L'ALTRA FACCIA DEL PROCESSO di Luciano Curino

L'ALTRA FACCIA DEL PROCESSO L'ALTRA FACCIA DEL PROCESSO Diritti di cittadini e imputati Bertoldi: «I tedeschi in Italia» Dagli accordi di solidarietà in Germania alla guerra che Clinton ha dichiarato alla disoccupazione, le grandi potenze occidentali stanno cercando di mettere a punto strategie efficaci per risolvere la maggiore crisi occupazionale della storia. Il sociologo francese lancia venti proposte per lavorare meno senza diminuire i salari, senza gravare sulle aziende con il cosiddetto «secondo assegno»; e per impostare un nuovo modello di produzione con un «terzo settore» parzialmente sottratto al mercato. Steven Warner e Diego Gambetta La retorica della riforma Einaudi, pp. 176. L 16.000 I due autori mettono a confronto l'Italia col Regno Unito per dimostrare lucidamente che molte panacee promesse con la riforma elettorale sono in realtà chimere. Bipolarismo, stabilità dei governi, fine della corruzione, controllo della spesa pubblica, finiscono con l'essere parole belle ma vuote. Nessuno può - e deve dimenticare che i sistemi elettorali interagiscono con società civili concrete, con storie culturali specifiche: le leggi universali per predire conseguenze, in politica, non esistono. Sulla base di queste considerazioni, dell'impazienza che ovunque si respira, i due autori mettono in guardia da alcune «scorciatoie della propaganda» come l'elezione diretta del presidente del Consiglio. Francesco Carla Space invaders La vera storia dei videogames Interaction, pp. 233. L. 29.900 Un giorno l'ingegnere Nolan Bushnell escogitò un congegno per interagire con l'interno di un televisore. Da quella scintilla di genio nasce «Pong» il primo videogame e la prima azienda ludoelettronica l'Atari. Sembrava un capriccio informatico, ma la fabbrica compie un miracolo di crescita, diventa protagonista a Wall Street, e la strada dei videogiochi viene inaugurata. Francesco Carla traccia la prima, competente, evoluzione di questi onnipresenti compagni del nostro immaginario e della nostra vita quotidiana. ritti dei cittadini -, ma trova riscontro nella reazione che puntualmente si verifica anche in Italia, ogni volta che si diffonde la sensazione o la convinzione che lo Stato sia troppo debole nei confronti della criminalità; la reazione - al di là delle cautele linguistiche - consiste in riforme legislative che riducono l'ampiezza delle garanzie processuali. In Italia, con una serie di modifiche apportate al nuovo codice di procedura penale del 1989, si è venuto affermando un sistema duplice, che al cittadino indagato assicura garanzie processuali più ricche se le imputazioni sono di IA sensibilità dei cittadini ai temi legati alla criminalità è sempre viva. Essa riguarda sia il versante della efficacia della prevenzione e della repressione del crimine, sia quello dei mezzi che lo Stato impiega nel contrastare le attività deliquenziali. L'uno e l'altro aspetto riguardano una esigenza di sicurezza e garanzia: sicurezza dei cittadini nei confronti delle aggressioni della criminalità, garanzia dei cittadini nei confronti della attività repressiva dello Stato. E' chiaro anche se spesso non tenuto in considerazione - che vi è un nesso stretto, tra il livello delle garanzie processuali assicurate ai cittadini e l'efficacia della repressione penale ad opera della polizia e della magistratura. Pesano naturalmente anche elementi diversi, come l'entità delle risorse, il numero e la professionalità delle persone impiegate dallo Stato. Ma le norme processuali mantengono importanza decisiva. Basti pensare alle regole che governano la valutazione delle prove. Le indagini della polizia tendono a scoprire i colpevoli, le procedure giudiziarie sono disegnate per evitare la condanna dell'innocente. Dal momento che l'innocenza o la colpevolezza vengono accertate solo in esito alla attività della polizia e della magistratura, è evidente che le esigenze di efficacia dell'indagine e quelle