Per ricordarli al Carignano una serata di libri e teatro

IONESCO E MORTEO IONESCO E MORTEO Per ricordarli al Carignano una serata di libri e teatro ■" pagnie torinesi. «Serata Ionesco Morteo», è dunque il titolo della manifestazione, che si svolgerà al Teatro Carignano lunedì 11 aprile alle 20,45 e che coglierà l'occasione per presentare alcune pubblicazioni: il volume del «Teatro completo» di Ionesco edito nella Biblioteca della Pleiade da Einaudi - Gallimard, «Ipotesi sulla nozione di teatro e altri scritti» di Morteo edito dal Centro Studi e Linea Teatrale e il numero 19 della rivista (fondata da Morteo) «Linea Teatrale», interamente dedicato a Ionesco. La presentazione dei libri avverrà nella prima parte della serata colorita da interventi di numerosi studiosi, amici, allievi e teatranti. La seconda parte offrirà invece stralci di allestimenti teatrali ioneschiani prodotti da Compagnie torinesi: dal Passo a due ispirato a «Jacques o la sottomissione», messo in scena dalla Compagnia di danza Teatro di Torino, a «Il Rinoceronte» del Gruppo della Rocca, al «Macbett» dell'Alfa Teatro, sino a «La cantatrice calva» che il Teatro delle Dieci di Massimo Scaglione presentò a Torino nel 1958 all'Unione Culturale, nello stesso anno della prima raccolta einaudiana del Teatro di Ionesco. L'ingresso alla manifestazione è libero. [m. bo.J N DUE TEMPI Ionesco primo e attento traduttore, tanto poi da diventarne quello elettivo in piena collaborazione con la casa editrice Einaudi. A loro due, alla loro memoria e soprattutto alla loro opera è dedicato l'appuntamento che il Centro Studi del T.S.T. ha organizzato in collaborazione con l'assessorato per le Risorse Culturali e la Comunicazione, l'Einaudi, Linea teatrale, il C.R.U.T. e alcune com¬ In alto a sinistra "La contatrice calva» del '5$ con il Teatro delle dieci A destra "Il re muore» allestito nel '63 dal Tst con Bosetti Accanto Morteo e Ionesco Sotto «Il giuoco dell'epidemia» allestito dal Tst nel '77 DAGLI SCRITTI DI MORTEO Tra gli scrittori di teatro, non strettamente ortodossi e accademici, che si sono rivelati in Francia nel corso degli ultimi anni, Eugène Ionesco è indubbiamente uno dei più originali e dei più fortunati. Appartiene a quel gruppo (non scuola: «il n'y a pas de chef de file, chacun est son propre théoricien», dice Ionesco) di cui fanno parte Beckett, Adamov, Genet, Schehadé, Tardieu, Vauthier, Pichette, Weingarten e, in qualche modo, anche Ghelderode e Audiberti. Un gruppo cosmopolita, con uomini dalle provenienze diversissime, conquistati dalla generosa e stimolante ospitalità intellettuale di Parigi; e, come dicevamo, poco ortodosso giacché, se un tratto hanno in comune tutti i suoi componenti, è proprio il rifiuto delle tradizionali formule di struttura e linguaggio drammatico. Volendo si potrebbe aggiungere che, nella loro opera, questi scrittori, per lo più in forme indirette e fantastiche, ci offrono un processo dell'uomo e della società contemporanea; ma questa non è una loro prerogativa. Più interessante, caso mai, notare che si tratta di un processo nel quale, curiosamente, scetticismo ironia amarezza fede (sì, fede, sebbene indistinta e non materiata di nessuna particolare dottrina) si mescolano, espressione di uno stato di malessere subito e analizzato, piuttosto che di una effettiva capacità a risolverlo e superarlo. «Tout cela doit provoquer chez les spectateurs un sentiment pénible, un malaise, une honte» leggiamo nella didascalia finale di «Jacques ou la soumission». Meno vigorosi e meno iconoclasti dei loro colleghi dell'altro dopoguerra, che assumevano di fronte alle platee posizioni apertamente polemiche, questi autori, che taluno vuol definire «d'avanguardia», ci appaiono più cauti, più subdoli, più mescolati all'animo del loro pubblico. (da «Ipotesi sulla nozione di teatro e altri scritti» di Gian Renzo Morteo)

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