Berlusconi il Cavaliere mistico di Filippo Ceccarelli

Berlusconi, il Cavaliere mistico Berlusconi, il Cavaliere mistico Suggestioni religiose sulla via del leader ' • ; vaisi; ... ! . . Si : ri :i MITI E RITI DI UN SUCCESSO ROMA EL nome del Padre, del Figlio e di Silvio Berlusconi. Che forse l'ha fatto davvero, in due mesi, «il miracolo», e adesso concede delle brevi, luminose apparizioni preregistrate, bagliori nel buio dei tinelli. Oppure si staglia ingigantito e santificato su enormi schermi mobili posti nelle piazze, fuori del tempo e dello spazio. Una visione, tante visioni dilatate, moltiplicate, sfumate, oppure rese ancor più realistiche da effetti speciali e proiezioni emozionali che sollevano il fenomeno berlusconiano dalle solite, stanche smancerie ritualistiche della vecchia politica e lo pongono in una dimensione che sa essere mitica, sacra, religiosa. Anche da questo inconsueto punto d'osservazione si può scrutare un personaggio che i più efficaci strumenti della comunicazione tecnopolitica, chissà con quanta consapevolezza, hanno già trasformato in una sorta di modernissima divinità, in un culto che tocca corde profonde e si nutre d'irrazionalità, immaginario, passioni ed energie. Viene spontaneo pensarlo quando, secondo la tradizione veterotestamentaria, si manifesta con la sola voce: una telefonata che giunge dall'alto, dall'infinito e (ancora) non lascia il capretto da sacrificare nel cespuglio in fiamme. Oppure quando, sorridente e beneaugurante nella solitudine del palco, Berlusconi si staglia su quello studiatissimo azzurro che ricorda il cielo delle immaginette sacre, i microfoni come le chiavi del Paradiso, e con l'artificio del love bombing, o bombardamento affettivo di massa, sta per alzarsi il canto devozionale: «Non vergognatevi di essere, di sentirvi, di restare giovani! Alziamoci e cantiamo insieme la nostra canzone per il nostro nuovo, magico presente». Ed ecco che parte l'inno, «siamo tanti», «siamo tantissimi», «le tue mani unite alle mie / energia per sentirci grandi-grandi», «e abbiamo tutti un fuoco dentro il cuore». Un inno, un fuoco: «Un capolavoro di organizzazione in musica della passività mentale - secondo il musicologo comunista Luigi Pestalozza strumento di seduzione di massa e di dominio». E anche se Bandiera rossa, oggi, fa un po' ridere, a questo punto davvero non si vorrebbe essere irriverenti, o peggio, ma in certi frammenti di convention berlusconiana pare comunque di sentire: io sono la via, la verità, la vita, chi segue me non cammina nelle tenebre. E infatti: «Silvio, illuminaci!». Ma per andare dove? E con che luce: solare o artificiale? La caduta degli dei. Anche senza tirare in ballo la stucchevole, marzullesca mitologia dei sogni (pure cara alla sinistra) certamente la politica ha a che fare con le suggestioni del cuore e della fantasia. Più in particolare, «l'attesa del nuovo - secondo il filosofo Umberto Galimberti - ha bisogno di nuovi cieli e nuove terre. Senza questa potenza escatologica non c'è speranza». E nemmeno vittoria. Caduti gli dei di un tempo, sgretolati i fondamenti del cattolicesimo e crollato il comunismo, con tutto quello che queste ex religioni implicavano in termini di pensieri e norme di vita, prima e meglio di tutti Berlusconi deve aver compreso il gigantesco vuoto che si apriva in una società nella quale i processi di secolarizzazione erano giunti, evidentemente, a un sintomatico punto di svolta. E' proprio qui, in questa terra di nessuno, in questo universo sociale disastrato e disorientato, tra moltitudini orfane di una politica che fosse anche attraversata da vibrazioni religiose, è qui insomma che, cosciente o non cosciente, Sua Emittenza ha giocato la partita, e l'ha vinta. L'ha spiegato bene, con l'ausilio del filosofo tedesco Cari Schmitt, Felice Confalonieri: «Dai buchi delle ideologie nascono i nuovi leader». Extra ecclesiam, nulla salus. Nessuna salvezza, però, al di fuori della Chiesa. Forse proprio in quanto nuovo, infatti, il leader che ha saputo rispondere a quel bisogno di sacro montando una sofisticata macchina anche mitologica, sembra pronto a misurarsi, trattare e promettere benefici a chi del sacro, da circa duemila anni, si ritiene l'unico vero custode. Ebbene, Berlusconi si appresta a farlo secondo una logica che naturalmente esclude qualsiasi anche minimo sospetto concorrenziale. Pubblicizza piuttosto un certificato di buona condotta e, sul piano più privato, si colloca senz'altro in quell'area di devozione tradizionale comune a milioni di italiani: la scuola dai salesiani, i figli battezzati, il matrimonio annullato, la messa celebrata ogni domenica nella cappella di famiglia ad Arcore, più un numero imprecisato di zie suore. Per quel che riguarda il Gruppo Fininvest, dove insieme alle ballerine, ai film o alla pubblicità non sono mai mancati il monsignore, il cappellano del Milan o il sacerdote chiamato a benedire il centro commerciale di Grugliasco, si può dire che finora ha goduto di una contrastata, labilissima fiducia da parte delle gerarchie. Probabilmente l'Opus Dei, a cui pare siano vicini alcuni collaboratori del Berlusca, apprezza la modernità, l'efficienza, un certo culto del lavoro in voga al Biscione. Altri vescovi diffidano. Tanto grandioso in politica, quanto «regolare» nella sfera privata, non è detto che Berlusconi non lasci però