Il direttore portava la droga in cella di Fulvio Milone

Scandalo nel carcere di Poggioreale: l'ex funzionario è stato denunciato da due pentiti Scandalo nel carcere di Poggioreale: l'ex funzionario è stato denunciato da due pentiti Il direttore portava la droga in cella Arrestato a Napoli: spacciava la coca ai boss NAPOLI. E' stato tradito dalla coca e dalla bella vita. Al resto hanno pensato due camorristi pentiti che hanno raccontato a un magistrato come Alfredo Stendardo, 45 anni, vicedirettore del carcere di Poggioreale fino al '92, fosse in realtà un pusher: distribuiva bustine di polvere bianca ai boss che volevano ammazzare la noia delle giornate in cella. Non basta: promosso direttore e trasferito in un altro penitenziario, ha impedito a due guardie di denunciare un detenuto che li aveva aggrediti. Stendardo, da tre mesi responsabile della casa circondariale di Melfi, e finito in manette con altre quattro persone: uomini della mala napoletana che gli consegnavano la cocaina destinata ai boss, regalandogliene un bel po' come contropartita. Certo non immaginava che un giorno i carabinieri lo avrebbero ammanettato come un delinquente, accusandolo di cessione di sostanze stupefacenti e abuso d'ufficio. Sarà per questo motivo che, appena ha visto gli uomini in divisa presentarsi nella sua casa di Melito, in provincia di Napoli, ha reagito come un pazzo: ha protestato, ha pianto, infine si è accasciato sul pavimento in preda alle convulsioni. Niente da fare: è toccato a lui, soprannominato Fred Bongusto dagli ospiti del «grand hotel» Poggioreale per la sua somiglianza col cantante in voga negli Anni Sessanta, finire dietro le sbarre. I due ex camorristi che hanno deciso di collaborare con i giudici, Vincenzo Avitabile e Antonio Buonocore, sostengono che Alfredo Stendardo era amico di un personaggio scomodo: Raffaele Ivone, ras della periferia occidentale di Napoli, un tipaccio con una sfilza di precedenti penali alle spalle e una ventina di figli da mantenere. Sarebbe stato il boss, detenuto a Poggioreale, il destinatario della cocaina che Stendardo portava nel carcere. Le consegne, almeno due secondo i pentiti, avvengono fra la primavera e l'autunno del '90, quando Stendardo, all'epoca numero due del carcere napoletano, incontra tre «guaglioni» della mala davanti a un bar in piazza Nazionale, a poche decine di metri dal penitenziario. I corrieri della coca, Salvatore Aragiusto, Luigi Cappello e il pentito Avitabile, agiscono agli ordini di Francesco Cocozza, un camorrista con solide amicizie negli ambienti della criminalità organizzata che opera oltre i confini della Campania: ha ricevuto un avviso di garanzia per il misterioso attentato avvenuto al Velabro, a Roma, l'estate scorsa. I tre affidano al funzionario 27 grammi di cocaina. «Dieci sono per Ivone - spiegano - il resto è per lei, con tanti ringraziamenti da parte del capo». E lui accetta, senza complimenti. Due anni dopo, Alfredo Stendardo lascia Poggioreale per assumere l'incarico di direttore del carcere di Secondigliano, alla periferia di Napoli. Per il funzionario cominciano i guai. Gli agenti lo accusano di timidezza nei confronti dei detenuti pericolosi. A ottobre, dopo il misterioso omicidio di un loro collega, disertano il posto di lavoro denunciando una serie di episodi gravissimi. Ma occorreranno altri due anni prima che la magistratura scopra la verità, accusando Stendardo di aver costretto due secondini a non denunciare un detenuto, Carlo Colella, che li aveva aggrediti durante una perquisizione in cella. Le indagini continuano: secondo le confessioni dei pentiti, infatti, i boss della camorra si sarebbero serviti dei buoni uffici di un altro insospettabile, un giovane avvocato napoletano. Fulvio Milone Le consegne avvenivano in un bar davanti al penitenziario E lui tratteneva alcune dosi Sopra, Alfredo Stendardo ex vice direttore del carcere napoletano di Poggioreale

Luoghi citati: Campania, Melfi, Napoli, Roma