Il Secolo apre ai «compagni»

Il Secolo apre ai «compagni» Il Secolo apre ai «compagni» «Magris, Moretti e Tabucchi: vi amiamo» Il regista Nanni Moretti «Ci piace La Messa è finita» A sinistra lo scrittore Claudio Magris La Chiesa separata dallo Stato, la politica dalla cultura». Amici e compagni, «se questo è vero noi siamo sempre stati liberali senza saperlo». Invoca che «la comunità possa riconoscersi in progetto comune». Già, lo ha detto Rusconi: se cessiamo di essere una nazione. Grida «viva le differenze e le libertà d'espressione, ci mancherebbe». Sì, lo ha insegnato Vattimo: il pensiero debole, le mezze verità. Ma soprattutto, amici e compagni, abbiamo in comune predilezioni e consumi privati (do you remember il privato è politico?): L'avvelenata di Guccini o La Buona Novella di De André; evasioni parigine fra le pagine di Simenon e avventure americane sulle strade di Kerouac; film come Ultimo tango a Parigi e Apocalypse now, «trasgredendo un precetto che imponeva soltanto Berretti verdi». Allora, si interroga Del Ninno, è mai possibile essere «tutti nemici»? E confessa di sentirsi «debitore di un'avventura intellettuale, di un momento di gioia, di una pausa di commozione» ad esempio nei confronti di Tabucchi («l'incanto perduto di una Lisbona immaginaria»), Magris («la nostalgia di un Danubio») Vecchioni («Samarcanda sognata»), senza dimenticare Moretti e De Gregori. Che «dispiacere e delusione», quando dall'altra parte si ricambia solo con «il disprezzo, il livore, l'intolleranza, l'incomprensione e l'irrisione per tutto quello che non è di sinistra». E pensare che anche loro «hanno cantato i nostri Battisti e Battiato», hanno letto - Cacciari docet «i nostri Junger, Schmitt, Borges, Morselli, Nietzsche e Celine». Resta da chiedersi se la perorazione di Del Ninno sia voce isolata o segnale del nuovo corso. Il recente scontro tra Luca Doninelli e Tabucchi intorno al romanzo Sostiene Pereira («propaganda rossa», «critica fascista») rivela ad esempio ben altro animus. E, sempre ieri sul manifesto, Stefano Benni, poeta bandiera della sinistra giovanile, quella della «resistenza umana», non ha fatto sconti ad Alleanza nazionale: «E quando il ministro/ fu in ufficio insediato/ ricordò il suo passato,/ quella bomba in stazione/ il timer, l'esplosione/ e sospirò con tristezza:/ Addio, giovinezza». Difficile immaginare che i fans di Benni, pur avendo letto Borges e cantato Battisti, recitino anche i versi di Licio Gelli. Luciano Gerita

Luoghi citati: Lisbona, Parigi, Ultimo