di efficacia delle garanzie sono le une il limite delle altre. Il successo di un sistema processuale si misura dall'equilibrio che assicura alle due contrastanti necessità. Lord Devlin - celebre giudice inglese - nel descrivere e valutare la procedura penale del suo Paese, con tipico pragmatismo, ha indicato il metro di giudizio con riferimento alla accettabilità della percentuale di innocenti assolti e di colpevoli condannati. Un simile metro può sembrare spiacevole - poiché tien conto dell'eventualità di condanne ingiuste o comunque di limitazioni dei di¬ peso modesto e più scarse, se sono gravissime e attengono alla criminalità organizzata. Si tratta di una assurdità, per chi osserva che la gravità della imputazione e della conseguente possibile condanna dovrebbe semmai comportare maggiori garanzie contro possibili errori. Ma l'assurdo si scioglie e diviene ragionevole, per chi tiene conto di quanto si è ora detto a proposito dell'opinione che i cittadini hanno del livello della loro sicurezza e della efficacia della reazione dello Stato rispetto alla criminalità. Da quest'ultimo punto di vista la gravità della criminalità organizzata giustifica livelli di garanzia minori, proprio perché non tollera troppo elevate percentuali di insuccesso dello Stato AA. W. (a cura di V. Grevi) Processo penale e criminalità organizzata Laterza, pp. 274, L. 35.000 APPENA incontrò Mussolini, liberato dalla prigionia del Gran Sasso, Hitler fu brutale: «Ma cos'è questo fascismo che si è dissolto come neve al sole?». Si riempiva la bocca delle parole tradimento, traditori. Il 13 settembre, alla radio diede sfogo a furore vendicativo: «Le misure emanate a protezione degli interessi tedeschi di fronte al passo dell'Italia {ndr: l'armistizio) sono durissime... L'esempio del tradimento della Jugoslavia ci ha dato già in precedenza una salutare lezione e preziosi insegnamenti. La sorte dell'Italia, però, dovrà essere per tutti una lezione». La sorte toccata all'Italia è illustrata dalla bella opera di Silvio Bertoldi. Un album con oltre duecento fotografie a tutta pagina, per lo più rare e inedite, di collezioni private e dell'Archivio centrale dello Stato, immagini riprese dai tedeschi durante rastrellamenti e stragi. Foto intercalate da pagine che rievocano alcuni dei momenti e dei personaggi che caratterizzarono l'occupazione tedesca. Ecco come l'autore descrive l'inizio dell'occupazione: «I tedeschi scendevano in Italia esultanti. Trovano il sole, le ragazze brune dei loro sogni di finti ariani, le località ammirate nei dépliants turistici... Ognuno di loro aveva un'autorità mai pensata possibile in patria, dove era soltanto uno scrivano, o un piccolo artigiano, o un commerciante al minuto, o un commesso e qui si scopriva libero di comandare e di spadroneggiare». Bertoldi conosce come pochi quel tragico periodo, sa raccontare la storia onestamente e con stile appassionante. Ben documentato, ha nel suo archivio interviste fatte in Germania ad alcuni dei principali protagonisti. Eugen Dollmann, «il testimone meglio informato e più intelligente di quegli anni», gli ha parlato con abbondanza di particolari del piano per la cattura e la deportazione di Pio XII, e come nella identificazione e condanna dei colpevoli. La sgradevolezza di questo modo di ragionare non ne diminuisce il fondamento fattuale rispetto alle aspettative dei cittadini, cui il legislatore è necessariamente attento. Piuttosto va lamentato che in Italia vi sia una troppo accentuata mutevolezza di orientamenti, con rapida alternanza di posizioni garantistiche e repressive. Sotto altro profilo si può contestare che la sensibilità dei cittadini sia acuta soltanto nei confronti dei grandi delitti di mafia o, più in generale, della criminalità organizzata. In realtà la diffusione della cosiddetta microcriminalità allarma la gente almeno allo stesso modo. Temi e problemi come questi sono quotidianamente in discussione tra magistrati, avvocati, studiosi del processo