«Vendere la Fininvest Una follia»

Fondazione o congelamento dei beni? li Cavaliere studia come separarsi dal suo impero Fondazione o congelamento dei beni? li Cavaliere studia come separarsi dal suo impero «Vendere la Fininvest? Una follia» Confalonieri: «Siamo un bene di interesse nazionale Per questo non pensiamo affatto di cedere tutto e subito» zione del Blind trust» ha osservato ieri il presidente della Consob, Enzo Berlanda. Il «Blind trust», ovvero trust «blindato», formula che congela in un trust i possessi societari (in questo caso quelli di Silvio Berlusconi), affidando a terzi la loro gestione, è una delle possibilità cui ha accennato nei giorni scorsi lo stesso Berlusconi, davanti alle obiezioni di quanti sottolineavano l'incompatibilità tra guida del governo e interessi economici così vasti. Per capire la complessità di una diversa sistemazione delle proprietà berlusconiane, che dia un po' più di affidamento del famoso «divorzio» dal fratello Paolo (col passaggio a quest'ultimo de II Giornale e del patrimonio immobiliare), basti pensare che delle 22 società attraverso le quali Sua Emittenza controlla gli affari, una buona parte è affidata alla Servizio Italia, fiduciaria della Banca Nazionale del Lavoro. Insomma, l'organigramma della galassia di Arcore -10.000 miliardi di business - i intricato. Smembrarlo o passarlo ai figli non è né semplice né rapido. La stessa quotazione della Silvio Berlusconi Editore (nella quale venne fusa la Mondadori), preannunciata per lo scorso settembre, slitta regolarmente di stagione in stagione. Né è un mistero che la situazione debitoria del gruppo, valutata in non meno di 4000 miliardi, è da tempo oggetto di cure da parte di banche e dei vertici Fininvest. Proprio per rimettere ordine, e sotto la spinta determinante delle banche, l'amministratore delegato della Mondadori, Franco Tato, era passato in ottobre alla guida di Fininvest. Col compito, appunto, di dare un netto taglio alle spese, e di applicare un severo controllo di gestione. In quest'ottica, si erano mol¬ tiplicate nei mesi scorsi le ipotesi di possibili cessioni di beni, come la Standa o la controllata Euromereato. Ma anche qui, la vendita non è semplice: sia Standa che Euromereato sono sottocapitalizzate, l'eventuale ricavo finirebbe penalizzato da alte tasse. Forse, le attività più semplici da cedere sono oggi quelle finanziarie di Programma Italia, i fondi e così via gestiti da Ennio Doris, che ne è padrone in proprio per il 50%. Ma anche ieri Fedele Confalonieri ha ripetuto alle telecamere di Bai 2: «Non si può svendere pezzi qua e là. Il nostro gruppo ha un'identità, una cultura. E' un bene di interesse nazionale». Diffida, Confalonieri, delle «ricette straniere». Anche perché: chi assicura all'amico Silvio di riuscire a star seduto su quella poltrona per l'intera legislatura? Valeria Sacchi tavia preferisce «non rilasciare dichiarazioni, che in questo momento verrebbero strumentalizzate». Decisamente favorevoli alla proposta di Umberto Bossi sono invece Giuliano Ferrara e Maurizio Costanzo - che si sono espressi anche in tv per la ritirata del leader dal fronte dell'mformazione - e i direttori di Epoca, Roberto Briglia («Quella rilanciata da Bossi è una ovvia questione di democrazia») Tg5 e Studio Aperto. Enrico Mentana: «Berlusconi ha già detto che cederà le sue aziende. Deve soltanto specificare presto come e quando. Il problema di un presidente del Consiglio che possieda tv e giornali in una democrazia non si pone nemmeno: è scontato che non sia possibile». Paolo Liguori: «Bossi ha ragione. Anche se sono sicuro che Berlusconi ci ha pensato prima di lui. Vendere non soltanto è opportuno ma addirittura conveniente. Con gli impegni che lo attendono, Berlusconi non potrebbe seriamente badare ai suoi affari». «Del resto, le reti non gli serviranno - è la disincantata chiosa di Liguori -. Quando Berlusconi sarà presidente del Consiglio, per come conosco giornali e giornalisti, avrà a disposizione tutte le tv e i quotidiani che vuole: Rail, Rai2, Raisette, Corriere, Stampa, Messaggero e perfino Repubblica... Sarà come la corsa all'oro in California. Io stesso ho deciso di farmi da parte, per evitare di essere calpestato da chi, venendo da lontano, ha molta più fretta». alla scelta e in ogni caso convinto che «se Silvio si mette in politica, deve prima vendere tutto». Ora che il Cavaliere discetta di blind trust e altre diavolerie sul prestigioso Time, l'amico si schiera sulla linea del Piave catodico: no pasaran. «Vendere tutto? Ma andiamoci piano. Qui non si smantella nulla, siamo mica matti», ripete Confalonieri prima alla Stampa e poi al Tg2. E ricorda che «gli elettori, aziende o no, l'hanno votato