I FANTASMI NAZISTI NELLE FIABE DI FUHMANN di Luigi Forte
I FANTASMI NAZISTI NELLE FIABE DI 111 IVI ANN I FANTASMI NAZISTI NELLE FIABE DI 111 IVI ANN I «Kameraden» dell'amico di Heinrich Boll dentro un essenziale grumo narrativo. Una scrittura molto vicina alle short stories di Heinrich Boll, con cui egli condivise il destino di ima generazione destatasi dall'adolescenza direttamente sui campi di battaglia. Poi venne, almeno per lui, il socialismo, l'utopia d'un mondo più giusto; ma i fantasmi del grande incubo non dileguarono. Novelle, racconti, schizzi, reportages, la stessa lirica, in cui è stato ottimo maestro, tendono verso una costante riflessione: il perverso sortilegio del fascismo, l'ubriacatura ideologica, la manipolazione delle coscienze. Lui non li tira fuori dalle reliquie storiche, dall'apologia manierata dell'antifascismo, ma dalla sua stinta giberna di giovane soldato nell'inferno della guerra: bossoli di memoria, schegge che illuminano un universo di orrori. Ma il paesaggio più devastato resta quello della coscienza posta d'improvviso di fronte all'insensato, all'irreparabile: come in Kameraden, dove tre giovani soldati della Wehrmacht uccidono per sbaglio la figlia del maggiore mirando ad uno splendido airone. C'è il colore e la luce morbida di una fiaba, ima natura piena di riverberi lacustri, la gioia un po' spaccona di ragazzi in libera uscita. E, sullo sfondo, l'esercito del Reich alla vigilia dell'invasione dell'Unione Sovietica. Poi la tragedia personale, che mette a nudo paura, aggressività, rimorsi e violenza. E' un percorso analogo a quello del giovane milite tedesco in un villaggio greco in Creazione, vacillante fra obbedienza e pietà, valori umani e sogno nazionalsocialista «della creazione perfetta (...), così faustiano che soltanto il popolo dei dominatori della terra poteva sognarlo». La disillusione di queste figure poggia sui fatti stessi: il superomismo mostra i piedi d'argilla, la fragilità di chi ha venduto anima e cervello al Potere vociante e imbonitore. E l'ironia, come anche nel teso racconto II tribunale divino risucchia gli eroi-fantocci in un vortice di distruzione. Qui si rivela la grande arte di Fùhmann: nella tensione tra la fol¬ lia che ha ormai pervaso le coscienze, e la realtà che finisce per smascherarlo miseramente. Scritti quasi quarant'anni fa, alcuni di questi racconti palesano una freschezza e un'originalità d'impianto, che sono anche oggi merce rara. Il tema resta l'ideologia, anche più tardi, quando a farne le spese è la stessa exRdt. Basti pensare a Storie di specchi, un gustoso apologo sull'ottusità dei burocrati socialisti e l'arroganza del potere. Ancora una volta lo scrittore tedesco insiste su ritmi e tempi nei quali la sostanza delle cose si riduce a comica apparenza, gioco di riflessi su impietosi specchi. Ma, a libro chiuso, resta la sensazione che Franz Fùhmann sia stato in qualche modo un contemporaneo contro volontà: uno che ha rubricato gli orrori sognando la poesia del mondo, le mille voci della natura, le sfumature dolci e pacate di un'Europa che s'affaccia sul Mare del Nord, in cui terra e cielo si lambiscono, come in Strelch o nel bellissima prosa Boemia sul mare presentata già l'anno scorso da Marietti nell'esemplare traduzione di M. Teresa Mandai ari in un volumetto dall'omonimo titolo arricchito di quattro gustosi racconti mitologici (pp.121, L. 19.000). Qui il sogno socialista appare forse un po' troppo roseo, ma è cosa secondaria. Conta invece un ritratto di donna piegata sul proprio dolore, che ha radici lontane nell'arte dei grandi narratori. Lo ribadisce anche quella specie di tragica leggenda che è TI fiore del temporale, un gioco fra due ragazzi, un amore che si tinge d'imprevedibile lutto. Sono le schegge di Fùhmann, che impazzite di vita, finiscono in un vortice buio. Sono così, i suoi racconti, fiabe capovolte in una luce ingrigita. Luigi Forte
Persone citate: Franz Fùhmann, Heinrich Boll, M. Teresa, Marietti, Storie
Luoghi citati: Europa, Unione Sovietica
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