«lenzuola d'oro per il pci»

Il consigliere delle ferrovie accusa, il tesoriere nega Il consigliere delle ferrovie accusa, il tesoriere nega «lenzuola d'oro per il pei» Caporali: diedi i milioni a Pollini aveva rinunciato alla politica per darsi agli affari, e che annunciava la modernizzazione delle ferrovie, verrà ucciso in un misterioso agguato a Reggio Calabria. Nel periodo a cavallo tra il 1986 e il 1987 era all'apice del potere. Le lenzuola per cuccetta, però, pagate a peso d'oro e inadatte allo scopo, furono la buccia di banana per la carriera sua e degli altri amministratori. Giulio Caporali, oggi, racconta come i «suoi» soldi sarebbero finiti nelle casse di Botteghe Oscure, «Incontrai Graziano due sole volte. In ciascuna di quelle occasioni, mi consegnò una busta chiusa nella quale evidentemente c'era il denaro che aveva promesso. Io inserii la busta in una cartella assieme agli altri documenti che periodicamente inviavo al pei in via delle Botteghe Oscure. La cartella la consegnavo al mio autista di cui ora non ricordo il nome». Nella sede del pei, a ricevere i soldi, c'era il tesoriere in persona. Spiega Caporali, un po' pignolescamente: «La busta contenente le elargizioni di Graziano era da me indirizzata al senatore Pollini. Nelle comunicazioni con lui, non spiegavo mai di chi fosse la paternità delle elargizioni. La segreteria amministrativa del partito, all'epoca, aveva dato una esplicita autorizzazione ai designati del consiglio di amministrazione delle ferrovie di accettare le somme elargite dalle cosiddette cooperative rosse, senza peraltro escludere ogni altra eventuale elargizione che provenisse da imprenditori in qualche modo in rapporti economici con le Ferrovie». ROMA. Nuove accuse per una vecchissima storia: lo scandalo delle lenzuola d'oro, esploso nel 1987, dopo aver trascinato nel fango i corrotti rappresentanti del consiglio di amministrazione delle Ferrovie, coinvolge i partiti che si lottizzarono le poltrone. Nel corso del processo di appello, infatti, l'ex rappresentante del pei Giulio Caporali, sia pure ammettendo di aver intascato una mazzetta da 350 milioni, accusa l'ex tesoriere del pei Renato Pollini: «Quei soldi non li ho ricevuti per mio vantaggio personale. Li ho avuti per conto del pei». Nessuno si salva dalle sue accuse: «Graziano mi diceva che versava denaro a tutti i referenti dei partiti nel consiglio di amministrazione delle ferrovie». E' la prima volta che l'ex ferroviere Caporali, promosso nella stanza dei bottoni per meriti di partito e poi espulso dal pei per indegnità, accusa pubblicamente Pollini. In primo grado, infatti, Caporali aveva negato tutto ed era stato condannato a quattro anni o mezzo per corruzione. In seguito ha cambiato versione. Davanti al pm Titti Parenti, a Milano, ha accusato l'ex tesoriere di Botteghe Oscure. Ma Pollini, che per quelle accuse s'è fatto due mesi a San Vittore, nega tutto. «E' il tentativo di alleggerire una pesante posizione processuale», sostiene il suo difensore, Emilio Ricci. Caporali, comunque, va diritto per la sua nuova strada. «Le tangenti versate dagli imprenditori - risponde alle domande del procuratore generale Giorgio Santacroce - erano destinate al partito comunista italiano che in quell'epoca era il mio referente, in quanto mi aveva designato alla carica di consigliere A sinistra, Renato Pollini Sotto, Giulio Caporali IL PM DI ENI-SAI

Luoghi citati: Milano, Reggio Calabria, Roma