e aumento dell'efficienza al Sud devono andare di pari passo. Altrimenti, dovremo scordarci l'Italia e anche scordarci l'Unione Italiana. Mario Deaglio Interno

Luoghi citati: Fiuggi, Germania, Italia, Lombardia, Repubblica Italiana, Roma