Sud Africa pugno di ferro contro gli zulù

L'esercito entra nel Natal per fermare i massacri fra etnie rivali (trecento morti in marzo) L'esercito entra nel Natal per fermare i massacri fra etnie rivali (trecento morti in marzo) Sud Africa, pugno di ferro contro gli zulù Buthelezi: per noi è un 'invasione E Mandela si schiera con il governo Ancora sangue in una township alla periferia di Johannesburg Un commando assassina su un'auto a raffiche di Kalashnikov tre poliziotti neri e la moglie bianca di un agente «Non temete, il miracolo ci sarà» Desmond Tutu: è solo l'ultima tempesta PRETORIA. Il presidente sudafricano Frederick de Klerk ha annunciato ieri l'imposizione dello stato d'emergenza nella provincia del Natal e nel territorio autonomo del Kwazulu, patria etnica di circa sette milioni di zulù, per troncare la violenza intertribale che insanguina la regione. Le prime elezioni a suffragio universale nella storia del Paese (a fine aprile) sono boicottate dal partito zulù Inkhata che chiede una Costituzione federale temendo la vittoria alle urne dei suoi nemici tribali raccolti nell'Anc. La faida tra sostenitori dell'Inkhata e dell'Ano ha causato in quattro anni non meno di 13 mila morti, 300 dei quali nel solo mese di marzo. De Klerk ha precisato che lo stato d'emergenza vedrà un «sostanziale incremento delle forze di sicurezza» nel territorio, tuttavia Buthelezi rimarrà a capo del governo del Kwazulu e si occuperà dell'amministrazione di quella regione. Il presidente sudafricano ha detto che un numero «sufficiente» di militari verrà dislocato nel Natal e nel territorio autonomo del KwaZulu, un territorio a macchia di leopardo tra il Nord, il Centro e il Sud della provincia orientale. L'Anc ha elogiato la decisione presa da De Klerk. «Si tratta di una misura che ha un solo scopa: arginare l'ondata di violenza che rischia di farci annegare tutti», ha detto in una breve conferenza stampa a Johannesburg. Invece il leader dell'Inkhata, Mangosuthu Buthelezi, ha ammonito che lo stato d'emergenza «renderà impossibile lo svolgimento libero e corretto delle elezioni». «Sarà visto come un'invasione dalla gente del Kwazulu. Quando la mia gente vedrà carri armati e blindati per le strade penserà che siamo stati invasi». La decisione di De Klerk prova che il processo costituzionale «è viziato e apre un nuovo capitolo di oppressione», ha detto Buthelezi. La decisione di de Klerk ha fatto infuriare anche l'ultradestra bianca che ha dununciato «un complotto tra governo, Anc e partito comunista per mettere a tacere con la forza tutte le opposizioni». Uno dei leader, il gen. Constand Viljoen, ha rivolto un appello alla comunità internazionale affinché «si interroghi sulla salvaguardia dei diritti delle minoranza in Sud Africa». Intanto ieri a Johannesburg tre poliziotti neri e la moglie bianca di un loro collega sono stati assassinati in una township nera. Passavano in auto quando sono stati centrati da raffiche di Kalashnikov Ak47. [Ansa-Agi] «DIl DTu(ae suDIndipeene«AapmzitrdeKzanelatrreva LCITTA' DEL CAPO E ultime drammatiche notizie dal Sud Africa che hanno conquistato i titoli dei giornali, proprio in vista delle nostre prime elezioni democratiche, raccontano soltanto una parte degli straordinari cambiamenti cui è soggetta la nostra società. Mentre siamo atterriti, come è giusto che sia, dalla violenza montante nel Paese, rischiamo di incupirci, immaginandoci prospettive troppo tetre per il futuro. Certo, di recente abbiamo avuto abbastanza notizie negative da indurci allo sconforto: -1 giudici hanno appurato che i vertici della polizia sudafricana, incluso il vicecomandante, hanno incitato deliberatamente alla violenza forze politiche antagoniste nell'ambito della comunità nera. - Nella strade di una delle ormai screditate homeland nere, il Bophutastwana, estremisti di destra hanno sparato e assassinato neri a caso, fino a provocare l'uccisione a sange freddo di tre di loro da parte della polizia dello staterello, che pure credevano loro alleata. - La violenza cresce nella province del Natal fra i sostenitori del partito Inkhata, che chiedono maggiore autonomia per la regione (fino a pretendere un regno zulù) e boicottano le elezioni, e quelli dell'African National Congress, che anelano un Sud Africa unito e vogliono andare al voto. - Nelle vie di Johannesburg abbiamo visto scene di violenza senza precedenti di morti e di feriti, fra gente che domandava un regno zulù sovrano marciando per le strade. La situazione W* ^ ss sa, \W* m ^* nel Natal e nel Kwazulu è ora critica, con la maggior parte della popolazione convinta che si dovrà far intervenire l'esercito perché possano tenersi elezioni libere. Ciononostante, dobbiamo