Per annunciare Dio ai neri è cambiata anche il Credo

Per annunciare Dio ai neri è cambiata anche il Credo Per annunciare Dio ai neri è cambiata anche il Credo IL VANGELO E LE RADICI N.giorpo, durante un, viaggio di Papa Wojtyla in Camerun, ho visto una cattedrale racchiusa in una foresta. Era una cattedrale vera, cioè la chiesa del vescovo, il quale abitava a qualche chilometro di distanza. La cattedrale, un orrido falso gotico normanno di mattoni rossi, vecchia di soli quarantanni, sorgeva isolata su uno spiazzo di una densa boscaglia. Dentro, alcuni neri, uomini e donne, assistevano alla Messa. Un cane dormiva accovacciato accanto a una panca. I fedeli cominciarono a cantare: il Kyrie, il Gloria, il Sanctus, l'Agnus Dei, in latino, in gregoriano. Poi, alla Comunione, in fila verso l'altare, si scatenarono in un festoso ritmo africano. Quel gotico nella foresta, con dentro il suo liturgico miscuglio culturale, mi si presentò come l'emblema del cristianesimo africano. Da oggi, l'Africa cristiana è di scena a Roma, dove Papa Wojtyla apre il Sinodo dei vescovi del continente nero. Giovanni Paolo II ha già fatto dieci viaggi in Africa, e in ogni suo itinerario si è trovato di fronte un cristianesimo ancora in cerca di forme proprie di espressione della fede, non importate dall'Occidente. Per questo si muovono vescovi, teologi e scuole teologiche, ma spesso in discordanza tra loro quando si tratti di individuare il volto genuino di questa Africa del Secolo XX. In effetti, non è facile determinare un'identità africana, poiché, come si legge in uno studio appena uscito (Giovanni Tebaldi, «Il Sinodo africano», edizioni Piemme), «l'Africa porta sul volto i segni degli europei che l'hanno colonizzata, degli arabi che l'hanno mercanteggiata, dei missionari di tutte le fedi che l'hanno evangelizzata». «Vedo un cristianesimo che danza», esclamava un gesuita della Radio Vaticana durante la visita del Papa in Zambia. Il gesuita guardava un gruppo di donne vestite di bianco che, avanzando ritmicamente, accompagnavano il Papa e i vescovi all'altare per la celebrazione della Messa. Le Clarisse di Lilongwe, nel Malawi, danzano quando vanno a ricevere la Comunione. E' la fede in Dio che si riversa nella danza. E' il movimento del corpo che si tramuta in un atto sacro. La Chiesa africana ne gode e accoglie nelle liturgie questa spontanea e ritmica manifestazione di fede. Ma osservava un prete: «Qualcuno vorrebbe che l'africanità fosse soltanto una pennellata sul cristianesimo: danze, musica, tamburi. Ma nell'animo dell'africano ci sono cose che gli altri non riescono a capire». E così, per esempio, nella Messa presso alcune popolazioni, già si recita questo Credo, impregnato di visioni della natura: «Credo che Dio è creatore del cielo, del sole, della luna, delle stelle, del monte Kenya, del lago Vittoria, degli alberi, degli animali, del vento che ci porta la pioggia... Egli è il creatore dei nostri antenati...». E' un Credo «autorizzato» da Roma, in sostituzione di quello niceno-costantinopolitano. Per capirne l'immissione di elementi africani, basti pensare che il monte Kenya è ritenuta la casa di Dio e il lago Vittoria è il luogo degli spiriti delle acque. Ma, alle Messe africane, si è cominciato ad andare anche più in là. Durante la visita del Papa a Nairobi, nell'atmosfera del congresso eucaristico internazionale che vi si celebrava, in una località poco lontano dalla capitale, al rito penitenziale, all'inizio della celebrazione liturgica, furono invitati a prendervi parte i sacerdoti del culto tradizionale della foresta. Questi sacrificarono una capra, spargendo il sangue per terra. Appena prima, con il latte dell'animale avevano asperso l'altare, i celebranti cattolici e i fedeli. Ma non c'è soltanto l'inquadramento generale della fede o della liturgia. Ci sono aspetti che toccano, per esempio, la concezione di una vita consacrata a Dio, come quella delle religiose, o del celibato dei preti. La verginità e il celibato sono virtù nuove per l'Africa. In uno studio di un gesuita del Camerun, Meinard Hebga, c'è un elenco dei valori tradizionali africani. C'è la lista del «bene»: matrimonio, maternità... C'è la lista del «male»: celibato, assenza di figli... Anche il matrimonio, del resto, nella tradizione africana, viene sottoposto prima alla prova della fecondità. La verginità prematrimoniale costituisce un problema per la Chiesa cattolica africana. A Nairobi, durante il congresso eu¬ caristico internazionale, nella giornata .della esaltazione del matrimonio cristiano, Giovanni Paolo II unì 32 coppie di sposi. «(Abbiamo fatto fatica a trovare 32 coppie di fidanzati come le voleva il Papa», confidò un missionario. Come le voleva il Papa? «Senza figli». Certo, sulle vie di Dio tutto potrà avvenire, anche con il tormento di vergini e di madri. A visitare la cattedrale nella foresta, di cui si è detto all'inizio, ci aveva portato una ragazza negra. Era alta, splendida. In chiesa, durante la Messa, cantò insieme ai fedeli. Poi approfittò di quella visita per accompagnarci un momento a casa dei suoi, che era vicina. Nel cortile notammo ima piccola tomba di terra. «E' del suo piccolo figlio», disse il padre, e guardò la ragazza. Lei si avvicinò piano piano, sostò in silenzio davanti alla tomba. Poi cominciò a cantare una nenia sottovoce, dolce, triste. Cantava alla Vergine Maria: «Tu sei madre di un figlio, e non hai provato l'amore. Io ho conosciuto l'amore, e ho avuto un figlio. Tutte e due siamo nella stessa pena. Tu hai perduto il tuo, io ho perduto il mio». Domenico Del Rio Religiosità e folklore d'Africa

Persone citate: Domenico Del Rio, Giovanni Paolo Ii, Giovanni Tebaldi, Kenya, Papa Wojtyla