anche il segno di una sua personalissima, se non teologia, almeno visione del mondo. Terreno e non. Dio, un'idea vincente. L'episodio, riportato da Massimo Gramellini su Micromega, allude a un incontro svoltosi nel 1988 in Vaticano con Giovanni Paolo n. «Cara Santità - cominciò il Dottore - mi lasci dire che Lei assomiglia al mio Milan. Infatti Lei, come noi, è spesso all'estero, cioè in trasferta, a portare in giro per il mondo un'idea vincente. Che è l'idea di Dio». Formulazione tutt'altro che scontata, con vaga risonanza protestante. Impostazione, in ogni caso, che rifugge da qualsiasi generico rigore o senso di colpa e trasforma ogni eventuale auto-mortificazione in impegno e sforzo mirato a un certo fine agonistico. Come se l'anelito, se si può dire, sovrannaturale del berlusconismo approdasse ineluttabilmente alla vittoria, anzi alla Vittoria con la maiuscola. Lavorare, quindi, lottare, cambiare, migliorarsi, ma sempre per vincere. E dopo aver vinto, cogliere legittimamente il bene che quella condizione porta con sé. Per cui: «Non capisco - così la notte stessa delle elezioni - perché dovrei vergognarmi di questo mio successo». Vincere insieme, anche, con gli amici. E in tal modo il culto della Vittoria si salda con la venerazione dell'Amicizia, così forte da sfociare in contatti medianici e tele¬ patici. Come accade quando, rinchiuso il dirigente Fininvest Brancher a San Vittore, Berlusconi gira e rigira intorno al carcere per cercare con l'amico «un collegamente spirituale. Per non farlo sentire solo». Se Dio è vittoria, senza Dio si perde. Prega nella cappella dello stadio in occasione della finale della coppa dei Campioni contro i romeni dello Steaua, prima della caduta del muro. «Ho chiesto a Dio di far perdere i comunisti». La mistica rossonera. Il calcio, cioè, come luogo dove si svolgono i riti di massa della società moderna. E' qui, prima e più che nella politica, che il berlusconismo ha rappresentato tutta la sua dimensione entusiastica, fantasmagorica, consacrata, insomma religiosa. Per rendersene conto non ci sono solo le urla e i canti, gli striscioni e i colori della folla. C'è la trasformazione del tifoso in consumatore e, quindi, in fedele (con probabili frange di ultra fedelissimi che senza troppa malizia si potrebbero anche definire fanatici). I sacerdoti in campo, i vescovi in panchina, in tribuna c'è Lui, «il salvatore della patria milanista» come lo definisce una di quelle pubblicazioni super incensative, con prefazione di Emilio Fede, che rimangono impresse per un paio di paginette - titolate «Presidente sei grande!» - in cui ciascun giocatore della squadra deve dedicare al suo presidente due aggettivi. E l'effetto è quello di una frenetica litania, di concita- te invocazioni per cui Berlusconi è «geniale, trainante» (Capello); «capace di motivare, sensibile» (Tassotti); «costruttivo, innovativo» (Maldini); «straordinario, carismatico» (Alhertini); «unico, grande» (Panucci); «forte, geniale» (Baresi); «carismatico, vincente» (Boban); «vincente, straordinario» (Donadoni); «forte, intelligente» (Van Basten); «umano, bravo» (Savicevic); «vincente, onesto» (Massaro); «modello, umile» (Rossi); «trascinatore, organizzatore» (Ielpo); «elegante, audace» (Galli); «positivo, tenace» (Simone); «lungimirante, positivo» (Nava). Il Messia in politica. Dall'estasi del Milan, quindi, all'ascetico librarsi di Forza Italia. E ancora una volta - anche qui, rispettosamente - è quasi impossibile far a meno di notare come la corsa elettorale berlusconiana abbia ricalcato, anche senza volerlo, magari attraverso le misteriose vie del linguaggio, figure e situazioni che fanno parte di una sfera eminentemente religiosa, si direbbe evangelica. La lunga attesa, perciò, con tanto di voci che preannunciano: «Ho anche Sgarbi - spiegava Berlusconi nella funzione di San Giovanni Battista». Quindi il sospirato annuncio, dopo l'immagine dell'«amaro calice» mutuata dalla preghiera nell'orto del Getsemani. Annuncio manifestato con toni anche qui evangelici: «Io credo e io vi dico...». E poi la predicazione, il «miracolo», l'incontro con le scolaresche (Sinite parvulos...). Un Uomo inviato dalla Provvidenza a salvare un Paese a terra. L'avevano detto, i profeti. «Credete agli oroscopi o siete scettici? - chiede un'altra pubblicazione celebrativa - Non ha importanza. Leggete l'oroscopo del Dottore e scoprirete che nelle stelle era già previsto». L'ultima trasfigurazione. Quella che s'impone ora che ha conquistato l'Italia. Importantissimo capire come si regolerà la macchina delle emozioni che l'ha reso un divo sperimentale: visivamente ubiquo, commercialmente apprezzato, politicamente vincente, umanamente superiore, anzi pochissimo umano, senza neanche una foto con le dita nel naso, una macchia di sudore, i pantaloni incollati al sedere, un difetto di pronuncia, un tic, un rossore, una lacrima spontanea. Non finto, come credevano quei furboni dei suoi avversari, ma semmai troppo vero. Così potente da permettersi di sfidare il ridicolo e di utilizzare con parsimonia gli spazi che le sue reti tv gli offrivano. Autorità consacrata e virtuale. Amen. Filippo Ceccarelli Cadute le ideologie nel vuoto fa presa l'attesa del miracolo Ogni domenica si celebra la messa nella cappella di famiglia di Berlusconi ad Arcore

Luoghi citati: Arcore, Grugliasco, Italia, Roma