Attaccano la Costituzione di Paolo Guzzanti

« « Attaccano la Costituzione » E il pds lancia l'allarme generale «Inaudito cambiare nome all'Italia» ROMA. Di colpo è allarme generale tra partiti e alleanze sconfitti alle elezioni e anche tra le organizzazioni dei lavoratori. Il timore che si è improvvisamentre diffuso è che si stia preparando il passaggio dalla attuale democrazia parlamentare simile a quella di tutti i Paesi occidentali, ad una di tipo plebiscitario. La segreteria del pds si è riunita in serata per manifestare «massimo allarme». «L'intenzione che emerge (dall'incontro tra Lega e An, ndr) è di manomettere la Costituzione in spregio ai principi e norme di garanzia che nessuno può permettersi di violare. Si giunge persino a ventilare un mutamento della denominazione della Repubblica italiana (la Lega propone: Unione italiana, ndr)». Il pds conclude con una ferma sollecitazione «a tutti gli organi dello Stato perché esercitino le responsabilità costituzionali previste per impedire ogni strappo e ogni avventura che violino la legalità». Ed è un chiaro richiamo a Scalfaro. Ma non è solo il pds a essere allarmato per quel che si propone di fare il futuro governo. Anche il democristiano-popolare Leopoldo Elia, ministro per le riforme, dice che le intenzioni riformatrici della nuova maggioranza «non promettono niente di buono», visto che si vogliono escludere le opposizioni dall'elaborazione delle regole costituzionali. «Attenzione alle svolte autoritarie - avvisa il socialista, DelTurco -. In nessun Paese democratico la modifica dolla carta costituzionale può essere il prodotto di una semplice maggioranza politico-parlamentare». Anche la Cgil, il maggior sindacato dei lavoratori, ieri ha deciso di uscire dalla neutralità nella quale pareva attestata, dopo aver letto cosa hanno concordato gli alelati del futuro governo: «I valori dell'antifascismo e della Resistenza, dell'unità nazionale, sanci¬ subire a denti stretti le imposizioni del capolega provinciale che gli ha imposto i suoi uomini. C'è il caso del militante storico Rino Leva che, sempre a Pavia, ha arso in pubblico le sue 13 tessere (due per anno, in segno di iper-militanza) e una patria bandiera lombarda, per essere stato emarginato. Risultato: espulso con un comunicato un po' iraniano, in cui si auspica che sia «il popolo del Nord a fare giustizia». Poi c'è fibrillazione e malumore nella giunta di Milano perché devono essere sostituiti l'assessore Marisa Bedoni e il vicesindaco Cesare Sassi, presidente della Centrale del Latte. Mi hanno spiegato che uno dei suoi espulsori più convinti è l'avvocato Mario Marzorati, legale della stessa centrale del Latte di cui l'espulso è presidente, il quale a sua volta avrebbe rimproverato all'espulsore Marzorati di non aver avuto gli occhi abbastanza aperti su certe cause dell'azienda in cui erano in ballo tre miliardi e mezzo. Si tratta, ma si potrebbe continuare, di sciocchezze: beghe di giunta, liti di condominio, gelosie, delusioni, rabbie da megalomania, qualche penoso caso di tradimento coniugale, stupidaggini che non hanno nulla a che fare con la questione politica da cui ci siamo mossi. E cioè se e quanto il cuore della Lega sia malato alle coronarie, se e quanto il suo battito sia meno forte, meno regolare, meno atletico di prima. Paolo Hutter: «Viverci insieme, in giunta, è un'esperienza ti dalla Costituzione, costituiscono un patrimonio che nessuna maggioranza politica contingente può mettere in discussione». La Cgil invita i lavoratori a scendere in massa in piazza il 25 aprile in nome dell'antifascismo. E così, la manifestazione in ricordo del cinquantesimo anniversario della Resistenza degli italiani ai nazi-fascisti, si prepara a diventare un fatto di rilievo che potrebbe influire sul percorso politico che pare portare alla nascita di un governo di destra guidato da Berlusconi. Per le opposizioni il colpo è arrivato violento nel primo pomeriggio di ieri, quando Lega e Alleanza nazionale hanno convenuto che bisogna formare un «governo di svolta» per riscrivere di sana pianta la Costituzione in modo da conciliare il federalismo della Lega col presidenzialismo dei missini. Il tutto in tempi brevissimi e utilizzando quel che offre l'art. 138 della Costituzione. Ovvero, un referendum finale nel caso, assai probabile, che le modifiche non venissero approvate dal Parlamento con la maggioranza dei due terzi. «Con l'articolo 138 li sodomizzerò» aveva promesso con brutale chiarezza pochi giorni fa il costituzionalista della Lega, Miglio. E si riferiva agli sconfitti alle elezioni, a quanti difendono questa Costituzione nata da un laborioso accordo generale alla fine della guerra. «Dopo 50 anni di Repubblica ne nasce una nuova e deve cambiare la Costituzione» dichiarava il capo dei deputati missini, Tatarella. «La riforma deve partire dall'iniziativa del' governo, passare per il confronto in Parlamento e dare finalmente la parola al popolo col referendum finale». E il leghista Miglio confermava spiegando che con la riforma «il presidente della Repubblica diventerà come una vecchia tappezzeria». Alberto Rapisarda Da sinistra Leopoldo Elia e Ottaviano Del Turco In alto Achille Occhetto curiosa. I consiglieri leghisti sono molto chiusi, molto riservati, hanno persino inventato la riunione di pre-giunta, assessori e sindaci, per escludere tutti gli altri, compreso il segretario comunale. I giornalisti si sentono esclusi e derisi, mentre - dice Hutter - gli amministratori non hanno imparato l'arte della comunicazione con la gente. Talvolta sembrano tristi e ci invidiano palesemente il ruolo ben più allegro dell'opposizione». Il sindaco di Varese, Fassa: «Noi dobbiamo anzi preoccuparci di tranquillizzare le sinistre sul fatto che non è in corso alcuna crociata e che con loro dobbiamo e vogliamo mantenere aperto il tavolo più importante, quello delle riforme istituzionali che vanno fatte insieme e di comune accordo, per non rischiare che poi ogni nuova maggioranza si faccia la sua nuova Costituzione». In altre parole: c'è una alleanza simile al Cln di mezzo secolo fa, che è istituzionale ed è importante. C'è poi un accorducolo, un imbrogliuccio occasionale e tattico, per fare un governicchio che non dia ombra al grande valzer di Bossi, in cui inviterà a ballare con lui tutti i partiti, tutti i leader. E il governicchio a chi? A Berlusconi? Macché: il piano del senatùr prevede che a Palazzo Chigi sieda un garante super partes. Uno che faccia gli affari correnti e che passi la mano quando si farà il governo vero. (2. continua) Paolo Guzzanti

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