penale e politici, che ne esaminano i difficili aspetti della tecnica giuridica e delle concrete manifestazioni. Ma alla fine è l'opinione pubblica che assume un peso decisivo nell'orientare il legislatore. Alla formazione di una opinione pubblica informata, a proposito di processo penale e criminalità organizzata, è destinato un volume che raccoglie contributi di magistrati impegnati nei confronti della grande criminalità. Curato da Vittorio Grevi, processualista attento allo sviluppo dei problemi della giustizia penale, il volume è caratterizzato da rigore giuridico e ricchezza di riferimenti legislativi. Esso tuttavia è destinato al lettore non specialista, che voglia resistere alle spinte emotive ed essere pienamente aggiornato sulla posizione in Italia raggiunta sul piano della difesa delle libertà dei cittadini, per un verso, dagli attacchi della criminalità organizzata e, per l'altro, da ingiustificate limitazioni ad opera dello Stato. mente per la popolazione civile». Un cuore generoso e sensibile? Ha fatto molto per la popolazione civile? Bertoldi osserva che quando domandarono a Kesselring che cosa pensava della strage di Marzabotto, rispose solo: «Marzabotto? Una operazione militare». Bertoldi ha chiesto a Westphal la sua opinione sui soldati italiani. Risposta: «Il soldato italiano era male equipaggiato, aveva quasi gli stessi mezzi e le stesse armi della prima guerra mondiale. In simili condizioni non si fa una guerra... Come combattenti, nelle condizioni di indigenza in cui si trovavano, e di umiliazione nei confronti del loro alleato, gli italiani si comportarono bene. Mangiavano poco e male... Vladimiro Zagrebelsky si riuscì a convincere Hitler ad annullare l'operazione. Gli ha detto dei gerarchi fascisti che nel periodo badogliano cercavano scampo in Germania. L'aereo lo fornì Kesselring, Farinacci vi salì con Pavolini e Vittorio Mussolini. «Ricordo che da nessuno di loro udii una parola di interessamento per la sorte di Mussolini. Sparito. Cancellato in un solo istante». Il generale Westphal ha parlato di Kesselring, che aveva conosciuto bene avendo diretto il suo Stato Maggiore: «Un cuore generoso e sensibile. Ha fatto molto per gli italiani, special- Kappler Malnutriti com'erano - fatte le dovute proporzioni - rendevano più dei tedeschi». Il generale Harster, che i fascisti di Salò chiamavano "il carceriere di Ciano", ma che nei venti mesi dell'occupazione tedesca fu l'eminenza grigia, forse l'uomo più potente in Italia, più di Kesselring che comandava la Wehrmacht, più di Wolf che comandava le SS, più anche di Rahn proconsole di Hitler, bene, Harster ha raccontato l'inganno, la cattura, la prigionia, il processo e la fucilazione di Ciano, tutto questo in una vicenda famigliare che evoca una tragedia eschilea. Altre pagine intense e con particolari rabbrividenti sono quelle su Kappler («La sua crudeltà era così istintiva, così naturale, da suscitare più perplessità che orrore») e l'eccidio delle Ardeatine. E, molto particolareggiate, quelle sulla liberazione di Mussolini. Al momento di farlo partire dal Gran Sasso «nell'atmosfera euforica che s'era creata, perdettero tutti un poco la testa. Tranne il Duce». Egli infatti suggerì di scendere con la funivia, controllata all'arrivo dai tedeschi, e poi farsi portare in auto alla sua Rocca delle Caminate «e chiudere là, dimenticato, la sua parabola». Ma Otto Skorzeny ritenne la discesa in funivia troppo semplice, per nulla eroica. Per concludere l'impresa in tono epico venne impiegato un aeroplanino da osservazione. Ci potevano stare stretti il pilota e Mussolini, ma volle imbarcarsi anche il grosso Skorzeny. Una follia. L'aereo fu visto partire con sussulti e sprofondare nell'abisso. La bravura del pilota, l'asso dell'aviazione Gerlach, riuscì a controllarlo. «Per un momento fui in preda al terrore», confessò più tardi Mussolini. Luciano Curino Silvio Bertoldi I tedeschi in Italia Album di una occupazione Rizzoli, pp. 341. L. 29.000