Napoli il più grande centro sanitario del Mezzogiorno ostaggio di camorra e sabotatori di Fulvio Milone

Napoli, il più grande centro sanitario del Mezzogiorno ostaggio di camorra e sabotatori Napoli, il più grande centro sanitario del Mezzogiorno ostaggio di camorra e sabotatori L'INFERNO IN CORSIA NAPOLI ON aprite quella porta. Vi troverete d'un tratto in un altro mondo, una realtà surreale, da «day after», un pianeta dove è possibile tutto e il contrario di tutto. Non entrate, a meno che non vi vada a genio di respirare l'aria pesante di un cunicolo umido e semibuio, dove il tanfo della sporcizia e dell'urina che sale dagli angoli del pavimento ti stringe alla gola e ti colpisce come un pugno allo stomaco. Se proprio volete lasciarvi alle spalle la luce del sole e avete il coraggio di un esploratore, sappiate che questa è una vera e propria città sotterranea, un labirinto con oltre tre chilometri di corridoi che si intersecano a quattro metri di profondità, e nei quali è facile perdersi. Sopra, all'aria aperta, ci sono le trentanove divisioni del Cardarelli, con i loro 1500 posti letto. E' l'ospedale più grande del Sud, che da mesi fa da inquietante scenario ad una serie di misteriosi attentati che metterebbero a dura prova l'acume di Agatha Christie o di Hercule Poirot. Il giallo, per la verità, non è tanto nel movente del continuo sabotaggio, che si intuisce subito: obiettivo dei «guastatori» è intimidire un pugno di uomini di buona volontà, il manager della Usi numero 40 e alcuni medici e infermieri, che vorrebbero trasformare l'ospedale in una struttura degna di questo nome. Il problema è nell'identificazione dei colpevoli, lesti e sguscianti come anguille, e soprattutto ottimi conoscitori del dedalo dei tunnel sotterranei. Sì, perché le loro imprese i sabotatori senza nome le hanno compiute quasi tutte qui, nel sottosuolo del «Cardarelli»: materassi incendiati, tubi del gas segati, bombole d'ossigeno manomesse, aggressioni notturne e, un anno fa, uno stupro. L'ultimo episodio risale a ieri, quando un black out elettrico ha paralizzato per quasi mezz'ora l'attività del padiglione di emergenza. «Ma in questo caso non c'è stato dolo - precisano medici e infermieri -. L'impianto è andato in tilt a causa di un'infiltrazione d'acqua, e i generatori di riserva sono entrati subito in funzione». L'appuntamento per la visita negli inferi del Cardarelli è nello spaccio dell'ospedale che, come avverte l'insegna al neon, è gestito dalla cooperativa «La Nuova Napoli». Fuori, i viali alberati che circondano le palazzine con l'intonaco scrostato sembrano un immenso suk, territorio di caccia per venditori di orologi, hashish, a volte eroina, sempre sigarette di contrabbando. E poi ci sono i cani, tanti, che girano a branchi, poco rassicuranti al punto da costringere il direttore sanitario, Francesco Bottino, a chiedere l'intervento dell'ufficio veterinario dell'Usi. «Scrivete tanto degli ammalati costretti sulle barelle perchè mancano i posti letto, ma è niente rispetto alla realtà di questo ospedale», spiega il giovane medico che ci fa da guida nella cittadella sot- L'ultimo allarme per un black-out che ha paralizzato le sale operatorie Un medico: «Il sistema antincendio non funziona. In caso di un nuovo rogo bruceremmo tutti vivi» Nella foto grande i sotterranei dell'ospedale Cardarelli di Napoli. Sotto l'ingresso dell'ospedale, in alto un ammalato costretto a rimanere su di una lettiga in un corridoio là sono ancora visibili i segni lasciati dal fuoco innescato tre mesi fa da un altro misterioso piromane, che per alimentare le fiamme ha accatastato un bel po' di vecchi materassi. Chi sono i sabotatori? Nessuno lo sa, anche se il motivo degli attentati è noto a tutti. Balza agli occhi anche qui, nel dedalo dei cunicoli che si estende quattro metri al di sotto del Cardarelli. Lo intuisci subito quando la guida spalanca una porta a vetri che conduce ad un altro mondo. E' come essere piombati all'improvviso in un ospedale svizzero, con le pareti tinteggiate da poco e i pavimenti che profumano di detersivo disinfettante. «Qui su c'è il nuovo padiglione dell'emergenza», spiega il medico mentre preme un pulsante di un ascensore nuovo di zecca, silenzioso come quello di un albergo a cinque stelle. Sì, qualcosa funziona nell'ospedale più scassato del Sud. Il manager della Usi 40, Costantino Mazzeo, nominato appena cinque mesi fa, si è messo in testa di fare una rivoluzione, la rivoluzione della normalità. «Mica è poco, in una struttura che fino a un anno e mezzo fa era il feudo di Pomicino e De Lorenzo», commenta il medico. Mazzeo ha deciso di ri¬ mettere le cose a posto, di far funzionare i reparti, di accordare premi e incentivi esclusivamente ai paramedici che lavorano molto e bene, di mettere ordine nella giungla degli appalti che qui sono materia di più di un'inchiesta giudiziaria. Ha trovato degli alleati, certo. Ci sono reparti che funzionano, primari come Marcello Bolletti Ceni che nel suo laboratorio di analisi riesce a sfornare 14 mila esami al giorno. C'è la camera di sterilizzazione, che ti viene mostrata con orgoglio da chi è consapevole di fare bene il proprio lavoro. Ma si tratta di oasi di efficienza, create con atti di eroismo di ottimi professionisti. Per il resto, il Cardarelli è una bomba a orologeiia che potrebbe scoppiare da un momento all'altro, e Mazzeo lo sa bene anche se si mostra prudente. Tre settimane fa ha sollecitato l'invio dell'esercito nell'ospedale, anche se ora precisa che quando ha chiesto al prefetto dei «militari», alludeva ai carabinieri. «Io non so se i sabotatori ce l'abbiano con me spiega -. Di certo vogliono bloccare qualunque discorso di rinnovamento riguardi il Cardarelli». Fulvio Milone

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