Caselli un linciaggio per fermarmi di Marcello Veneziani
Anche il magistrato negli «elenchi di proscrizione» di un settimanale di destra Anche il magistrato negli «elenchi di proscrizione» di un settimanale di destra Caselli: un linciaggio per fermarmi Il procuratore di Palermo: sono onorato di essere insieme con Cordova e Borrelli TORINO. «Quando si compilano e si diffondono degli elenchi che assomigliano moltissimo alle liste di proscrizione, si dà prova di rozzezza, arroganza e inciviltà. Un grosso pericolo per la democrazia. E un attacco alla funzione che io esercito, alla libertà e all'indipendenza della magistratura». Gian Carlo Caselli, procuratore capo a Palermo, risponde così a «Quante teste da mozzare», articolo comparso su «L'Italiasettimanale», giornale molto vicino al segretario di Alleanza nazionale Gianfranco Fini: un elenco di «nomi e cariche in vista, potenti e mandarini fino a ieri che oggi sono a rischio di mannaia». In quella lista c'è il suo nome, e c'è quello di Luciano Violante, ex presidente della Commissione antimafia. Ieri hanno partecipato a «Mafie E> dintorni», convegno di Magistratura democratica che si è svolto a palazzo Lascaris. Caselli è l'ultimo a parlare. Inizia con ironia: «Rilevo che in questi elenchi ci sono anch'io, e che sono in una compagnia davvero ottima. Sono sempre stato un presuntuoso, ma non sapevo di meritare tanto. E' una specie di promozione, ne sono persino un po' orgoglioso». Ma l'ironia finisce qui. «Con quell'elenco si è arrivati a una forma di linciaggio, a un tentativo a dir poco bieco di bloccare l'atti- vita di chi non ha mai voluto scendere a patti con la mafia». Caselli spiega come si è arrivati alle teste da mozzare. Parte da lontano, ripercorre successi e sconfitte nella lotta alla mafia: «Ci fu una stagione in cui nei processi di mafia l'insufficienza di prova era sistematica, una costante. La mafia cresceva in forza, in prestigio, perché riusciva sempre a farla franca. Poi è arrivato il pool, con Falcone, Caponnetto, Borsellino. E con questi sono arrivati i primi risultati, si sono aperte le prime crepe in quel mito dell'invulnerabilità dell'organizzazione». La reazione arriva puntuale: Chinnici viene ucciso, «e altri hanno alimenta- to polemiche strumentali sui cosiddetti professionisti dell'antimafia. E' la fine del pool». La ripresa: «Falcone va a Roma, incrocia un Guardasigilli il cui impegno antimafia si rivela valido. E agli inizi del '92 matura una sentenza rivoluzionaria: per la prima volta la Cassazione riconosce le verità del maxiprocesso voluto da Falcone e Borsellino. Per la mafia, un terremoto». Chi, come Lima, non è riuscito a mantenere le promesse fatte, viene ucciso. Poi tocca a Falcone e a Borsellino. Ai primi del '93 a Palermo ci arriva lui, Caselli. Il giorno dopo viene arrestato Totò Riina, capo dei corleonesi, vent'anni di latitanza. A Palermo si respira un'aria nuova: sembra finito il periodo dei veleni, a Palazzo di Giustizia si rinserrano le fila. La mafia pare alle corde: i pentiti si moltiplicano, e raccontano i rapporti con i politici. Ed eccola, puntuale, la reazione. Dice Caselli: «La mafia intreccia rapporti con nuovi personaggi, e si arriva alle bombe di Milano, Roma, Firenze. Sui mass media par¬ tono gli attacchi ai pentiti, e l'antimafia finisce per dare fastidio. Oggi, chi ne vuole parlare in televisione viene zittito. E' acqua passata, c'è in giro una gran voglia di normalizzazione, quella tipica dei periodi autoritari, quando si decideva che le cose andavano bene, e dei delitti i giornali non scrivevano più. Fino all'ultima campagna elettorale, quando Pannella ha parlato di "eccessi di giustizia della procura di Palermo". E un uomo come l'ex capo del pool di Palermo Antonino Caponnetto - aggiunge Caselli -è stato dileggiato alle elezioni». Negli ultimi giorni, le manifestazioni di piazza, con il parroco in testa, per protesta¬ re contro l'arresto del boss. «L'opinione pubblica è cambiata - dice Caselli - c'è un risultato elettorale su cui meditare, anche il consenso è diminuito, ma tutti dobbiamo renderci conto che la partecipazione della società è importante, altrimenti la mafia crescerà ancora». E le teste da mozzare. Tra cui quelle di Borrelli e Cordova. Caselli: «E' un attacco alla libertà, e alla indipendenza mia personale. E' un attacco al procuratore di Palermo, a quelli di Napoli e di Milano. Spero che lo avvertano tutti quanti hanno a cuore le sorti della democrazia». Nino Pietropinto «Un'iniziativa rozza arrogante e incivile Un grande pericolo perla democrazia Un attacco alla libertà» Gian Carlo Caselli, procuratore di Palermo. Sopra, Marcello Veneziani
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