Per Taiwan l'America siamo noi di Valeria Sacchi

DAI PRODOTTI A BASSO COSTO AL MARKETING A una svolta di qualità l'economia di uno dei «Samurai» economici dell'Oriente Per Taiwan l'America siamo noi / cinesi di Formosa puntano a imitare il made in Italy DAI PRODOTTI A BASSO COSTO AL MARKETING TAIPEI DAL NOSTRO INVIATO «Made in Taiwan» come «Made in Italy». Ovvero: riuscire, nel marketing, ad essere bravi quanto gli italiani. E' questa una delle nuove sfide del Roc, la Repubblica di Cina, già Formosa, oggi probabilmente la più aggressiva delle Piccole Tigri asiatiche. «Entro cinque anni, Taiwan deve diventare un centro commerciale sempre più importante» afferma il ministro per gli Affari economici P.K. Chiang, introducendo venerdì la cerimonia per l'assegnazione ai nove finalisti del premio «Award of Excellence», per i migliori prodotti industriali «made in Taiwan». Un riconoscimento che, sull'esempio del «Compasso d'Oro» italiano, vuole appunto contribuire alla costruzione di un identikit di Taiwan tutto diverso. Riflesso di un Paese che, lasciatisi alle spalle i giocattoli di plastica, le scarpe a basso prezzo e i gadget elettronici, sta vivendo la sua seconda rivoluzione industriale, che scommette sull'alta tecnologia, l'innovazione, la qualità. «Non abbiamo altra scelta che di puntare sempre più in alto, la nuova immagine di Taiwan è per noi una via obbligata» commenta C.C. Wang, presidente di Cetra, il potente Ente per lo sviluppo del commercio estero, che del centro commerciale di Taipei e dell'«Award of Excellence» è lo sponsor. Via obbligata perché, con i suoi venti milioni di abitanti su una superficie non più grande dell'Olanda e per lo più montagnosa, e soprattutto con la sua ricchezza, l'isola di Taiwan diventa ogni giorno più stretta per una imprenditoria locale fatta di piccole e medie industrie in frenetica evoluzione. Le produzioni tradizionali ad alta intensità di manodopera, come il tessile e il cuoio, sono già emigrate nella grande Cina, in Malesia, perfino in Sud Africa. Ma anche le produzioni sofisticate stanno in parte traslocando verso Paesi a minor costo del lavoro. Teste di ponte per il mercato statunitense, il più importante, sono installate in Messico, Costa Rica, Nicaragua. Le industrie leader assemblano un po' ovunque, anche in Europa. Nel passato, Taiwan ha cercato di attirare capitali stranieri, senza successo. Oggi è esportatrice di capitali. Dal 1989, attraverso Hong Kong, ha insediato nella Cina continentale 10/20.000 attività, impossibile censirle, con una spesa calcolata tra i 10 e i 15 miliardi di dollari. «Da cinque anni - spiega con un certo orgoglio il governato- re della Banca di Tokyo Samuel Hsieh - l'industria di Taiwan investe all'estero dai nove ai dieci miliardi di dollari l'anno». Malgrado questo deflusso di capitali, Taiwan continua a contendere con il Giappone il primato mondiale delle più alte riserve valutarie che, a secon- da dei mesi, va ora all'una ora all'altro. Quelle di Taiwan ammontano a 85 miliardi di dollari, nonostante una forte politica di importazioni che, ad esempio, ha ridotto il surplus commerciale verso gli Usa dai tradizionali 16 miliardi di dollari ai sei miliardi dello scorso anno, e addirittura ha fatto segnare, sempre nel 1993, una bilancia attiva a favore dell'Italia. Ma per l'industria high tech di Formosa oggi il problema è anche quello dell'affermazione del proprio marchio, del riconoscimento della qualità. Acer, quinto gruppo mondiale informatico, vende ancora il 40% della produzione sotto nomi di terzi. Dice il presidente e maggiore azionista di Acer (oltre due miliardi di dollari di fatturato), Stan Shih: «L'80% dell'industria mondiale di computer è nostro cliente». Lo stesso discorso vale per Inventec, una quota di mercato mondiale nei calcolatori superiore al 15%, una specializzazione nei dizionari elettronici e nei telefoni che vengono commercializzati in Europa da British Telecom. E vale per i produttori di articoli sportivi. Per tutti costoro, una importante fetta di fatturato, in genere il 40%, arriva al consumatore con il marchio di altri costruttori, attraverso il sistema OEM (Originai Equipment Manifacture). Accade così che le racchette dei campioni di Wimbledon, le ProKennez Asymmetric, siano fabbricate a Taiwan, ma nessuno lo sa. E lo stesso succede agli Acer installati a Wall Street, agli scooter Sanyang. Ecco perché la battaglia per il «made in Taiwan» è diventata un traguardo importante. L'ordine è chiaro: quel «made in Taiwan» deve raggiungere il valore del «made in Japan». Ma siccome con i vicini giapponesi le relazioni sono buone, ma l'animus resta quello dell'antagonismo fra ex mortali nemici, Taiwan preferisce far riferimento al «made in Italy» e ai suoi modelli. Per queste ragioni il «Premio di eccellenza», quest'anno alla seconda edizione, è tanto importante. Otto i vincitori 1994, selezionati da una giuria internazionale: Kennex per le mazze da golf, le bici Merida e Giant, il video «Brillance» della Philips di Taipei, il Chipset di Electronic Components, lo schermo Tv della Proton, la Centrale Verticale «Feeler», e il nuovissimo identificatore per impronte inventato dal professor Wen-Hsing Hsu, piccolo apparecchio destinato a sistemi di «sicurezza», che ha già trovato clienti anche in Italia. Valeria Sacchi Oggi il Paese è esportatore netto di capitali verso l'estero Un'immagine di Taiwan Paese in forte crescita economica

Persone citate: Giant, Samuel Hsieh, Shih