«Ecco perché Muccioli va processato»

Rimini, dure accuse nelle motivazioni del rinvio a giudizio per il delitto in comunità Rimini, dure accuse nelle motivazioni del rinvio a giudizio per il delitto in comunità «Ecco perché Muccioli va processato» Il giudice-, sapeva del reparto-lager RIMINI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Oltre 120 pagine per spiegare e far capire. Ma anche per controbattere a un'operazione di «pressione» di piazza. E' stata depositata ieri mattina la motivazione della sentenza di rinvio a giudizio per omicidio colposo nei confronti di Vincenzo Muccioli, fondatore e leader della comunità terapeutica di San Patrignano. Il giudice per le indagini preliminari Vincenzo Andreucci ha messo nero su bianco le sue decisioni. A cominciare dall'accusa più pesante: «Non è neppure ipotizzabile che il fondatore di San Patrignano ignorasse lo stile di vita interno al reparto macelleria-porcilaia e soprattutto il modo di operare di Alfio Russo (il ras del reparto, condannato per l'omicidio volontario di Roberto Maranzano, ndr). Proclamare la propria ignoranza o inconsapevolezza costituirebbe un'ammissione di macroscopica incapacità a gestire una comunità umana, non solo terapeutica, priva di qualsiasi termine di paragone nel nostro Paese». Insomma Vincenzo Muccioli sapeva, non poteva non sapere: «Era a conoscenza - afferma ancora il gip - del brutale regime di vita della macelleria-porcilaia, il reparto punitivo a cui venivano assegnati gli indisciplinati, e conosceva bene Alfio Russo, che è stato uno dei suoi primi ospiti, un alcolizzato, ricoverato più volte in reparti psichiatrici». Insomma la tesi accusativa del p.m. Franco Battaglino è stata fatta propria dal gip. La morte di Roberto Maranzano non è stata un caso, uno sfortunato episodio. Ma si inquadra in un'attività della comunità e soprattutto nell'ambito della scelta, fatta da Muccioli, di affidare quello specifico reparto a un personaggio come Alfio Russo, che è stato anche dichiarato seminfermo di mente. Nella motivazione della sentenza emergono altri particolari, altri episodi. Con protagonista sempre Russo: nell'ambito di una partita a carte si arrabbiò così tanto da cospargere di alcol il corpo di Enzo Persico per poi dargli fuoco. Il giovane venne salvato dagli altri membri del reparto. Poi altre violenze, altre sopraffazioni: «Cose da lager», per il gip. Ma Vincenzo Andreucci, che fu anche giudice istruttore del primo processo contro San Patrignano non si è limitato ad inquadrare l'omicidio Maranzano. E' andato oltre, sottolineando il comportamento tenuto da Muccioli dopo l'omicidio e l'occultamento del cadavere in una discarica a Terzigno, nel Napoletano. «C'è stata una massiccia opera - dice il giudice - di depistaggio nei confronti del maresciallo dei carabinieri di quel paese», che era salito fino alla comunità terapeutica. Non solo. Andreucci ha parole di fuoco nei confronti dei «pentiti» dell'ultima ora. Verso Franco Grizzardi e Giuseppe Lupo, che avevano accusato dell'omicidio Luciano Lorandi, il giovane che per primo aveva raccontato com'era morto il 5 maggio del 1989 Roberto Maranzano. Il capitolo si intitola: «Le nuove "verità" e i colpi di scena. Critica». All'interno il magistrato vi dipinge i tentativi del leader della comunità di «far franare il processo nel caos istruttorio» con «lo stillicidio di nuove verità e di colpi di scena artatamente provocati». Fino a dipingere «una costante azione di depistaggio e sviamento delle indagini». Gran finale per le manifestazioni di piazza, definite «agitazioni demagogiche». Si attende la reazione di Muccioli che proprio ieri mattina ha incontrato a Roma il segretario del msi Gianfranco Fini. «Non farò il ministro finché sarò sotto processo», ha già detto il fondatore di San Patrignano. L'appuntamento con la giustizia per lui è fissato al 16 maggio. Luigi Luminati «Solo a un incapace sarebbero sfuggite certe violenze» li fondatore di San Patrignano Vincenzo Muccioli e il cadavere di Roberto Maranzano, quando fu ritrovato nella discarica

Luoghi citati: Rimini, Roma, Terzigno