garbo il divino triangolo

Fughe, estasi, crudeltà: scoperte le lettere con Cecil Beaton Fughe, estasi, crudeltà: scoperte le lettere con Cecil Beaton GARBO il divino i triangolo , n o Sopra, Greta Garbo. A destra, il grande fotografo Cecil Beaton Si baciarono al loro primo incontro nere il passo marziale di lei durante le prime lunghe camminate a braccetto per il Central Park. Dovette inghiottire lacrime amare, Beaton, quando tornò in Inghilterra e Greta prese a non rispondere alle sue lettere. Il postscritto di una recitava: «Ti ricordi quando ti dissi che volevo sposarti e tu dicesti che era estremamente frivolo da parte mia: ma non lo era e non lo è. Non si, in cui la regina di Hollywood convocava la devota suddita da un Paese all'altro, e di gelosie divoranti. Quando Beaton ricomparve sulla scena una sera del 1946 a New York, la Garbo aveva abbandonato il cinema ed era invischiata fino al collo in una tresca con Georges Schlee, marito della stilista Valentina. «Mercedes era devota a Greta, mentre Greta la trattava nello stesso modo in cui si lasciava trattare da Schlee», osservò Truman Capote. Cecil non perse tempo. Ritrovato l'ardore del primo incontro, portò la Garbo sul balcone e cominciò a coprirla di baci. Quando lei gli confessò di avere un letto «piccolo e casto», lui subito le propose: «Sposami». Assiduo e inossidabile, Beaton strinse l'accerchiamento. La persuase a posare per una serie di fotografie (tra cui quella storica di Greta vestita da Arlecchino) e cercava di te- Anche Marlene Dietrich ebbe un amore tormentato con Mercedes de Acosta credi che ci facciamo bene a vicenda? Io so che non sarò felice finché non farai di me un uomo onesto». Nelle settimane seguenti Cecil le rivelò di non portare biancheria intima e perseverò: «Prima d'ora non avevo mai voluto dedicarmi completamente a una donna, ma tu fai la parte del leone in tutti i miei progetti». La Garbo fece un'apparizione in Europa in compagnia di Schlee, ma non si degnò di andare a trovare Beaton. Procrastinò l'inebriante sorpresa che aveva in animo per lui all'autunno del 1947, quando il fotografo tornò a New York a lavorare per Vogue: «Curiosamente - ha rivelato Truman Capote a Vickers - Cecil ura una delle poche persone che le diedero soddisfazione fisica». Eletto amante, annotò: «Entro pochi minuti dalla nostra riunione eravamo improvvisamente insieme in un'inspiegabile e inevitabile intimità». Qualche giorno dopo, Greta consolidò la propria intraprendenza: «Dev'essere seccante avere attorno una che guarda sempre l'orologio. Vuoi andare a letto?». Istruito da un'amica, lui cominciò a farsi desiderare e vide che la tecnica funzionava: «Mi piaci, mi piaci gli bisbigliava all'orecchio -. E' una parola piccola, ma mi piaci». Stuzzicata da quella finta ritrosia, usò finalmente la parola grossa: «Ti amo, ti amo». Nel bel mezzo di quella sbronza A sentire Truman Capote (foto sotto) Cecil Beaton era una delle poche persone che soddisfarono fisicamente Greta Garbo Lui la baciò, lei disse: «Se io fossi un maschio ti farei certe cose...». dei sensi piombò Schlee, a riprendersi Greta. Fu allora che Mercedes riacquistò un ruolo di primo piano. Beaton la consultava come un'alleata se le cose con la Garbo andavano male, come una nemica se filavano per il verso giusto. Ma la De Acosta si dimostrò spassionata e per nulla interessata a spettegolare sull'amica: gli confidò che Greta la sottoponeva a terribili torture mentali, ma era sinceramente preoccupata per lei: «E' in un terribile dilemma, se continua così resterà senza interessi nella vita. Sebbene sia una grande attrice, non riesce a riconciliarsi con i film. Però mi ha detto che potrebbe venire a stare con te in Inghilterra!». Pia illusione: nell'incantevole casa di Beaton a Broadchalke la Divina soggiornò due mesi in tutto. La devozione tenace di Mercedes finì sempre per cozzare con la gelosia di Beaton e l'insofferenza intermittente della Garbo, che tuttavia piangeva volentieri sulla spalla di lei: «Ho paura di tutto, nessuno si prende cura di me». Talora Cecil soffiava sul fuoco delle intemperanze dell'amata: «Non permettere ai guai bianchi e neri di prostrarti», le scriveva alludendo ai colori prediletti dalla De Acosta. Una volta, a Parigi, Greta venne alle mani con Poppy Kirk, possessiva amante della sua vecchia amica. I vocativi di Cecil si intenerivano con gli anni: «Mio angelo», «Mon Seul Désir», «prugna zuccherina», «cuor di lattuga»; talora le sue lettere erano puerilmente siglate da un cuore trafitto e grondavano gratitudine: «Grazie. Grazie. Per le insalate e gli uccelli blu, le passeggiate lungo l'Oceano e in montagna, le spedizioni al mercato e i giorni di sole nel tuo giardino. Merci infiniement. Muchas grazias. Dunke schon (sic)». Tenerezze infruttuose: la Garbo non recise il legame con il predatorio Schlee. Dopo una dolorosa resa dei conti, Beaton ripose la speranza di sposarla. «Tesoro - lo confortò Capote - spero che tu possa avere un rapporto meno nevrotico con G. Temo che non potrà mai essere una persona soddisfacente, perché è così insoddisfatta di se stessa e le persone di questo tipo non possono mai essere emotivamente serie». L'isolamento della Garbo si inasprì con la vecchiaia. Nel '60 si convinse che la De Acosta le portava disgrazia e troncò i rapporti con lei dopo averle sbattuto il telefono in faccia. Si ostinò a non farle visita neppure durante la malattia che la portò alla morte. Tirò una riga anche sopra Cecil che si era risolto a raccontare il loro rapporto nei suoi diari: «Tanto mi avrebbe trattato comunque come ha trattato Mercedes», si persuase lui. Beaton riuscì a incontrarla per l'ultima volta nel 1975. Al momento del commiato, fece per abbracciarla ed esclamò: «Greta, grande amore della mia vita!». Lei lo scansò e si allontanò rigida. Non mandò un solo fiore al suo funerale. Maria Chiara Bonazzi aver rapito e sfruttato la loro intimità. All'inizio Doisneau fu tentato di regalare loro un sogno, riconoscendoli come i soggetti del «baiser». Li ricevette, addirittura, facendo filmare l'incontro dalla sua amica e musa ispiratrice Sabine Azema. Ma all'ultimo momento, forse consigliato dai suoi avvocati, decise di rimangiarsi tutto. Denis e Jean Luois Lavergne si sentirono traditi e decisero di passare alle vie di fatto. In un contenzioso, serrato e incattivito, Doisneau prese la sofferta decisione di immolare il suo mito: i due innamorati non erano altro che modelli in posa. Insomma, quel pathos era un falso costruito in laboratorio. Per molti fu uno choc, per la città che gli aveva mostrato, senza veli, le sue pieghe più nascoste una delusione. Ma così come non gli aveva mai lesinato riconoscimenti in vita, dalla Legion d'onore al Gran Premio nazionale della fotografia, Parigi non ha impiegato più di un attimo a perdonarlo. E ora già a sentirne la mancanza. [p. 1. v.]

Luoghi citati: Europa, Hollywood, Inghilterra, New York, Parigi, Schlee