La «dolce vita» dietro le sbarre
La «dolce vita» dietro le sbarre La «dolce vita» dietro le sbarre Dai festini-sexy ai privilegi dei capoclan LE PRIGIONI DELLO SCANDALO LA bella vita dietro le sbarre per detenuti eccellenti: donne, droga e altri piaceri a disposizione dei boss grazie al compiacente (e ben pagato) consenso di guardie carcerarie e dei loro superiori. Uno dei casi più clamorosi, in tempi recenti, quello avvenuto nel supercarcere di Cuneo tra il 1977 e il 1979. Grazie alla «soffiata» di alcuni detenuti viene incastrato il comandante delle guardie Alfredo Manfra. Dall'indagine emerge che in cambio di soldi, Manfra esaudiva le richieste di boss come Francis Turatello e Tommaso Buscetta (prima del suo pentimento) e di altri detenuti eccellenti come Gaetano e Salvatore Mirabella, Vito Pesce, Renato Vallanzasca, Roberto Miano. Procurava donne per incontri intimi, cocaina da sniffare, anfetamine e anche armi. Cercava di far trasferire a Cuneo amici dei potenti malavitosi, permetteva che venissero pestati i detenuti politici. Lasciava che continuassero a dirigere i loro loschi affari. Tra gli accusatori del capo dei secondini: Andrea Villa e Gianni Melluso detto «Gianni il bello». A ricordare quale fosse il clima nel supercarcere e il trattamento di favore ai capiclan anche i brigatisti Lauro Azzolini e Alberto Franceschini. Altro caso di sfacciato favoritismo, quello che avveniva nel carcere di Ascoli Piceno ai tempi del rapimento di Ciro Cirillo. Secondo quanto hanno poi denunciato ex seguaci di Raffaele Cutolo, il boss della camorra aveva una cella arredata, con tanto di segretario ai suoi ordini. Lì riceveva gli «007» dei servizi segreti che trattavano la liberazione dell'assessore regionale democristiano. In Sicilia invece, alcuni anni fa, quando fuggì il boss Vernengo, era stata aperta un'inchiesta sul reparto sanitario dell'Ucciardone, per il sospetto che alcuni medici allungassero appositamente le degenze di alcuni capiclan. Come nella storia di ieri, la Campania è stata in precedenza al centro di situazioni «imbarazzanti» nella gestione delle carceri. Nell'88 finì sotto inchiesta Clorinda Bevilacqua, direttrice della prigione di Beilizzi Irpino, in provincia di Avellino: al ministero erano giunte voci non solo di favoritismi a qualche detenuto eccellente, ma anche di veri e propri festini all'interno della struttura. Nel 1992 quattro agenti di Poggioreale erano stati beccati perché facilitavano l'ingresso di droga all'interno del carcere. In Calabria, invece, nell'aprile dell'85 erano finiti in manette il direttore del carcere di Reggio Calabria, Raffaele Barcella con otto agenti, perché aveva fatto della prigione da lui comandata e di quella di Locri una zona franca per le cosche del Reggino; tra l'altro alcuni marescialli delle guardie erano state inquisite in relazione all'omicidio di un loro collega. Infine nel febbraio scorso, otto agenti di custodia del carcere di Bari sono finiti in manette, con l'accusa di aver permesso ai boss pugliesi di ricevere champagne e aragoste, telefonini cellulari per comunicare con l'esterno e di fare festini a base di alcol e droga. [p. q.] 1 Sopra, Francis Turatello. A fianco, Clorinda Bevilacqua
Luoghi citati: Ascoli Piceno, Avellino, Calabria, Campania, Cuneo, Locri, Reggio Calabria, Sicilia
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