Rabin sigilla i Territori per una settimana di Mimmo Candito

Robin sigilla i Territori per una settimana Robin sigilla i Territori per una settimana L'esercito chiude le strade per Israele, palestinesi bloccati morte che sta dietro un angolo di strada; ma stavolta la firma di Washington aveva creato una breccia comunque nella cultura della paura, e il costume di certe difese psicologiche si era modificato. All'improvviso, i morti di Afula in questi giorni, e poi anche i morti di Ashdod, hanno allungato la loro ombra disperata dentro quella breccia. Per rafforzare il segnale lanciato alla gente di casa, il governo ieri mattino, riunito in seduta straordinaria, ha preso poi una misura che lancia molte incertezze sul futuro: poiché il sigillo posto sui Territori Occupati finisce per costringere fuori dai cantieri e dai campi i circa 50 mila palestinesi che giornalmente vengono a lavorare da quest'altra parte dei posti di blocco, si è deciso di aprire l'assunzione in Israele di 20 mila operai «stranieri», 15 mila per l'edilizia e 5 mila per l'agricoltura. I contratti, prevedibilmente per filippini, thailandesi e manovali dell'Est ex comunista, vengono definiti, per ora, «provvisori», ma quest'apertura al mercato internazionale delle braccia prefigura anche una rottura definitiva. Trentamila o cinquantamila nuovi disoccupati nel mare infinito della miseria che domina i campi profughi di Gaza e in molti dei villaggi palestinesi sono una prospettiva che distrugge il difficile equilibrio economico della regione sotto controllo militare, dove ognuno di quei salari spesso mantiene in vita - grama, ma vita una ventina almeno di persone; la decisione pare destinata a radicalizzare pesantemente i già tesi rapporti tra le delegazioni che domani tornano a riunirsi al Cairo. «E' un'assurda punizione collettiva», diceva ieri amaro a Ramallah il laeder locale dell'Olp, Hussein Al-Sheik. Questa «punizione» getta nuove ombre non solo sulle trattative politiche, ma anche su quei piani di coordinamento economico che vengono trattati in questi giorni dall'altro negoziato di Parigi, dove si tendeva a configurare una possibile integrazione tra l'economia d'Israele e quella dei territori affidati alla nuova gestione di Arafat. Ieri qui c'era anche il rev. Jessie Jackson, venuto a celebrare il trentennale dell'Olp (però il governo di Rabin ha fatto sapere: celebrazione in qualsiasi posto, ma non a Gerusalemme). Aspettando di sapere se la celebrazione si farà o no, Jackson intanto è andato a Hebron a parlare di pace: le feste sono state grandi, ma poi è finita a colpi di pietra e gas lacrimogeni, con una ventina di feriti. «L'unico modo per fermare la violenza è accelerare il cammino della pace», diceva saggiamente il reverendo, tappandosi il naso con un fazzoletto, per fermare i gas. Tutti erano d'accordo attorno a lui, ma le pietre volavano indifferenti, e anche le pallottole dei soldati. Mimmo Candito

Persone citate: Arafat, Jessie Jackson, Rabin

Luoghi citati: Cairo, Gaza, Gerusalemme, Israele, Parigi, Washington