«Scalfaro devi vigilare» di Alberto Rapisarda
a Insorgono i costituzionalisti. Andreatta al Quirinale: attenzione a dare l'incarico a Berlusconi «Scalfaro, devi vigilare» «Ilgoverno non è una Costituente» ROMA. Tramonta velocemente l'idea di cambiare nome alla Repubblica italiana, lanciata come una provocazione dal leghista Speroni tra l'incredulità generale. Viste le reazioni indignate anche dei missini («una autolesionistica barzelletta», secondo Fini) Speroni assicura che «se è di minimo disturbo alle trattative, la togliamo dal tavolo». Accantonato il problema del nome rimane, però, aperto quello del tipo di Repubblica che vuole la maggioranza che ha vinto le elezioni. E le preoccupazioni crescono, malgrado il segretario di An, Fini, abbia declassato l'incontro con la Lega ad un «accordo sul metodo» mentre sul merito del tipo di riforma «tutto è ancora da verificare». «Si vuole riscrivere la Costituzione senza averne parlato agli elettori» denuncia il quotidiano della Santa Sede, L'Osservatore Romano ammettendo «sconcerto e preoccupazione». «Sembra ormai che una normale scadenza elettorale si vada trasformando in scadenza costituzionale». Ed è proprio questo il punto che sta provocando grande allarme. Lega e Alleanza nazionale di Fini si erano lasciate venerdì facendo capire che convenivano su uno Stato federale con sistema presidenziale. In pratica non una modifica della attuale Costituzione ma la sua totale riscrittura, da farsi anche con i soli voti della destra in Parlamento e poi col ricorso al referendum popolare. Si può seguire un percorso del genere per scrivere il patto che deve garantire la pacifica convivenza di tutti gli italiani, di qualsiasi orientamento siano? La risposta quasi corale è «no». Perché quasi tutti capiscono che un percorso semplicistico e forzato che modifichi le regole che stanno alla base della convivenza tra gli italiani potrebbe portare a tensioni pericolosissime. Lo ammette per primo un uomo della maggioranza vincente, Raffaele Costa, secondo il quale le procedure per rivedere la Costituzione «sono troppo importanti per essere decise sbrigativamente in incontri bilaterali o anche collegiali dalla sola maggioranza». Che è quel che dice ai vincitori, ma implicitamente an¬ che al presidente della Repubblica, l'ex segretario del Partito popolare, Martinazzoli. «Le procedure di modifica della Costituzione non possono riguardare l'impianto generale. Su questo terreno reagiremo» avvisa Martinazzoli invitando tutti a scen- dere in piazza per la manifestazione del 25 aprile. Quel che Martinazzoli fa capire, lo dice esplicitamente il suo compagno di partito, il ministro degli Esteri, Andreatta. «Credo che il capo dello Stato, nel conferire l'incarico per la formazione del prossimo governo, dovrebbe fare un discorso di alta opportunità politica» prima di indicare come possibile presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. E così Scalfaro viene chiamato direttamente in causa perché vigili attentamente sull'evoluzione della situazione. Dal Quirinale nessuna replica. Pare di cogliere solo un qualche fastidio per reazioni considerate eccessive di fronte ad ipotesi lanciate non in modo ufficiale come programma di governo concordato. E tra le tante reazioni ci sono quelle, più accese di tutti, dei costituzionalisti e di un paio di ex presidenti della Corte costituzionale. Ettore Gallo, per esempio, sostiene che il piano federal-presidenziale di cui hanno discusso Miglio e Fisichella «somiglia molto ad un colpo di Stato». L'altro ex presidente, Livio Paladin, vede minacciata l'unità nazionale. Il costituzionalista Paolo Barile, ministro uscente, sostiene che bisognerebbe eleggere una apposita as- semblea costituente per trasformare l'Italia in Stato federale: «Se la forzatura fosse portata allo sbrego, come ha detto Miglio, sarebbe un colpo di Stato». E un altro costituzionalista, Ugo Rescigno, prevede «una sollevazione popolare». Son tutti discorsi sottoposti, evidentemente, alla riflessione del presidente della Repubblica, supremo garante della attuale Costituzione alla quale ha giurato fedeltà. Anche il presidente della Camera, Napolitano, ricorda che «nessuna forza politica, dico nessuna, ha mai posto questioni di revisione della prima parte della Costituzione, quella che riguarda i principi fondamentali». Alleanza nazionale è preoccupata e ora teme «il clima di velenosa polemica col quale ci si sta avvicinando alla date del 25 aprile». Ma il leghista Maroni conferma che si procederà «con la massima determinazione». Alberto Rapisarda a Da sinistra, Giorgio Napolitano e Beniamino Andrena. A destra, il presidente Scalfaro Il leader di An Gianfranco Fini
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