Popolari alla resa dei conti

Anche a Torino il Ppi diviso sull'atteggiamento verso Berlusconi e Bossi Anche a Torino il Ppi diviso sull'atteggiamento verso Berlusconi e Bossi Popolari alla resa dei conti Bodrato eMorgando vogliono andare all'opposizione Appello dei filo-governativi: «Facciamo il congresso» Subito dopo il voto voleva dimettersi. Adesso, in questi giorni di meditazione pasquale, sta riflettendo a Novalesa dove segue con la famiglia le funzioni religiose nell'abbazia benedettina. Gianfranco Morgando, coordinatore del Partito di Martinazzoli in Piemonte, dopo aver bevuto l'amaro calice della sconfitta, guarda avanti. Pensa alla prima riunione dei Popolari prevista per martedì a Roma, con un seguito due giorni dopo a Torino, per analizzare l'accaduto e discutere il futuro di un'ex de divisa con parte delle truppe che guardano a Berlusconi. Dove andranno i cattolici del Patto per l'Italia? L'ex ministro Guido Bodrato non ha dubbi: «All'opposizione». Scelta condivisa dal presidente della giunta regionale Giampaolo Brizio che però manifesta una preoccupazione: «La de di Palazzo Lascaris deve rimanere compatta». Brizio sa che nel gruppo ci sono uomini che già prima del voto non hanno nascosto le loro simpatie per «Forza Italia», o meglio per il gruppo di Pier Ferdinando Casini che, con il Centro cristiano democratico, si è affiancato ai club di Berlusconi e alla Lega Nord di Bossi. Facili le identificazioni: l'ex assessore Mario Carletto, l'astigiano Porcellana non hanno mai fatto mistero della loro inclinazione verso il Polo. Nonostante ciò Brizio chiede loro di non uscire dal gruppo, perché se a defezione si aggiungerà defezione, addio giunta. Non resterà che aderire all'ipotesi (ventilata ieri dal capogruppo del pds Marengo) di una coalizione tra i gruppi usciti in minoranza dalle urne: Popolari, pds, Rifondazione, Verdi, Rete e Ad. Con il rischio di «bloccare» nuovamente il Piemonte a poche settimane dalla soluzione che ha riportato Brizio al vertice. A Roma i giochi per il dopo Martinazzoli sono aperti più che mai. C'è chi propone Buttiglione segretario, chi Rosy Bindi. «Perché non proporre un piemontese?» domanda Pino Bracco, ex assessore in Comune, da sempre vicino al mondo salesiano. Bracco pensa a Bodrato, anche se parla soltanto di «nomi prestigiosi che potrebbero rappresentare la tradizione cattolica torinese. E che darebbero forza agli eletti in Parlamento, in particolare all'ex presidente dell'Azione cattolica Monticone. Per Bracco nel futuro del Pp c'è «una scommessa»: portare il Paese al superamento del vecchio concetto di Stato sociale, «sostituendolo con quello moderno, ma non certo neoliberista, che deve tener conto delle nuove povertà». Bodrato in corsa per la segreteria? ((Assolutamente no - risponde l'ex ministro - non vo- x / x Michele Vietti, neo-deputato SALA ROSSA Guido Bodrato con l'ex segretario Martinazzoli Sotto, Marco Rizzo, di Rifondazione Accanto al titolo Gianfranco Morgando lancio in polemica con gli ex amici democristiani. Un rafforzamento per la giunta. Ma altre mutazioni sono prevedibili. La neo onorevole Magda Negri dovrebbe dimettersi: al suo posto potrebbe arrivare il sindaco di Moncalieri, Carlo Novarino, o più probabilmente il secondo escluso, Giuseppe Demichelis, operaio Fiat. Difficile, invece, che lasci il posto in consiglio Marco Rizzo: il primo escluso è del pds e non di Rifondazione, anche se entrambi fanno capo al polo progressista. Occorrerà anche chiarire, come ha chiesto il capogruppo pds Bolzoni, come si configurano de e psi, dopo la rivoluzione del voto. Negli ex de ci sono almeno quattro anime: gli sciolti (Spiller e Bottino), i popolari (Campia, Rostagno e Napoli), i pattisti (Cambursano), i cristiano democratici (Botta, Bonansea, Principe). «Il gruppo ex de esiste, anche se non ha nome, e continua ad appoggiare la giunta», assicura il capogruppo Napoli. Discorso non diverso per il psi, che resta gruppo anche se è finito a Forza Italia l'ex assessore Grotto e il presidente Ricca, dopo lo shock del voto, è ancora indeciso sulla propria appartenenza o meno ai progressiti. Ribadisce che occorre andare avanti fino a fine mandato (aprile '95) senza collegare i risultati delle elezioni generali alle situazione politiche e amministrative locali: «Con il ritmo delle continue consultazioni - osserva Ricca - ogni sei mesi dovremmo riconsiderare impegni e programmi a seconda di chi vince». In ogni caso per la Provincia ancora 12 mesi di difficile navigazione a vista.