mettere le cose nella giusta pro- spettiva. Nessuno ha mai detto che sarebbe stato facile realizzare quell'enorme trasformazione della nostra società che implica l'abolizione dell'apartheid. Anche l'Europa orientale ha subito gravi disordini, eppure qui il comunismo era durato 40 anni La municipalità: sono solo 500, non hanno diritto a uno statuto particolare Il vescovo Desmond Tutu (a sinistra) e il presidente sudafricano De Klerk In rotta di collisione per emergenza nel Natal appena. In Sud Africa, le fondamenta dell'oppressione segregazionista sono state gettate più di trecento anni fa, con lo sbarco dei primi coloni bianchi. Quando il presidente F. W. de Klerk ha annunciato la legalizzazione dei partiti di opposizione e il rilascio di Nelson Mandela, nel 1990, sapevamo che la transizione alla democrazia sarebbe stata difficile. Non sapevamo quanto difficile, e di sicuro sottostimavamo il livello di violenza che ci attendeva. Ma sapevamo che l'apartheid aveva causato danni enormi alla nostra società, e che cercare di evitare il disastro incombente sarebbe stato come far virare il Titanio con un timone rotto. Se si considera la sfida con cui ci confrontavamo nel 1990, quello che abbiamo ottenuto ha del mira¬ Ma tra gli italiani di Zara, a detta di Tremul, c'è un altro problema ed è quello della divisione tra i cosiddetti zaratini veri, quelli entro le mura che poi erano gli esuli, e gli arbanassi, ovvero quelli di Borgo Erizzo. «Oggi si tratta probabilmente di un conflitto di leadership». Gli zaratini veri, comunque, non sono iscritti alla comunità guidata dall'arbanasso Bruno Duca. Fino a poche settimane fa, il multipartitico Consiglio esecutivo transitorio (Tee), cui sono delegate cruciali decisioni di governo prima delle elezioni, veniva criticato per la sua debolezza e incompetenza. Tuttavia ha recitato un ruolo chiave nel riportare l'ordine nel Bophutatswana: è bastato un giorno di azione congiunta governo-Tee e la calma è ritornata. Nel Bophutatswana, gli elementi estremisti della destra bianca - i neonazisti mostrati dalle televisioni mondiali come la più visibile minaccia alla democrazia - hanno subito una disfatta umiliante. E adesso sono in grave imbarazzo, come quasi tutta la destra. Più importante ancora, il generale Constand Viljoen, il leader più rispettato della destra bianca, dopo contatti con Mandela e l'Anc, ha propugnato la partecipazione alle elezioni. Uno per uno, passo dopo passo, tutti gli ostacoli sulla via di una democrazia pacifica e interrazziale sono stati rimossi. Questioni che fino a pochi mesi fa venivano considerate quasi insolubili sono state risolte. La violenza è angosciosa e inaccettabile. La condanniamo inequivocabilmente, da qualunque parte venga e con qualunque motivazione. Anche una sola morte violenta è una morte di troppo. Ma ci sono anche cose che vanno bene. In diverse regioni, energici sforzi locali hanno riportato la pace entro comunità nelle quali gli omicidi erano comuni come ora nel Natal. La violenza può essere eliminata purché ci sia la volontà politica e si compia un adeguato sforzo a livello nazionale. Per fortuna, la violenza in genere non è di matrice razzista. Ci sono stati alcuni clamorosi atti di aggressione razziale, sia contro i bianchi sia contro i neri, ma sono rimasti delle eccezioni e sono stati quasi universalmente condannati nel Paese. E spesso la violenza non è stata nemmeno etnica: nel Natal, i sostenitori dell'Inkhata e dell'Anc, aizzati l'uno contro l'altro, sono tutti zulù. Una volta che avremo un governo eletto democraticamente, e perciò legittimato, potremo creare forze credibili ed efficaci a tutela dell'ordine pubblico. Siamo stati a un passo dalla catastrofe quando, un anno fa, il segretario generale del partito comunista sudafricano, Chris Hani, è stato assassinato. Ma abbiamo saputo allontanare il disastro perché la nostra gente ha ascoltato le esortazioni alla pace dei suoi leader. E' stato un miracolo se non siamo scivolati nella guerra civile: se siamo riusciti a superare quella crisi, possiamo fare lo stesso con quella attuale. Stiamo per farcela, qui in Sud Africa. E una della principali ragioni è che la comunità internazionale vuole che il successo ci arrida. Milioni di persone in tutto il mondo hanno fatto pressioni, dimostrato e pregato per la fine dell'apartheid. Ci hanno aiutato a compiere enormi progressi in un tempo molto più breve di quanto la maggior parte di noi si aspettasse; non li deluderemo, e non deluderemo noi stessi. Il cadavere di un uomo gettato fuori dal treno tra Soweto e Johannesburg La violenza continua [foto reuter] Desmond Tutu Copyright «NPQ-Los Angeles Times e per l'Italia «La Stampa»