«Una strage nata da una bugia»
«Una strage nata da una bugia» «Una strage nata da una bugia» L'antropologo Remotti: colpa del colonialisti LE ORIGINI DEL SCARDINIAMO l'idea che la lotta tra tutsi e hutu risalga alla notte dei tempi. Niente di più falso. Le radici del conflitto nascono dai colonizzatori di fine Ottocento. Ma quel che è peggio, i massacri che insanguinano Ruanda e Burundi scaturiscono da una grande, immensa menzogna». Il parere del professor Francesco Remotti, docente di antropologia culturale all'Università di Torino, per alcuni anni ricercatore etnografico nel cuore dell'Africa nera, ribalta la tesi dell'odio feroce che avrebbe diviso le due tribù prima ancora dell'arrivo dei bianchi. «In epoca precoloniale gli hutu e i tutsi non esistevano come etnie diverse, erano semplicemente due categorie sociali che coabitavano assieme a tante altre. Ciascuna viveva di risorse proprie: i primi si occupavano della terra, erano agricoltori; i secondi controllavano la pastorizia. Gli hutu, inoltre, disponevano del potere rituale, organizzavano le cerimonie, anche quelle regali». Professore, vuole dire che gli hutu e i tutsi andavano d'a- more e d'accordo? «Non voglio dire questo, le rivalità esistevano e le lotte pure. Voglio dire che la società in Ruanda era organizzata e ciascun gruppo aveva ruoli diversi e riconoscimenti assestati. Era in vigore, insomma, una specie di patto so¬ ciale, una regola non scritta che riconosceva a tutti la propria dignità. C'era un equilibrio, un dialogo che veniva cementato proprio durante le cerimonie tribali. Questo patto è stato rotto dal colonialismo». Ci racconti che cosa è avve¬ nuto. «Gli amministratori e i missionari tedeschi, seguiti poi da quelli belgi, hanno cominciato a togliere agli hutu il controllo sulla vita rituale degradandoli a semplici contadini. In parallelo hanno iniziato a esaltare i tutsi riconoscendo loro il diritto di disporre del potere. Non solo: per fare questo gli hanno inventato una nobile origine, un'origine camitica che giustificasse la scelta nella divisione dei ruoli». Vuole dire che è stato commesso un bluff storico? «Esattamente. Hanno dovuto sottrarre i tutsi dal loro contesto africano. Hanno dovuto creare un mito. A quel punto era normale e giusto affidargli le chiavi politiche, economiche, militari e quelle dell'istruzione. Scatenando naturalmente il malcontento nella parte opposta. Un disagio che si è sempre più radicalizzato, fino ad arrivare alla lotta estrema di questi giorni». Nella catena di vendette che hanno segnato e segnano il Ruanda, come interpreta la regola primitiva degli hutu di combattere ed eliminare tutti quelli che li superano in altezza, vista la nota costituzione fisica dei watutsi? «Ha una logica legata ai diversi tipi di alimentazione. Una logica che ha condizionato anche i colonizzatori e ha giustificato la creazione della falsa origine dei tutsi: non per nulla sono alti, magri, con tratti non propriamente negroidi. Perfetti, hanno pensato i bianchi, per mettere in piedi un'organizzazione statale nel cuore dell'Africa». Torniamo al caos attuale che regna nel Paese. Quali sono le sue previsioni? «Considerato l'odio così radicale tra le due parti, non riesco a immaginare altro se non una catena di atrocità destinata a durare ancora a lungo. Mi viene in mente ciò che gridavano negli Anni 70 gli hutu in rivolta contro i tutsi: "Tornatevene a casa". Il falso mito creato dai colonizzatori, se non verrà svelato, continuerà ad alimentare il massacro». Claudia Ferrerò Theogene Rudasingwa, segretario generale dell'Fpr (etnia tutsi) (foto reuter]
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