lo stesso». Il 21 per cento di elettori, e l'altro 79? «Ventuno o settanta, l'hanno votato e dunque approvano. Eppoi, l'Italia è un sistema anomalo». Torna a galla insomma l'antica «anomalia» italiana, cavallo di battaglia dei vecchi politici nostrani. Anche il tele tribuno del popolo, Gianfranco Funari, contrario a vedere intaccato anche di un'unghia il monopolio del padrone, ricorre alle peculiarità italiote: «E' vero che nelle altre democrazie non sarebbe possibile - è il suo parere - ma è pur vero che in Italia la democrazia è ancora arretrata rispetto all'estero». E dunque, teniamoci la nostra videocrazia. A sorpresa, Funari viene scavalcato a sinistra si diceva una volta - da Emilio Fede: «Certo che Bossi ha ragione. Certo che Berlusconi deve cedere. E lo farà. Io Silvio lo conosco, so che gli premono soltanto gli interessi del Paese, so che lo farà e sono pronto a scommettere». Più o meno sulla stessa linea di Emilio Fede, di piena fiducia nel liberismo e nella liberalità di Berlusconi, sembra essere il direttore di Panorama, Andrea Monti. «Qualcosa si sta già muovendo», assicura Monti, che tut¬ Curzio Maltese Il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi LA «STRANA» ALLEANZA se esso è spendibile come un'importante affermazione di prestigio presso gli elettori. La Lega infatti è riuscita a fare del federalismo, comunque definito, la questione chiave della politica italiana. Alleanza nazionale, da parte sua, guadagna con l'idea di un vertice istituzionale forte, comunque formulato, un punto che da sempre la qualifica. Insieme, le due forze politiche sfruttano le aspettative confusamente create in questi anni attorno a questi temi (rispetto ai quali - mi si consenta dirlo - la sinistra ha sempre reagito di rimando e con irritazione). In attesa di conoscere in dettaglio lo schema combinatorio tra federalismo e premiership non possiamo ignorare che nell'unico modello leghista minimamente articolato di federalismo (quello di Miglio) la componente del governo diretto e forte è sempre stata presente ed esplicita. Staremo a vedere se e come Miglio manterrà la sua complicata architettura dei primi ministri federati o cantonali. E soprattutto come sarà possibile attuarla concretamente. Rimane intanto confermato che ciò che sta a cuore ai leghisti è sempre e soltanto un esecutivo presuntivamente interprete diretto della volontà del popolo a livello regionale e/o nazionale. Non a caso nei giorni della polemica frontale contro Berlusconi, cui ha partecipato lo stesso Miglio parlando enfaticamente di pericolo autocratico, era in_discussione la persona di Berlusconi non il ruolo di un premier autorevole. E' su questa base che si opera la convergenza con Alleanza nazionale e i suoi elettori. L'attesa di un governo diretto e forte accomuna strati sociali e culturali assai diversi: quelli del Nord che si dicono liberisti e sono virtualmente separatisti (perché comunque vada comanderanno come vorranno a casa propria) e ampi strati del CentroSud, social-protezionisti, che comunque vada pensano di contare sempre sulla struttura statuale. Questa convergenza opportunistica contiene una minaccia alla democrazia, anche se il federalismo dovrebbe essere una garanzia democratica come lo dovrebbe essere il controllo elettorale diretto dei propri governanti? Correttezza vuole che per il momento sospendiamo il giudizio in attesa di esaminare da vicino l'intera combinazione di federalismo e premiership che ci verrà proposta e le garanzie di democraticità, oltre che di salvaguardia dell'unità nazionale, che sarà in grado di fornire. E' necessario tenere ben sveglia la nostra attenzione e intelligenza. Gian Enrico Rusconi LA STAMPA Quotidiano fondata nel IH67 DIRETTORE RESPONSÀBILE Ezio Mauro VICEDIRETTORI Lorenzo Mondo, Luigi La Spinu Uad Lerner REDATTORI CAPO CENTRALI Vittorio Sabadin, Roberto bollato EDITRICE IA STAMPA SPA PRESIDENTE Giovanni Agnelli VICEPRESIDENTI Vittorio Csissotti di Chiusano Umberto Cullici AMMINISTRATORE DELEGATO E DIRETTORE GENERALE Paolo Paloschi AMMINISTRATORI Enrico Anturi Luca Corderò di Montezcmolo Jas Gawronski Giovanni Giovannini Francesco Paolo Mattioli Alberto Nicolcllo STABILIMENTO TIPOGRAFICO La Stampa, via Marcnco 32, Torino STAMPA IN FACSIMILE * la Stampa, v. G. Brunii HI, Turino STT srl, v. C. l'esenti 130, Roma STS epa, Quinta Strada 35, Catania Nuova SAMK spa, v. della Giustizia II, Milano L'Unione Sarda spa, v.lc Elma», Cagliari CONCESSIONARIA PUBBLICITÀ' Publikompass Spa v. Carducci 29, Milano, tel. (112) Si; 17(1.1 c. M. d'Azeglio 60, Torino, tel. (UH) 65.211 (altre liliali inizio annunci economici) © 1994 Editrice La Stampa SpA Reg. 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